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mercoledì 20 febbraio 2008

Disco del Giorno 20-02-08: Blank Pages - On My Street (2008; Face Down Records)

"...A cinque anni Greg Potter ascolta per la prima volta una canzone dei Beatles, un'ossessione che lo spinge ad imparare a suonare la chitarra e a diventare un compositore l'anno successivo...". Così recita l'inizio della biografia dei Blank Pages, di cui Gregg Potter è membro fondatore, leader e principale compositore. La sua storia di artista era già segnata in tenerissima età, dunque. Non solo musicista, ma anche e soprattutto un fanatico della cultura powerpop. Il suo website, chiamato Greg Potter's Power Pop Page è stata una delle mie primissime fonti sulla rete quando ormai tanti anni fa sono diventato un seguace della "materia". Tutto ciò ovviamente permette ai Blank Pages di essere una band stilisticamente perfetta, ma questo non sarebbe sufficiente se Greg non fosse anche un compositore di primo livello, un grande scrittore di powerpop songs che permette al suo gruppo di elevarsi ben al di sopra della media.

Nati più di dieci anni fa (era il 1996) a Glassboro, nel sud del New Jersey, i Blank Pages hanno avuto una storia molto travagliata che però, nonostante decine di cambi di formazione, li ha portati ad incidere due dischi (Funny Pages nel 2000 e 45 & 33 nel 2003) e a partecipare a diverse compilation-tributo prima di pubblicare (sempre per la Face Down Records) questo On My Street, il loro terzo album. L'attuale formazione del gruppo, nonostante i mille imprevisti occorsi in questi undici anni, è ironicamente tornata molto simile a quella originale ed è composta da Gregg Potter, che canta e suona la chitarra; da Wayne Philipp al basso; da Jason Brown all'altra chitarra e da Ed McCaffrey alla batteria. Collaborano inoltre Jon Mollenahuer, un amico di vecchissima data di Gregg Potter che qui ha suonato la chitarra in tre pezzi ma soprattutto ha prodotto e mixato l'album e Mick Chorba (leader dei Dipsomaniacs - quelli Americani - e boss della Face Down records) che presta la propria voce per i cori della title-track.

On My Street è uno di quei dischi che fanno centro al primo ascolto e rappresenta un grande passo in avanti rispetto ai comunque ottimi lavori precedenti. Il brano d'apertura, Easily Misled è un brano dal ritornello indelebile e dalle accentuate influenze Velvet Crush (per chi non lo sapesse, My Blank Pages è proprio un brano di Paul Chastain e Ric Menck incluso nell'album Melody Freaks del'94) e lo stesso si può dire per le successive My Old House e Last Goodbye, tutte caratterizzate da poderosi ritornelli e da un grandioso lavoro di chitarra che oltre ai Velvet Crush ricorda i padri fondatori Raspberries, gli Shoes e la Pezband. Killing Conversation si muove su coordinate vicine ma aggiunge chitarre più potenti e distorte uso Sloan e molto simile in questo senso è We'll Ride. La meravigliosa Before I Fade, uno dei pezzi migliori dell'album, è ancora caratterizzata da classiche sonorità power pop tardi ottanta in un incrocio tra i Raspberries e i Material Issue. Poi c'è il lato più "rootsy" e tranquillo, rappresentato da brani come Unfound, dove Potter canta in stile parecchio McCartiano mentre il sound che lo sorregge è un ingegnoso mix di chitarre e melodie esotiche che mi piace definire "popicana"; e se amate Macca, però stavolta quello più legato ai Wings, ascoltate A Whole Lot Easier, mentre la conclusiva This Is Where I'm From è una ballata degna del miglior Matthew Sweet dove Potter canta della sua terra, sempre meno terra di fattorie e sempre più provincia decadente. Il New Jersey è l'argomento centrale in molti dei brani, come si capisce ascoltando soprattutto la title-track, il racconto di uno sconosciuto eroe locale che non si è mai allontanato dal proprio vicinato.

