I Model Rockets sono stati una delle mie bands preferite nel corso degli ultimi dieci anni e i nuovi progetti dei loro componenti sono sempre assolutamente all'altezza. Lo scorso Dicembre ci siamo occupati del nuovo gruppo del leader John Ramberg, i Tripwires, il cui esordio è stato uno dei migliori dischi del 2007, mentre oggi parliamo dei Doll Test, ossia la creatura degli altri tre membri dei Rockets. L'ennesimo gruppo eccezionale proveniente da Seattle ritorna ad un anno e mezzo di distanza dall'ep d'esordio Gasoline & Banks, e lo fa in grande stile. La band formata da Scott Five (voce e chitarra), Boyd Remillard (basso), Graham Black (batteria), oltre che da Nick Millward (altra chitarra), suona powerpop mai uguale a se stesso, potente ma non aggressivo, sospinto da grandi trovate melodiche e da canzoni che si collocano sempre abbondantemente al di sopra della soglia di sufficienza.
Rispetto all'ep d'esordio, credo che i Doll Test abbiano compiuto decisi passi in avanti a livello di songwriting, sia per quanto riguarda la parte strettamente musicale, sia per la stesura delle liriche, spesso caratterizzate da visioni poetiche, ironiche ed immaginifiche sull'universo delle relazioni interpersonali (The Bell The Map The Stars, Every Night You Break My Heart), sulla complessità del districarsi da una vita non proprio divertente (I'd Rather Be Asleep), ma soprattutto sulla politica ed in particolare sull'isterismo collettivo degli Stati Uniti post 11 Settembre (The Decider). Il tutto a vantaggio di uno dei più interessanti dischi usciti in questo generosissimo anno di grzia 2008.
I Doll Test attaccano con I'd Rather Be Asleep, una sorta di coinvolgente antipasto powerpop alla Sloan speziato da chitarre crunchy e proseguono con Everything's Fine, dal potente tiro ritmico e dalle melodie di voce (e di un gran farfisa nel finale!) che richiamano ancora gli Sloan, i New Pornographers e i grandissimi concittadini Shake Some Action!, mentre le crude chitarre sferraglianti fanno tornare alla memoria l'etica rock'n'roll di Who e Kinks. Fall Away, docile ballata acustica e discretamente jingle-jangle calma le acque, che vengono subito rimescolate da The Bell The Map The Stars, veloce powerpop "stoppato" e impreziosito da arpeggi di dodici corde Rickenbacker che ricorda un pò i primi Model Rockets. My Future Self è uno dei brani migliori dell'album, e richiama un classico Dylan in pieno trip spoken words posato su una base suonata dall'amico McGuinn. A suo modo, geniale, e il livello si mantiene bello alto anche grazie a Ballad Of Your Blue-Eyed Boy, che con garbo e tanto buon gusto si rifà inequivocabilmente al miglior Lennon post-Beatles.
Chi ha adorato (come il sottoscritto) i Model Rockets di Tell The Kids The Cops Are Here credo che adorerà il merseybeat proposta da The Last Rung, e chi - in generale - non riesce a fare a meno della propria dose quotidiana di musica Britannica si innamorerà di Shoot The Tambourine Man, ingegnoso trait d'union tra i tardi Beatles e il primordiale britpop. Amphetamine è abbastanza allucinata da ricordare un pò Young e un pò Barrett, e The Decider accompagna le liriche di lucida accusa politica ad un appropriato, potente sound debitore dei primi Stones. Mosque Alarm Clock (questo il titolo dell'album) si chiude in grande stile con One Lie Too Many, che parla la stessa lingua che quarant'anni fa rese immortali Who, Small Faces e Pretty Things.
I Doll Test arricchiscono, con un album sublime, la lista di pretendenti ad un posto nella top 10 di fine anno ed hanno ottime probabilità di farcela. Del resto, quando si punta su un Model Rocket, la quota della scommessa è bassa ma la vincita sicura. Mi obbligo personalmente a rimborsare gli eventuali insoddisfatti dall'acquisto del disco.
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