Allora è proprio sicuro, la scena pop indipendente Italiana, quella vera, ha rialzato la testa! Dopo aver ascoltato (ed ammirato) le produzioni di Vickers, Dagos, Radio Days e vari altri artisti, ecco un' altra band che merita sicuramente di essere citata dal nostro blog! Stiamo infatti per parlare dei Philomankind, quintetto Pisano autore di un grandissimo disco uscito nel 2005 chiamato Ask e dedito alla rivisitazione, peraltro molto originale, della classica pop music anni '60 e '70. I ragazzi hanno appena finito di registrare il secondo album di studio che si chiamerà Music Is Alive And Well, ma al momento sono incastrati nel classico problema in cui spesso cadono i gruppi di qualità: manca un'etichetta disposta a pubblicarne il disco. Sperando che questo nostro commento serva a pubblicizzare il loro (ottimo) lavoro, colgo l'occasione per parlare anche del loro album di debutto, vecchio di tre anni ma piuttosto sconosciuto e, dunque, meritevole di ulteriori attenzioni...
Il gruppo nasce nel 2003 dall'incontro tra il leader Marco Piaggesi (chitarra e voce) e Sandro Del Carratore (piano, organo, mellotron...), ai quali si uniscono subito dopo Sara Piaggesi, sorella di Marco, che diventa la voce solista, il batterista Michele Malasoma e la bassista Doda Mariotti. Insieme, i cinque registrano nel 2005 l'album di debutto Ask, un disco che tratta - con perizia e passione - il sixties (e seventies) pop a tutto tondo. I Philomankind hanno in primo luogo una caratteristica: suonano musica per così dire "classica" in maniera del tutto personale, riuscendo di conseguenza a palesare le ovvie influenze senza risultare derivativi. Il loro sound è una calda miscela di Beatle-pop e psichedelia leggera, con spruzzate di Americana qua e là e un attitudine vocale (specie negli episodi "al femminile") che non esiterei a definire "Abba".
Ask, l'album di debutto, si apre proprio con un brano che inevitabilmente - e anche un pò a sorpresa - fa tornare alla mente il gruppo Svedese più famoso della storia. Gender Bender, questo il titolo della canzone, è un potenziale singolone che - in un mondo migliore - potrebbe stare in una Top 40 qualsiasi, grazie anche alla coinvolgente prestazione di Sandro al pianoforte e ad un esilarante testo che parla di un teenager con il vezzo dell'eyeliner e il sogno di diventare Madonna. Gender Bender, grazie anche ad un ritornello indelebile, è la vera star del disco, che presenta tuttavia un contorno di qualità assolutamente elevata, qualunque direzione decida di prendere. La title-track è puro rock'n'roll per il corpo e per lo spirito, con un grande duetto vocale tra Sara e Marco che anta alla maniera di McCartney quando porta la propria voce al limite. Poi ci sono le ballatone, sempre suonate e cantate con gusto, come Sorry e soprattutto come From A Lonely One, che raccoglie e riassume trent'anni di grande female-pop accompagnandolo con uno stilosissimo sottofondo di harpsicord.
La passione per i seventies è rimarcata da It's Easy to See, da sala da ballo del '79, ma tra i grandi momenti del disco, per chiudere, è d'obbligo inserire quelli in cui i Philomankind prendono la tangente americana. E allora Mr.Adviser è una sorta di piano bar post-sbornia di whiskey e Pennsylvania Woman è una raffinata ballata da lost highway, guidata da un appropriatissimo banjo. Dulcis in fundo, una citazione per Smile, il mio pezzo preferito, dove in un'orgia di ganci melodici si rincorrono le melodie di Beach Boys e dei migliori Hollies.
Come detto, i cinque da Pisa hanno già registrato il sequel, vale a dire Music Is Alive and Well, purtroppo ancora inedito causa i noti problemi discografici. Per questo motivo ho dedeciso di parlarne ugualmente, sperando di dare una mano al gruppo, soprattutto perchè il disco lo merita senz'altro. Il secondogenito dei Philomankind muove sostanzialmente sulle stesse coordinate del suo predecessore, sia in termini sonori che qualitativi. Ci troviamo, quindi, al cospetto di altre undici canzoni influenzate da stili diversi ma insieme omogenei, sempre suonati ed arrangiati con grande classe. Benjamin, sopra ad un entusiasmante tappeto sonico di batteria e pianoforte, ripropone l'estasiante vocal-pop di Sara, virato in chiave leggermente psichedelica nella successiva Man Of Make Believe. Love Is A Risk, cantata da Marco, cambia l'atmosfera, creando un clima adatto per ingollare whisky in un truckstop nel profondo Tennessee, e medesime sensazioni vengono indotte da Marta Little Arms, con un feeling quasi bluegrass, aizzata da un azzeccato kazoo.
Show è una degna ballata per solo piano, e Yogi Dananta è un infuso semi-psichedelico in salsa Harrisoniana. Da citare, infine, due grandi canzoni come Gryphon City, dove la voce in stile "roots" di Marco guida un pop a forte trazione sudista, e come I'm Gonna Wait For The Last Time, il brano più pregiato del lotto dove, su una base in cui si mescolano classico pop "sessantista" e roots-sound, Marco canta manco fosse Greg Cartwright (ricordate Oblivians e Reigning Sound, vero?).
Se tutto ciò vi sembra possa interessarvi non esitate ad acquistare Ask, davvero un grande disco. E, per caso, avete un'etichetta indipendente? Per favore, contattate i Philomankind e non lasciate che Music Is Alive And Well muoia impolverato in qualche cantina. Altrimenti, poi, non lamentatevi dicendo che la scena pop Italiana fa schifo...
rimbalzato di qua dal blog di tony
RispondiEliminache bell'articolo su una delle più originali bands italiane del nuovo millennio. loro dei grandi e benjamin un "modern classic" senza tempo.
un saluto a te ed ai ragazzi
flavio (philomanfan)
Grazie per aver letto l'articolo e per i complimenti...Mi farebbe molto piacere se continuassi a leggere il mio blog e magari a fargli anche un pò di pubblicità! Si, i Philomankind sono un grande gruppo....
RispondiEliminaGrazie ancora!
Hey Emmanuel, glad to see Philomankind here!
RispondiEliminaSandro is a good friend and veeeeeeeeery nice guy!
Cheers,
Paolo.