Spero vivamente che questa recensione invogli quacuno ad acquistare On My Street. Se amate il powerpop dei tardi Ottanta non ci sono problemi, il disco vi piacerà di sicuro, perchè è stilisticamente perfetto e ha ritornelli e melodie invidiabili. Tutti gli altri vadano almeno ad ascoltare i pezzi sul loro MySpace, potreste innamorarvene al primo colpo, ed è anzi molto probabile che ciò avvenga...

giovedì 14 febbraio 2008

Disco del Giorno 14-02-08: The Lolas - Like The Sun (2007; Jam recordings)

Sebbene negli ultimi anni siano uscite numerose ottime powerpop bands, quello che manca è la costante presenza dei "grandi" del genere, quegli artisti che fino a non più di sei o sette anni fa trascinarono la scena a livelli inimmaginabili, riportandola vicina ai fasti degli anni ottanta, quando in giro c'erano i Big Star: era tutto un fiorire di gruppi fantastici, grandi etichette come la Not Lame erano ancora attivissime e sembrava che tutto fosse possibile. Ultimamente si sta assistendo ad una sorta di ricambio generazionale e i grandi artisti del glorioso finale di millennio sembrano centellinare le loro sortite. Per fortuna c'è qualcuno che, impavido, continua a tirare dritto per la sua strada, e una band che senz'altro merita di essere inserita nel novero dei gruppi quintessenziali sono i Lolas.

Formatisi nel 1998 sulle ceneri degli Shame Idols attorno alla figura del cantante-chitarrista-compositore Tim Boykin in quel di Birmingham, Alabama, i Lolas hanno dato alle stampe quattro album: Ballerina Breakout (1999), Silver Dollar Sunday (2001) e Something You Oughta Now (2004) - tutti per la Jam recordings - e Doctor Apache (2006), per la Giapponese Wizzard In Vinyl, etichetta che ha anche ristampato i tre album precedenti, a dimostrazione del discreto successo che i Lolas riscuotono nel paese del sol levante (dove sono persino stati in tour). Il disco oggetto di questa recensione, Like The Sun, non può invece essere considerato un vero e proprio album, ma piuttosto una raccolta che mette un pò d'ordine nel materiale "Nipponico" della band.

Composto da venti tracce, sostanzialmente Like The Sun è per per metà la ristampa Americana di Doctor Apache (i cui brani sono tutti presenti ad eccezione di Nobodeh) e per la rimanente parte è completato da covers, tratte per la maggior parte da un ciddì uscito lo scorso anno che i Lolas hanno voluto tributare ai loro artisti preferiti, pubblicato sempre dalla Wizzard In Vinyl con il titolo Let's Rock Rave And Shout With The Lolas. Per chi non avesse dimestichezza con la band di Tim Boykin, diciamo subito che le coordinate generali sono quelle di un rock melodico che prende spunto in egual misura dal jangle-pop anni sessanta e dall'energia pop-punk dei tardi settanta, il tutto sovrastato dalla voce di Boykin, molto simile a quella di James Broad dei Silver Sun e che per questo definirei...angelica? Si, ci può stare. I fans di Beatles, Kinks, Shoes, Records, Silversun, ma anche dei Ramones inizino pure a leccarsi i baffi! Brani come Eye Eye, Take My Hand, Blue Shadows e When I Look Into Your Book sono cristallini esempi di bubblegum pop di ispirazione Monkees; poi ci sono grandi pezzi power-pop'n'roll come Me And Barbara Stanwyck e Sticker, dove sono i classici maestri Records e Shoes a fare capolino e altri, come Staying Inside ed Elecrtic Power, dove si fa sentire inequivocabile l'influenza dei Ramones, cioè il bubblegum preso dall'altro lato (quello punk rock), mentre in The Selfish Song il terzetto di Birmingham sconfina nel territorio new-wave, ed allora per qualche minuto sembra di ascoltare i Cars. Poi ci sono le cover, tutte molto ben interpretate ed ancora meglio scelte. Si va da Action Woman dei Litter a Going All The Way degli Squires, da I Can Only Give You Everything dei Them a Wig Wam Bam degli Sweet.

