Lo so, lo so, sono passati qualcosa come venticinque giorni dall'ultima recensione. No, non sono stato in vacanza. Semplicemente, sono stato vittima delle Poste Italiane, le quali, regolarmente, nelle settimane immediatamente successive alle vacanze di Natale e a quelle estive, tendono a non consegnare più la posta, almeno da queste parti. Il problema è che sono in attesa di tantissimi dischi di cui vi vorrei parlare, ma quando i servizi fondamentali per il cittadino non funzionano diventa impossibile uscirne, specialmente nel nostro paese. Come tutti sanno, infatti, le Poste sono da sempre presenti nella speciale classifica dei flagelli che affliggono la Penisola, ben piazzati al secondo posto tra Trenitalia e la rete autostradale. Ovviamente, il governo Berlusconi è fuori classifica, "hors catégorie", come il Tourmalet e il Peyresourde al Tour de France.
Passatemi lo sfogo, ora parliamo di musica e personaggi. Anche perchè la scorsa settimana sembra che le consegne abbiano iniziato a riprendere, con calma, lentamente, ma se non altro ho trovato nella mia buca delle lettere il secondo extended play degli Actual Facts di Brooklyn, stato di New York. Visto che parliamo di provenienza, è importante dire subito che la band non è completamente Americana. Il leader Tim Simmonds è infatti originario dell'Essex (Inghilterra) e vi assicuro che il fatto è di primaria importanza, a breve capirete il perchè. Bel tipo, in ogni caso, Simmonds. Innanzitutto ha raccolto la mia stima, simpatia ed amicizia perchè, a differenza dei soliti comunicati stampa che accompagnano i dischi, lui mi ha scritto una lettera a mano, in cui traccia una breve biografia personale, per una volta non esclusivamente didattica. Dice che è cresciuto guardando tonnellate di video di XTC, Undertones e Television alla tv Britannica, e tali visioni risulteranno essere una prepotente (e palese, aggiungo io) influenza per il suo songwriting. Dice anche che è andato a cercarsi su Wikipedia una foto di Villadossola, alto Verbano, il paese da cui vi scrivo, e che la trova molto affascinante. Non so che foto abbia visto Simmonds, onestamente. Per giunta, mi ha invitato a Brooklyn, nel caso la volessi visitare. Più di così.
Il colpaccio gli riesce appieno anche perchè il dischetto, intitolato Pain/Pleasure, è di eccezionale brillantezza compositiva, soprattutto se si ha riguardo del periodo storico a cui l'autore schiaccia l'occhio. Niente di più anacronistico, oggi fa più figo anche reinterpretare gli anni venti. Simmonds no, lui con la testa e forse anche con il corpo è completamente immerso nell'Albione della fine degli anni '70. Sconfina anche nei primissimi Ottanta, certo, ma il senso è sempre quello. E gli ascolti della gioventù si sono trasformati in religione. XTC e Undertones? Hai voglia. Per me anche un pò (un bel pò) Buzzcocks e Barracudas, per un concentrato di chiassoso punk-pop (volutamente punk-pop anzichè pop-punk, che ha tutto un altro significato) molto molto interessante.
Si comincia subito dal top, dal pezzo più devastante del lotto, dalla perla del disco. Si chiama Chaise Lounge e vi assicuro che se gli XTC fossero stati un gruppo della scena di Brixton nel '77 avrebbero suonato esattamente così. Con le chitarre sferraglianti e la voce bene al centro della scena, a suo modo epica, ma epica con gusto. La title-track, che arriva subito dopo, si basa su chitarre marce, incedere lento e pesante e melodie allucinate. Un pò Television, sicuro, ma se non fosse per l'accento cockney di Simmonds mi verrebbero persino in mente (anche se non vorrei sembrare eretico) i Velvet Underground. Con Cookie Is A Bad Girl, altro grande brano, riprendono il centro della scena melodie molto più pop, sempre screziate dagli XTC e dall'Inghilterra del periodo, però. Dai Barracudas di Don't Let Go, per esempio.
La seconda metà del dischetto (sei pezzi) si apre con Don't Shave Down There, un altro brano davvero entusiasmante e retrò che sconfina addirittura in sensazioni Buzzcocks/Clash/Stiff Little Fingers (!). Non pensavo si producesse ancora musica così. Infatti non si produce più, si autoproduce, e qualche volta viene anche molto bene. Così come viene bene Come On Over, traccia numero cinque, che da un riff iniziale molto "Waiting For My Man" (non ci posso fare niente, mi ricordano proprio Lou Reed, a volte), si espande in un altro grande ritornello di stile Moulding - Partridge. E si chiude, perchè anche e soprattutto le cose belle tendono a finire abbastanza velocemente, con A Hand To Hold. Chiusura perfetta perchè c'è tutto. Perchè è un Bignami di quello che fin qui abbiamo ascoltato. Perchè inizia con due minuti per sola chitarra selvaggia e voce da emozioni strazianti. E perchè la batteria, quando entra, lo fa all'improvviso, in modo meraviglioso. Perchè ci sono i Clash e il punk, il pop esistenzialista e l'onnipresente sindaco onorario di Swindon. La melodia, che poi è la cosa più importante, e la produzione sporca, decisa, sparata nello stomaco.
Non sottovalutate dischetti apparentemente insignificanti come questo. Ne escono decine di migliaia all'anno, vero. Ma tanti di questi, molti più di quanti possiate pensare, chiedono solo di essere ascoltati perchè lo meritano. Diciamoci la verità e smettiamola una volta per tutte di prenderci in giro: sono ben altri i prodotti che "saturano" il mercato e che dovrebbero essere cacciati a calci nel culo dai giornali e dalle playlist radiofoniche insieme ai loro sedicenti produttori. Questi sono dieci dollari spesi bene. Dieci dollari. Sapete cosa sono dieci dollari?