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sabato 29 ottobre 2011

Disco del Giorno 29-10-11: Wiretree - Make Up (Cobaltworks Music)

Da cinque o sei anni, ormai, Kevin Peroni fa la parte della gemma sempre meno nascosta nell'infinito groviglio di talenti provenienti da Austin, Texas, la città americana - e non solo - con la più alta percentuale di compositori fenomenali in rapporto al numero di abitanti. Benché da qualche anno Kevin abbia deciso di "mettere su famiglia", creandosi una band vera e propria dopo i solitari esordi di un lustro fa, il "concetto Wiretree" continua ad essere eminentemente sua esclusiva, e nonostante un certo naturale trasformismo occorso all'autore mano a mano che gli album passavano, dobbiamo ammettere che il signor Peroni continua a fornire regolarmente canzoni di un certo livello.

Tre album e un extended play a nome Wiretree, per ora, nella discoteca pop rock mondiale: se l'ep d'esordio, insieme al primo lavoro lungo Bouldin, rappresentava l'eredità vagamente heartland rock di cui Peroni disponeva a piacimento, il secondogenito Luck ampliava i passaggi nei territori indie pop popolati da Spoon, New Pornographers e chissà quanti altri. Make Up, l'oggetto di questa recensione, è una fusione tra le due visioni sopraccitate, e se proprio devo dirlo, ma potrei cambiare idea, l'ultimo album dei Wiretree sembra proprio quello fin qui meglio riuscito.

La title track, che apre il disco, è american pop paradigmatico, nel senso che, se come me ritenete Lapalco, il secondo disco di Brendan Benson, uno dei migliori album di pop americano degli ultimi dieci anni, non potrete resistere alla tentazione di ascoltarla alzando oltre il massimo il volume dello stereo. Broken Foot è un ritorno alle origini, una breve traccia che scorre sicura sulla vecchia strada tracciata dai Wilburys e che su Bouldin sarebbe stata a proprio agio, laddove Tonight e Tiny Heart paiono estratte dalle recording sessions, pervicacemente indie-pop, di Luck.

Solo nove tracce ed un disco compatto, con tanta scrittura e pochi fronzoli, registrato con un feeling live che di prese ne deve aver richieste pochine ed altre due canzoni da segnalare: The Shore, che impressiona e ci si chiede perché mai Kevin, ad un certo punto, abbia deciso di parodizzare Holiday dei Green day e la conclusiva Josephine, lattiginosa ballata perfetta per chiudere l'ennesimo inappuntabile lavoro firmato Wiretree. Se già possedete i precedenti, non ho nient'altro da aggiungere; se siete novizi, partite da questo intrigante Make Up.

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mercoledì 19 ottobre 2011

Disco del Giorno 19-10-11: Tony Cox - On The Way (2011; autoprodotto)

A volte ritornano. Anzi, ritornano spessissimo, a dirla tutta. L'allegra compagnia formata da Nigel Clark, già leader dei mai dimenticati Dodgy, Tony Cox e Darren Finlan ha occupato le pagine di questo blog svariate volte, e noi la ospitiamo sempre volentieri. Tre dischi a nome Offbeat nel carniere, tutti raccomandati, mentre Cox, da solo, già esponeva in bacheca un ottimo album di debutto, chiamato Unpublished ed anch'esso recensito da Under The Tangerine Tree un paio d'anni fa. Il buon Tony, famelico e produttivo, ha deciso che è tempo di sfornare il bis da solista, anche se, come nel caso delle registrazioni del suo predecessore, a fornire voce e sezione ritmica ci pensano, ma toh, rispettivamente proprio Clark e Finlan. Quando si dice gli amici.

Inconsueto esempio di autore che pur stampando le proprie generalità sulla front cover si serve della voce di terzi, Tony Cox dimostra ancora una volta di saper scrivere canzoni a profusione, senza che l'impressionante quantità di lavori a referto ne intacchi minimamente la qualità, sempre sopraffina. On The Way è dunque un altro esempio di album centrato, come tradizione impone, ma leggermente diverso da Unpublished in quanto Tony, in questo nuovo episodio, decide di abbinare, oltre alle consuete ispirazioni “sessantiste”, parecchi input addebitabili al tipico soul radiofonico di metà anni settanta. We'll Get High, per dirne una, è soul pop come Dio comandava qualche lustro fa, e se avete presente la tappezzeria musicale kitsch da cui sono coperti certi tentativi di riproduzione del genere, avrete capito quanto sia difficile rimanere credibili. Tony ci riesce con facilità, serafico e sornione, anche durante lo spensierato andazzo di Drop Me Like a Stone, ma i fans abituali non si straniscano, perchè il disco continua comunque ad essere colmo di quelle sonorità, sostanzialmente pop vocal, per cui abbiamo imparato a conoscerlo.

Certo, se al microfono puoi presentare Nigel Clark è facile, verrebbe da dire, e infatti la title track propone una spettacolosa esibizione del suddetto, che maneggia con estrema grazia e personale inventiva le proprie corde vocali, grande regalo di Madre Natura. Proseguendo, e passando alle specialità della casa, urge citare la coppia di brani formata da Hold Me Angeline e da No More Lies, un po' Hollies e un po' no, che si buttano giù come un bicchier d'acqua, e per rifinire un album già così inattaccabile, mr.Cox ci ricorda quanto il talento di comporre una ballata non banale sia naturalmente nelle sue corde. Che preferiate l'evanescenza acustica di Gone For Good o l'assetto power ballad di Curse Of Love, qui ce n'è per tutti i gusti. Senza dimenticare che, ad avviso di chi scrive, il pezzo migliore del lotto sorvola l'Atlantico, ed il premio va all'astuzia sfacciatamente Beachboysiana di Feel The Ride, gemma neanche troppo nascosta di un album, On The Way, che molti tra voi sanno di dover inserire nella propria collection ad occhi chiusi.


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