Se già siete dei fans ma non avete fatto vostro Doctor Apache due anni fa, l'acquisto di Like The Sun è obbligatorio, anche perchè Doctor Apache è fuori stampa; se invece già lo possedete e siete come me dei completisti, prendetelo perchè le covers sono rarissime...Se, infine, non conoscete i Lolas ma amate il power pop o comunque il rock melodico influenzato dal passato andateveli a scoprire, magari partendo da Silver Dollar Sunday (il mio preferito) e via via completando la discografia, perchè i Lolas sono assolutamente uno dei gruppi fondamentali per capire il powerpop degli ultimi dieci anni.

sabato 9 febbraio 2008

Disco del Giorno 09-02-08: The Slingsby Hornets - Introducing...The Slingsby Hornets

Sarà perchè iniziano ad intravedersi i primi, sporadici effetti della Primavera; o forse sarà perchè i gravosi impegni di questo periodo lo richiedono...Sia quel che sia, ho voglia di divertirmi nel tempo libero e i dischi che ho deciso di recensire questa settimana riflettono un pò il mio stato d'animo attuale. Dopo il powerpop frizzantino delle Corner Laughers, ho qui per voi un altro disco che, pur avendo coordinate soniche completamente diverse, è ispirato dalla sempreverde logica del fun fun fun.

Gli Slingsby Hornets sono nati quasi per gioco. Jon Paul Allen, da Stoke-On-Trent, Inghilterra, li guida praticamente in solitario, anche se pare si fregi dell'ausilio di un fantomatico musicista chiamato Frank E. Slingsby, la cui identità è tenuta misteriosamente celata e nemmeno si sa se esista. Dopo aver suonato per anni con la mini-sensazione dell'elettronica Inglese Molloy e con l'AOR band Dante Fox, Allen aveva quasi deciso di smettere con la musica intesa in senso "professionale", ma non aveva rinunciato a dilettarsi con gli amici suonando (e registrando) le cover dei brani che venticinque anni prima gli fecero amare la musica. Il divertimento è stato tale che scrivere alcuni brani originali si è rivelato naturale. E naturale è stato pure mettere il tutto insieme e pubblicare Introducing...The Slingsby Hornets!

L'album è composto da dieci tracce, equamente divise tra originali e cover, che si assestano sulle classiche sonorità new wave/powerpop tanto in voga tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta. Le cover, dicevamo, cinque in tutto. Se forse si poteva evitare la scelta di My Sharona, re-interpretata in chiave più "caotica" con una lunga coda psichedelica in un esperimento non proprio riuscito, bisogna dire che gli altri quattro rifacimenti non sono niente male. Una particolare menzione merita Fire Brigade dei Move, grande scelta, grande esecuzione; ma ottime sono anche le versioni di Crazy Horses (The Osmonds), Love Will Keep Us Together (Captain & Tenille's) e Calling Occupants (Klaatu). Tuttavia, sono gli originali a "fare il disco". The Man From Yesterday è un potente powerpop che plana sui territori dei Teenage Fanclub curandosi di aggiungere sintetizzatori in abbondanza e melodie vocali che ricordano un pò i Jellyfish; I Love That Sound è un trascinante brano psichedelico alla maniera dei T-Rex; Stop The Rain è una graziosa parentesi di bucolico psych-folk; Lose My Mind ha grandiose armonie che rimandano ai Beatles passati attraverso ad una centrifuga glam, mentre Purple Roses (Fade Away), uno dei miei pezzi preferiti del disco, è classico psychedelic pop che ricorda un incrocio tra Cotton Mather e Mellow Drunk.

Introducing The Slingsby Hornets è un altro di quei dischi che forse non si sarebbero posizionati così in alto nelle varie classifiche annuali, ma che a livello di divertimento prodotto hanno poco da invidiare a chiunque. Dieci brani che, quando andate a fare un dj set, vi consiglio di avere con voi, chissà che non riescano a togliervi qualche castagna dal fuoco...

martedì 5 febbraio 2008

Disco del Giorno 05-02-08: The Corner Laughers -Tomb Of Leopards (2006; Sandbox Records)

Ho sempre avuto una certa passione per i gruppi "al femminile", con voce femminile e con sonorità twee-pop, però era da un bel pò di tempo che non mi capitava di sentirne uno davvero buono. Problema risolto, perchè qualche giorno fa è arrivato nella mia buca della posta, direttamente dalla baia di San Francisco, Tomb Of Leopards, il disco d'esordio delle Corner Laughers. La band è capeggiata da Karla Kane (voce, ukulele, percussioni) e da Angela Silletto (chitarre); al basso sta Khoi Huynh (marito di Karla), mentre dietro ai tamburi si alternano vari batteristi tra i quali spicca il nome di Chris Von Sneider, leggenda della musica pop Californiana, che presta i suoi prestigiosi servigi in One For The Ladies. Tomb Of Leopards è in primis un disco per appassionati, potendo risultare fine a se stesso per i gusti di chi non è fanatico di tutto ciò che sia pop puro. Per i seguaci del genere, invece, sarà un diversivo molto divertente. Nessuno si senta escluso, però!

