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giovedì 25 marzo 2010

e.p. del Giorno 25-03-10: The Bradburys - Don't Pump the Swingset (2009; Vandalay)

Sempre peggio. Chiedo scusa a tutti, mi rendo conto di aggiornare il blog ancora meno spesso dell'anno scorso ma gli impegni sono decisamente troppi! Inoltre, vi starete chiedendo che fine abbia fatto la classica e strombazzatissima classifica sui migliori 1oo album dell'anno scorso. Ebbene, stava sinceramente per naufragare. Tuttavia, ho deciso di darmi la sveglia e di fissare ad oggi la deadline. Quello dei Bradburys sarà l'ultimo disco recensito prima di passare alle varie hit-parade riguardanti i dischi dello scorso anno. Di conseguenza, tutto quello di cui si parlerà da domani in avanti sarà preso in considerazione per le top lists di quest'anno, se sopravviveremo fino alla fine del 2010...

Il dischetto oggetto dell'ultima recensione prima degli Under the Tangerine Tree Awards andrà ad inserirsi di prepotenza sul podio degli e.p., questo è certo. Perchè i Bradburys, formazione di Chicago attiva già da una decina d'anni, hanno realizzato una delle collezioni powerpop'n'roll più fresche e divertenti di tutto l'anno passato.

I Bradburys sono un quartetto formato da Jake Blake (basso e voce), Dan Pavelich (voce e chitarra ritmica), John Goodman (batteria e voce) e Johnny Scholvin (voce e chitarra solista). Dunque, salta subito all'occhio una cosa: nella band cantano tutti, e come si sente ascoltando le loro melodie esplosive! Pure, li davamo per dispersi. Attivi da dieci anni, abbiamo detto. Si, ma spariti sin dai tempi del loro album d'esordio, immatricolato nel 1999. Qualcuno si ricorda di Introducing the Bradburys? Su, non siate timidi, alzate la mano. Un gran bel disco, ad essere onesti. Ed è bello sapere che l'entusiasmo, la vivacità, l'allegra brezza che permeava quell'album non è andata dispersa, ma è anzi presente in gran quantità negli otto brani (cinque inediti per l'e.p. più tre bonus tracks) che compongono Don't Pump the Swingset.

Ci si diverte da subito con Shout It, brano danzereccio che insieme alla successiva (ed esplosiva) Mary Goes Around, incarna alla perfezione il lato più rock'n'roll del powerpop, come se una carovana con a bordo Gerry & the Pacemakers, Liverpool 5 e Searchers fosse stata trasportata nei primi anni '80, quelli abitati da Spongetones e dagli Shoes di Jeff Murphy, che non a caso ha prodotto il disco. La band, in ogni caso, è in grado di adattarsi anche ad habitat differenti come dimostra la protopsichedelia di Perfume Counter Girl, prima che i tratti dominanti dei Bradburys tornino effettivamente a dominare. Con She's From Liverpool, naturalmente legata a suoni e colori propri del Merseyside e con My Big Hello, che riporta la band al suo classico midwestern powerpop che tanto ci fa gioire.

Per concludere, una segnalazione. Dan Pavelich, oltre che un musicista, è anche un editore, e con la sua etichetta Vandalay records ha tra l'altro realizzato due volumi della serie Hi-Fi Christmas Party, dove svariate bands tra le migliori d' America coverizzano in chiave powerpop alcuni classici natalizi. Dan è stato tanto gentile da inviarmene una copia ed io non posso far altro che raccomandarne l'acquisto. Ok, ok, avete ragione, siamo fuori periodo. Diciamo che lo terrete presente come regalo per il prossimo Natale, allora.

giovedì 18 marzo 2010

Un altro eroe che se ne va, un altro vuoto incolmabile. Ciao Alex.

