Era da un bel pò di tempo che non avevo il piacere di recensire un best of di un gruppo indipendente che adoro, forse l'ultimo era stato quello di Martin Luther Lennon, ma era il 2005, quindi...E' stata una piacevole sorpresa apprendere dell'uscita di Let's Go! The Best Of Splitsville, pubblicato giusto il mese scorso dalla Californiana Zip records. Il gruppo si formò nel 1994, quando ancora il cantante-chitarrista Matt Huseman ed il suo socio Ira Katz fronteggiavano una rispettata power-pop band, con alle spalle anche un album per major, i Greenberry Woods. Il fratello di Matt, Brandt, che nei Woods stava al basso, fu invitato ad accomodarsi dietro ai tamburi, cosa che peraltro mai aveva provato a fare in vita sua, mentre al basso venne inserito il tecnico del suono Paul Krysiak e gli Splitsville nacquero così, in due minuti, un divertissement tanto per fare i cazzoni, e neanche poco. Il primo lavoro lo intitolarono Splitsville U.S.A., unico album non rappresentato in questo Best Of. Registrato a casa di Paul in due giorni, Splitsville U.S.A. è costellato di canzoni dai testi assurdi ("Come back to the 5 and dime, Larry Storch, Larry Storch"), dalla produzione per lo meno approssimativa, "salvato" dalle grandi intuizioni melodiche che caratterizzavano il powerpop-punk dei loro esordi. Era il '95. Un anno dopo, nel 1996, i quattro di Baltimore, MD (ma quanti gruppi eccezionali escono da quella città?!?) firmarono con l'etichetta indipendente di New York Big Deal. Contemporaneamente, i Greenberry Woods si sciolsero e gli Splitsville diventarono l'occupazione principale dei fratelli Huseman e di Krysiak, che decisero di continuare come trio. Ciò significò un cambiamento in chiave più seria della band, che in un certo senso iniziò in questo momento la propria carriera, con la produzione del secondo disco intitolato Ultrasound. E proprio con un pezzo di Ultrasound si apre questo best of. Let's Go! -brano che da pure il titolo alla raccolta- è un assalto furioso di un minuto e mezzo, più pop punk che power pop, in linea con lo spirito che all'epoca rappresentava la band, ripreso in modo efficacissimo e sintetizzato in una frase da Jacke Ford, "uomo" che si è occupato di scrivere una manciata di aneddoti nello (scarno, peccato...) booklet di Let's Go!: "All night jam and breakfast vodka". I brani presenti in questo Best Of, anche se meno volutamente cazzari, rimangono abbastanza volti al divertimento più puro, con un sound scassato tra il garage, il punk e il pop, ben inquadrabile nelle varie The Misfits, Yearbook e The Kids Who Kill For Sugar, anche se un tentativo di smarcarsi dalle logiche "no-frills" è già riscontrabile in brani (appena) più sofisticati come Home e Ponce de Leon. L'incedere di questa compilation è inevitabilmente legata a doppio filo con la biografia e, soprattutto, con la discografia degli Splitsville, visto che anche i brani del disco di cui stiamo parlando la seguono in modo pedissequo. Tocca allora parlare del periodo Repeater. Il terzo lavoro di studio, sfortunatamente, uscì pochi mesi prima che la loro etichetta Newyorchese fallisse, lasiando scomodi strascichi soprattutto sul versante promozionale del disco della svolta, definitivamente smarcato dalle sonorità grezze ed impulsive degli esordi e più imparentato con quello dei Greenberry Woods. Day Job, I Concentrate On You, Why It Can't Be ma soprattutto la splendida Big Red Sun si adagiano su rassicuranti tappeti intarsiati di classico powerpop, che fanno sì tornare alla memoria la band d'origine ma che inevitabilmente ricordano anche i gruppi che proprio in quel periodo (era il 1998) la facevano da padroni nella scena "college" come Weezer e Fountains Of Wayne. I brani tratti da Repeater, in tutto sei (oltre a quelli sopracitati compaiono pure Manna e Joan Of Arc) segnarono un radicale cambiamento anche nelle tematiche, più imperniate sulla dura realtà (Dayjob, Why It Can't Be?) che sulle colazioni a base di vodka. La vera svolta, quella realmente radicale, doveva ancora venire, però. Nel 1999, in occasione di quel grandioso indie-pop festival Losangelino che si chiamava Poptopia! gli Splitsville registrarono un e.p. di quattro brani intitolato Pet Soul, con chiari riferimenti sia nel titolo che nei suoni alle pietre miliari Pet Sounds e Rubber Soul. Nel 2001, quei quattro brani, insieme ad altri sei nuovi pezzi e alla cover di I'll Never Fall In Love Again di Bacharach andarono a completare il quarto album di studio, The Complete Pet Soul, fatto uscire dalla Spagnola Houston Party, il disco che me li ha fatti conoscere e che ancora oggi è il mio personale favorito. Il sound, come detto, cambia nettamente e le profonde, finissime orchestrazioni alla Brian Wilson dei brani presenti sull'originale e.p. si intersecano splendidamente con gli alti profili folk-rock di Rubber Soul. Per questa raccolta, tra quegli undici brani sono stati selezionati, oltre all'intro Ouverture: Forever e Pretty People, due grandiosi esempi di come i Beatles avrebbero potuto suonare power pop; Sunshiny Daydream, notevole tributo a Lovin' Spoonfull e Millenium; Caroline Knows e quella sorta di mini-operetta di Wilsoniana memoria chiamata -appunto- The Love Songs Of B.Douglas Wilson, una delle vette dell'intero lotto insieme alla spettacolosa ballata Tuesday Through Saturday, anche'essa tratta da Pet Souls. L'ultima parte della storia riguarda il più recente album, Incorporated, uscito nel 2003 sempre per la Houston Party e il primo per la band in versione quartetto dopo l'aggiunta -avvenuta in occasione del tour di Pet Soul- di un altro chitarrista, Tony Waddy. I sei brani che qui lo rappresentano (White Dwarf, Brink, Headache, The Mentalist, Sasha e I Wish I Never Met You) fanno segnare un ritorno a sonorità più orientate verso un power pop di stampo moderno, con parecchie chitarre e sempre fradicio di brillanti armonie vocali più Weezer che Teenage Fanclub. Tra queste ultime canzoni, I Wish I Never Met You, che non starebbe male su un disco di Matthew Sweet, è quella che più volentieri ci accompagna nell'attesa del nuovo studio-album degli Splitsville che, a quanto ne so, prima o poi uscirà. Nel frattempo, se non siete a conoscenza di quest'ottima band del Maryland oppure non avete avuto modo di seguirne le intere vicende, vi consiglio l'acquisto di Let's Go!, davvero il meglio degli Splitsville visto che i 25 pezzi che lo compongono -scelti direttamente dai membri del gruppo- sono effettivamente i migliori pubblicati. Se invece già avete tutto, c'è sempre il tempo per andare a riscoprire i Greenberry Woods, il gruppo pre-Splitsville dei fratelli Huseman, autori di due eccellenti album usciti nella prima metà degli anni '90 che verrano prossimamente esaltati su questo blog....
www.splitsville.com
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