A scadenze periodiche, quando ascolto una pop band al femminile, mi chiedo se qualcuno si ricorda ancora delle CUB, grandissimissimo gruppo Canadese capeggiato da Lisa Marr che negli anni Novanta ha rappresentato per il sottoscritto quanto di meglio ci fosse in giro per questo tipo di musica. Bene, se le CUB vi dicono qualcosa, non lasciatevi scappare questo disco. Le Corner Laughers (che oltre ad avere metà anima Italiana sono anche innamorate del nostro paese e dunque già per questo motivo riscuotono il mio credito) amano scrivere brani twee-pop leggeri come l'aria, che pagano un doveroso tributo alle classiche girls bands anni cinquanta e sessanta come Ronettes e Go Go's ma anche a gruppi moderni come Dressy Bessy e All Girls Summer Fun Band. I dodici pezzi sono brevi, hanno la caratteristica primaria di far sorridere (non è poco) e scorrono via in un baleno, mentre i testi, seppur disegnino scenari a prima vista astrusi sono acuti ed intelligentemente ironici. Per far capire l'aria che tira, qui si parla di rimanere intrappolati in un bagno di Roma con nient'altro che un cd di Simon & Garfunkel; di mitologiche muse Greche a spasso per il Michigan; o ancora di essersi completamente invaghiti di due persone, che però fanno coppia tra di loro...

Ed è proprio quest'ultimo scenario ad aprire alla grande il disco: You Two Are The Ones ("smart", come titolo, direbbero gli Inglesi...) è una bellissima canzone melodica che fa impazzire un fan di Lisa Marr come me. The Red Queen aggiunge al loro twee pop un nonsochè di countrieggiante ed un coinvolgente tempo in battere. Il terzetto di brani d'apertura si conclude con New Leaf, stavolta sorretta da una chitarra un minimo distorta che mi ricorda di brutto le Muffs periodo Happy Birthday To Me, anche se la voce delicata di Karla Kane si discosta decisamente da quella potente ed aggressiva di Kim Shattuck. Altri brani meritevoli di menzione sono Tea Party, tranquillo brano folk caratterizzato da un sapiente uso di accordion; l'impertinente See You In Hell (ma come faranno a dire "ci vediamo all'inferno", manco fossero Bruce Willis, su una melodia così pepata e danzereccia?) dove tornano alla memoria ancora le CUB; il jangle pop di Everybody Knows; la soffice One For The Ladies; No Shenanigans, classico powerpop con il "tiro" forse più alto del disco e l'accoppiata finale Biological Sense/Friends, Romans, Countrymen nelle quali, sopra il tappeto sonoro dove spadroneggia un perfetto ukulele, sembra di ascoltare quel tipo di country-folk alla Jenny Lewis che personalmente adoro.

Ok, rileggendo quanto scritto, mi sono accorto di aver indicato quasi tutti i brani come highlights. Ma riascoltando il disco non mi sento di toglierne alcuno. Perchè sarà vero che dischi veloci e sbarazzini come Tomb Of Leopards non fanno (quasi mai) la storia, ma è anche vero che una mezzoretta di relax e divertimento puro non la si dovrebbe negare a nessuno, soprattutto se il disco che si ascolta non presenta nessuna caduta di tono. Comodo, conveniente, pronto uso. Prima ho consigliato le Corner Laughers soprattutto agli appassionati del genere. Giusto, ma adesso che ci penso anche coloro che si incaponiscono ad ascoltare solo dischi da coltello alla gola, o forse soprattutto loro, dovrebbero pensare ad acquistarne una copia. Anche due, c'è sempre qualche amico depresso in giro...

PS: Di solito parliamo di dischi usciti da poco. Tomb Of Leopards non è esattamente una novità, essendo stato pubblicato nel 2006...Ma la musica buona è musica senza età, non è vero?

domenica 3 febbraio 2008

Disco del Giorno 03-02-08: Milkshake Jones - Gala Days (2007; the Paisley Pop label)

Avendo ancora una pila di cd arretrati da recensire, è bene che mi dia una mossa. Fortunatamente i dischi che sto ascoltando in questi giorni sono tutti molto belli, e non mi risulterà affatto gravoso scriverne. Oggi parliamo di Gala Days, il primo lavoro lungo dei Milkshake Jones.

