La pagina web dei Rhinos si presenta con l'inequivocabile manifesto scolpito nella frase "welcome to jangle heaven", giusto per preparare il potenziale ascoltatore. Si, perchè con il quintetto di Malmo, Svezia meridionale, le mezze misure non sono ammesse, e l'ascolto di questo loro secondo album è strettamente raccomandato solo a chi dei Byrds e del jangle-pop è un fanatico assoluto. Se però questo è il vostro caso, sappiate che i rinoceronti Svedesi sono uno dei migliori gruppi "McGuinn-oriented" in circolazione al momento.
In Rhi-Fi (forse l'unico difetto di un disco superbo risiede proprio nella scelta del titolo, per così dire curioso) giunge a ben cinque anni di distanza dall'esordio Year Of The Rhinos, anch'esso pubblicato dalla fondamentale etichetta Newyorkese Rainbow Quartz, che già tendeva a certificare la padronanza ed il talento della band nel gestire la Rickenbacker dodici corde e nello scriverci sopra canzoni fondamentalmente sixties pop di grande valore come Stop The Time, che fu uno dei pezzi più pregiati di tutto il 2003. Cinque anni sono tanti, e cominciavo a dubitare dell'esistenza stessa della band, che invece trovo in forma smagliante e notevolmente progredita soprattutto a livello di songwriting, anche se le coordinate-base del loro suono sono sostanzialmente le stesse e si concretizzano in un orgia jingle-jangle che rimarrà nella memoria degli amanti del genere per qualche tempo.
I primi due brani di In Rhi-Fi, Everything That She Believed e PTO, fanno chiaramente capire che ci si trova nel bel mezzo di un'enorme festa jingle-jangle dove sono invitati al ballo tutti coloro che considerano i Byrds uno dei gruppi fondamentali della storia del pop. After Love Has Gone immette un pizzico di folk protopsichedelico nella strofa-mantra prima di esplodere in un altro grandioso ritornello jangle, mentre Love (The Strangest Thing), dove la voce calda, profonda e molto coinvolta di Leif Svensson tocca punti di commozione pura, presenta un feeling quasi Smithsiano. I suoni cambiano sensibilmente nei due magnifici brani cantati da Lasse Hindeberg, ossia For Just Another Hour With You e Dead End, che sposano atmosfere sunshine pop di tendenza pianistica e faranno piangere di gioia i fans di Zombies e Left Banke.
Ma è ovviamente il jangle il piatto forte del menù, e il party continua con la strappalacrime Before I Set You Free, dove le dodici corde Rickenbacker ci piovono addosso come fossero zampilli di una dolce cascata, con Tell On You, uno dei pezzi più belli dell'intero disco e con My Town, aspra critica sociopolitica nei confronti della loro città, Malmo, da dove comunque non se ne andranno mai poichè ci hanno lasciato il cuore, o almeno così dicono. Il brano, eccelso, è impreziosito da un lussureggiante quartetto d'archi che prende la scena nello stacco e lo trascina tra le tante vette del disco.
Gli ultimi applausi li riserviamo a She Presents The News, toccante acustico dedicato all'annunciatrice del TG di Channel 5, a I'd Rather Be Sad ed ai suoi echi tardo-Beatlesiani e, infine, alla conclusiva Just Disappear, etno-pop tra i Balcani e l'India che rimanda certamente ai migliori lavori dei Kaleidoscope Americani. Lo slogan perfetto potrebbe essere "Welcome to the jangle", in effetti, ma visto che i Guns and Roses a giorni pubblicheranno l'attesissimo (ma da chi??) nuovo album di studio, forse è il caso di trovarne un altro e di rispolverarlo tra un pò...
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