Sembra che la gentilezza, la pacatezza e la caratteristica di esprimere concetti ostentando un sereno sorriso sulle labbra siano sempre stati fattori nemici del rock'n'roll. Essendo un "popper" fanatico, non ho mai condiviso tutto questo. E tanto meno l'ha condiviso, durante tutta la sua luminosa carriera, Andy Morten. Chi è Andy Morten? Credo e spero che almeno qualcuno tra voi abituali lettori di UTTT ne abbiano sentito parlare in passato. Andy, infatti, è stato il batterista dei Bronco Bullfrog, una delle migliori guitar pop bands Britanniche degli ultimi quindici anni. Un gruppo a cui ancora e soprattutto oggi - a cinque anni dal loro ultimo lavoro di studio Oak Apple Day - sono molto affezionato. Anche perchè, oltre ad aver amato i loro splendidi dischi e l'eccezionale sensibilità delle loro canzoni, ebbi la fortuna di conoscerli a Londra nell'estate del 2002 ad un set acustico che tennero dalle parti di Denmark Street.
Io e il mio compagno di viaggio (che poi addirittura scattò al gruppo la foto presente nel booklet del loro "best of" What People Did Before TV) dopo il concerto ci sedemmo al loro tavolo per quattro chiacchere e quattrocento birre, e addirittura i Broncos ci invitarono alle loro prove il giorno seguente. Fu un'esperienza indimenticabile che rafforzò la stima e la passione verso la band, mi spinse ad intervistarli per la mia fanzine cartacea dell'epoca e mi permise di capire molte cose riguardanti l'etica e l'essenza del pop che fino ad allora mi erano sfuggite. Capii che si possono trattare anche temi scuri e tormentati senza per forza fare la faccia depressa. Scoprii decine di gruppi ed artisti sixties che mai avevo sentito nominare.
Capirete perchè è con sommo entusiasmo che annuncio l'uscita del primo disco da solista di Andy Morten (che dei Bronco Bullfrog era batterista e principale compositore), intitolato Makes Your Ears Smile ed attribuito allo pseudonimo The Campbell Stokes Sunshine Recorder (che ho scoperto essere un rilevatore della luce solare ideato da John Francis Campbell nel 1853). Andy, dietro giustificate pressioni di amici e parenti, ha ri-registrato i dieci brani che compongono l'album tra il 2oo6 e il 2007, pescando dall'infinito repertorio di demo scritte nel corso degli anni per i suoi gruppi (oltre ai Bronco Bullfrog ci sono anche i grandi Nerve) e poi per vari motivi abbandonate. Quello che ne è venuto fuori è un grandissimo album, e del resto di dubbi ne avevo pochi. La prima traccia, brillantemente intitolate Track One, disegna il tracciato ad altri nove brani che non esito a definire sontuosi. Il brano è un concentrato di powerpop impeccabile da due minuti e mezzo durante il quale Andy spiega con passione la propria visione della musica pop. E ad un inizio così sconvolgentemente bello non potevano che seguire altri episodi che rasentano la perfezione. E infatti le tracce numero due e numero tre sono impressionanti. She Looks Good In The Sun, con quei tipici coretti che mi fanno tuttora adorare i Bronco Bullfrog, è un esempio preciso di come dovrebbe suonare un brano sunshine brit pop. Tony Hazzard, una fillastrocca introdotta da un geniale kazoo dedicata al "celebre" songwriter sixties Inglese, è forse il mio brano preferito dell'intero disco poichè evidenzia al massimo le caratteristiche di dolcezza e raffinata semplicità che da sempre mi fanno amare il songwriting di Andy.
Makes Your Ears Smile è un gioiellino che alla fine degli anni Sessanta sarebbe stato considerato un piccolo capolavoro e che invece, anche questa volta, non riuscirò a capire come mai nessuno lo degnerà di un ascolto. Vorrà dire che come al solito in pochi beneficeremo di potenziali singoli spacca-classifiche come Bye-Bye Mrs Bumble e del suo ritmo incalzante da powerpop ante-litteram. Oppure della mini-suite Everybody Loves The Good Times, quattro brani in uno memori dei migliori Pretty Things. E poi, tanta altra roba: Feel the Sunshine, pauroso incrocio tra jingle jangle e (ovviamente) sunshine pop; Olivia's Plaything, dalle sublimi cadenze Americana; TV Jingle Man, altro esempio incredibile di sixties powerpop all'enesima potenza.
Ho citato otto brani su dieci e You Can Make Me Smile e No Name #7, le canzoni che completano il disco, non è che siano da meno, anzi. Credo però di avervi già dato fin troppe informazioni, e qualcuno tra voi avrebbe già dovuto abbandonare la recensione da un pò per fiondarsi al primo mailorder specializzato per ordinarne una copia. Perchè quello di cui vi sto parlando è un lavoro mostruoso che - poco ma sicuro - finirà nella top ten di fine anno. Il suo Andy l'ha fatto, eccome se l'ha fatto, ora tocca a voi. Sappiate che la redazione di Under the Tangerine Tree rimborserà chiunque non sarà soddisfatto dall'acquisto dell'album.