Non credo servano parole. C'è solo una grande, immensa, profonda tristezza. Alex Chilton è stato e sarà sempre uno dei miei artisti preferiti in assoluto. E la sua band, i Big Star, uno dei gruppi più seminali e decisivi per la cultura pop in assoluto. Non vorrei sembrare patetico ma chissà, forse senza di loro questo blog non esisterebbe. In ogni caso, posso dirlo con certezza, Alex Chilton appartiene a quella ristretta cerchia di esseri umani a cui devo l'ispirazione per fare quello che faccio, senza storie. Riposa in pace, anche tu, insieme a Doug Fieger. Che brutto periodo, amici.

martedì 16 marzo 2010

Disco del Giorno 16-03-10: The Tangerines - In Season (2009; autoprodotto)

La Svezia, parlando di cultura musicale e non solo, è da sempre un paradiso terrestre. Mettendo in rapporto il numero degli abitanti con i musicisti attivi, e poi questi ultimi con i grandi gruppi esistenti sul territorio, si nota come la media sia di molto superiore a quella mondiale. Il paese scandinavo, da tempi immemori, vanta una scena hardcore di primissimo ordine, una scena metal devastante, una scena indie tra le più "in" al mondo e, ciò che in questa sede più importa, una scena pop e powerpop tra le più strabilianti mai esistite nella storia. Vi ricordate gli anni '90? Se siete lettori abituali di questo blog, sarà per voi naturale associare il Regno di Svezia ad un periodo sfolgorante per la musica che tutti noi amiamo. E mentre altrove imperversavano il grunge prima ed il britpop poi, lassù bands come Merrymakers, Beagle, Brainpool, Happydeadmen e chi più ne ha più ne metta, lasciavano ai posteri dischi memorabili e, soprattutto, un'eredità che nonostante il trascorrere del tempo non è affatto andata perduta. Le tradizioni sono le tradizioni, ed oggi la scena guitarpop svedese è fiorente come nei gloriosi anni grazie a tantissimi gruppi e ad artisti di sommo calibro come Dorian Gray, Mop Tops, Tor Guides, Rhinos e come i Tangerines, il combo di Stoccolma di cui parliamo oggi.

The Tangerines è il progetto di Per Tolgraven e Hakan Eriksson, giunti al secondo album di studio dopo l'esaltante ed omonimo debutto uscito nel 2006. Il duo, sulle scene già dagli anni '80 sotto il vecchio pseudonimo Rain Refrain, sciorina un fantastico jangle pop, dove il supremo esercizio nell'uso e nella teoria delle Rickenbacker è compiuto con massima competenza e profonda devozione. Credo basti questa sintetica definizione per far capire chiaramente di cosa stiamo trattando: swede-styled-jangle-powerpop eseguito alla grandissima, già vedo i sorrisi sulle vostre facce compiaciute. Le armonie e gli impasti vocali costruiti da Per ed Hakan sono sublimi, senza tempo e, non vorrei sbagliarmi, ma leggo delle influenze che rimandano a Dwight Twilley, uno che insieme a Phil Seymour ha semplicemente insegnato canto sin dalla prima adolescenza. Il sound invece è quello, c'è poco da aggiungere: i Byrds degli albori, preferibilmente con Gene Clarke in formazione, presi e passati attraverso la macchina del tempo ed infine piantati nel presente, dopo aver assorbito ed elaborato la lezione del paisley e dei Teenage Fanclub.

In Season, questo il nome dell'album, propone sedici canzoni una attaccata all'altra. Qualcuno potrebbe pensare che sia un pò troppo. Certo, del resto lo pensavo anch'io. Ma al cospetto di piccoli e brevi gioielli come You'd Better Stop, Rock'n'Roll Girl (dove titolo e ritmica sono un palese tributo all'inno di Paul Collins), Girl of My Dreams, Rainy Day ed alla favolosa e beatlesiana (ma toh!) Hey Hey Michelle, bisogna dire che tre quarti d'ora passano in un baleno.

Agli appassionati di pop scandinavo posso tranquillmante dare un consiglio: gettatevi su uno dei migliori dischi di jangle-pop dello scorso anno. Poi ovvio, noi di UTTT li sponsorizziamo volentieri, essendo quasi loro omonimi. Viva i mandarini!