Il quartetto di Harrisburg, Pennsylvania, nasce nel 2002 attorno alla figura del cantante, chitarrista e compositore John Micek, che si fregia della collaborazione di Marni Micek (cori), Mark Burke (chitarra) e Paul Burr (batteria). Nel 2004 vengono scritturati da quella grandiosa etichetta di Seattle che è la Paisley Pop Label, per la quale incidono il loro omonimo EP d'esordio. Lo scorso Novembre, per la stessa Paisley Pop, i Milkshake Jones compiono il grande passo, registrando le dieci canzoni che compongono questo interessantissimo disco. Un album che, confesso, ho dovuto ascoltare varie volte prima di riuscire ad assimilarlo, ma che ora è abbastanza spesso nel mio stereo. Forse è quello che John Micek voleva, adesso che ci penso...

Perchè Gala Days è un disco che, interpretando in modo sempre più estensivo il termine "power pop", rientra senz'altro nei confini del classico pop chitarristico, ma lo fa con uno stile per così dire sui generis. E' un album intenso, appassionato e pensoso, che dietro a disegni sonori puramente jingle-jangle e spesso anche allegri nasconde liriche ossessionate e assolutamente cupe, storie di ragazze madri che vivono per strada, di amori rotti senza possibilità di recupero, di notti passate senza riuscire a chiudere occhio. Ed il contrasto tra pensieri oscuri e musica solare è senz'altro il tratto di maggior effetto del disco. Anche perchè i testi sono recitati dalla voce potente, bassa e nasale di John Micek, un pò Joey Ramone, un pò Elvis Costello, un pò Chris Andersen (qualcuno si ricorda dei Ruth Ruth?), in una sequenza di canzoni che -se hanno un pregio- non possono nel bene e nel male lasciare indifferenti. L'album, prodotto da Michael Giblin (grande musicista pop locale, leader dei Parallax Project ed ex dei leggendari Cherry Twister), è in parte caratterizzato da brani che associano alle controverse liriche melodie saltellanti e ritmiche upbeat. Esempi in questo senso sono l'introduttiva Mystery Girls e soprattutto (Where You're Going) Suzanne, con il suo ritornello e i suoi battimani infettivi, che rimanda alle migliori cose di Gin Blossoms, dei Kinks più melodiosi e degli Squeeze. Never Sleep Again è un numero dal grande tiro che potrebbe piacere ai fans degli Smiths, mentre Remember How To Smile è un elegante brano soft pop dove risaltano i duetti locali tra John e Marni Micek. Counting Heads, uno dei migliori brani del disco, è classico powerpop che ricorda proprio lo stile dei Parallax Project (Giblin, oltre a produrre, suona anche il basso e le tastiere). In altri brani, invece, Micek mostra il lato più "Americano" del suo songwriting: The Veil e soprattutto All I Want Is Everything, un altro degli highlights del disco con la sua fantastica melodia di chitarra twang, sono due esempi più che discreti di country-pop sospeso tra Wilco (per i suoni) e Barenaked Ladies (per l'eccezionale vocal pop che ci sta sopra). Il disco si chiude con A Crowd In The Face, commosso commiato che mostra, ancora una volta, la grande dote di John Micek di unire cristalline melodie pop a tormentate e nebulose strutture musicali che pescano a piene mani nella vasca dell'alternative country.

Vi consiglio di portarvi a casa i Milkshake Jones, ma non fatevi sviare dalla prima impressione che avrete dopo aver ascoltato due o tre pezzi su MySpace o su Cd Baby, perchè non ha nessuna importanza. E'un album che va assaggiato con calma e digerito piano piano, e solo dopo qualche ascolto inizierà a circolare nel sangue. Nondimeno, quando ciò sarà accaduto, non mancherete di divertirvi, perchè il risultato di queste dieci canzoni, alla fine, è proprio quello che John Micek si era augurato che fosse, mentre diceva: "con le mie canzoni voglio fare pensare la gente. Allo stesso tempo, però, voglio sentire Gala Days uscire a volume altissimo dai finestrini delle macchine!". Obbiettivo centrato? Direi proprio di si.