lunedì 20 dicembre 2010

Appunti prenatalizi.

Periodaccio, sissignori. Lavoro dodici ore al giorno e, soprattutto, il governo è ancora in piedi, accidenti. Poco tempo, tanti dischi: tutto secondo copione. Mi salvo elargendo una manciata di dritte che, se ancora non li avete fatti, potrebbero essere buone idee in funzione regali di Natale.

David Leonard - The Quickening (2010; Another Whirled Record). L'abito, almeno nel mondo della musica, non sempre fa il monaco. E menomale. Passato l'impatto con la coperina, orrenda, scopriamo l'album di David Leonard, che non dispiace affatto. Come al solito, ci si starà chiedendo : David chi? Me lo sono chiesto anch'io. Mr. Leonard è un veterano della scena newyorkese, che nelle ultime tre decadi ha abitato nelle vesti di musicista/turnista collaborando con artisti del calibro di James Cotton, Cindy Lauper (?) e Chuck Berry, nientemeno, anche se i musicofili gli riconoscono merito soprattutto per essere uno storico membro della touring band di Richard Lloyd. The Quickening è il secondo lavoro tutto suo (il primo è datato addirittura 1984), anche se durante le sessions si è avvalso della collaborazione di volti piuttosto noti a Nuova York, tra cui Chris Spedding e Rick Derringer. Dieci tracce, di cui sette originali, oscillanti tra potenti pop rockers da top fourty e ballatone sentimentali e corpulente. L'accostamento, molto pericoloso e avaro di soddisfazioni nella maggior parte dei casi, qui riesce per l'esperienza dell'autore, a cui la situazione non sfugge mai di mano evitando pertanto derive nell'epica magniloquente. La trascinante ballata The Ship Has Sailed ed il poderoso rock melodico dell'upbeat ed iniziale True Tonight risultano essere gli episodi migliori di un lavoro completato dalle cover di She's A Woman dei Beatles, rimodellata in versione ultraestesa, del classico Dylan di My Back Pages e di una versione acustica di I Had to Tell You, originariamente pensata e scritta da Roky Erickson. Tra l'altro, David risulta essere stato il primo chitarrista dei nostri adorati Brilliant Mistakes (il loro album è stato secondo nella classifica dei migliori dischi del 2008) e questo ce lo rende ancor più simpatico. Un ascolto dateglielo senza paura. (www.cdbaby.com/cd/dleonard)

Chris Murphy - Look at This/Remember That (2010; Big Radio). Spesso, quando si parla di pop australiano, da qualche parte c'è lo zampino di Michael Carpenter. Autore di spessore mondiale, produttore extraordinaire, turnista ricercatissimo. E, ultimamente, proprietario di etichetta indipendente. Due uscite, appunto, per la Big Radio records, e sembra superfluo dirlo, ma fossi in voi approfitterei del pretesto natalizio per mettervele subito in casa senza stare a pensarci su troppo. La prima è chiamata Look at This/Remember That ed accreditata a Chris Murphy, uno che, tanto per rendere l'idea, da anni se ne va in giro accompagnato dalla nomea di "miglior vocalist dell'area di Perth". Il disco è precisamente una sorta di compilation, dove alcuni nuovi brani sono accostati con maestria a vecchie canzoni, a loro volta ri-arrangiate e smaltate di nuova produzione da Michael Carpenter medesimo. Per quanto riguarda i contenuti, siamo al cospetto di una collezione di brani ispirati al più classico vocal rock radiofonico, con proprietà così attrattive e popolari da poter essere apprezzato in egual misura dal rocker e dalla massaia. Trattasi di complimento, questo è chiaro. L'approccio può essere smaccatamente pop (Your Pretty Little Head), più chitarristico (l'iniziale Here She Comes), o addirittura filo-blues (Come and Get Me), ma l'anima, il soul, è sempre in primo piano (The Bigger They Are). Se in Australia è considerato un grandissimo, un motivo ci sarà. Come detto, buono per grandi e piccini. (www.myspace.com/chrismurphy)


Michael Carpenter & the Cuban Heels - The Incomplete Cuban Heels (2010; Big Radio). La seconda uscita targata Big Radio è invece quella dei Cuban Heels, il nuovo progetto di Carpenter, che dopo una manciata di EPs in edizione limitatissima ripropone finalmente quei brani in un unico lavoro "lungo" intitolato The Incomplete Cuban Heels. Incomplete nel senso che i brani provengono da tre recording sessions avvenute tra il 2008 ed il 2010, durante le quali vennero registrate, rigorosamente in presa diretta, venti tracce. Solo undici compaiono su questo lavoro, ma che qualità! Premesso che con Michael si va sempre sul sicuro, in questo caso ci troviamo di fronte ad un'opera alt.country di grandissimo valore, dove le migliori influenze che dal Dylan dei medi sixties attraversano tutto Tom Petty per arrivare ai Wilco di Yankee Hotel Foxtrot sono qui presenti in forze. Aggiungiamo che il tutto è cantato, alla grande come sempre, da Michael, fatto che conferisce quell'inimitabile tocco pop che tutti noi, nessuno escluso, abbiamo imparato ad amare. (www.myspace.com/michaelcarpenter)

Hans Rotenberry & Brad Jones - Mountain Jack (2010; autoprodotto). Infine, da Nashville giunge una notizia che definirei assolutamente esplosiva: Hans Rotenberry, noto alle cronache per essere stato il leader dei favolosi Shazam e il mitico produttore Brad Jones (tra le sue opere dischi di Cotton Mather, Imperial Drag, Matthew Sweet, Marshall Crenshaw) hanno unito i rispettivi, raffinatissimi cervelli e registrato un disco chiamato Mountain Jack. L'album per ora è disponibile esclusivamente in formato digitale e reperibile tramite i consueti retailer del settore. Scaricato immediatamente, ascoltato un paio di volte. Non basta per tentare una descrizione esaustiva, ma è più che sufficiente per dire, con ragionevole margine di approssimazione, che il "disco" sarà irrimediabilmente molto ben classificato, quando (e se) preparerò le classifiche di fine anno. Dovrò ascoltarlo ancora molte volte e lo farò con estremo piacere ma gente, sappiatelo, qui c'è puzza di bomba. (www.uh-guhmusic.blogspot.com)

giovedì 2 dicembre 2010

Disco del Giorno 02-12-10: Mark Bacino - Queens English (2010; Dream Crush)

I fanatici di pure pop che già da qualche anno bazzicano la scena non si limitano a “conoscere” Mark Bacino: lo considerano una superstar. Status che francamente, e si intenda l’ammirazione per il soggetto, non poteva che meritarsi dopo aver dato alle stampe due tra i migliori esempi fonografici (Pop Job…The Long Player nel 1998 e The Million Dollar Milkshake nel 2003) di questo sotto-sottogenere musicale. Avuto riguardo alla discografia, e constatato dunque che Mark mancava dalle scene da un bel po’ di tempo, non possiamo che accogliere con soddisfazione il terzo pezzo del lotto, intitolato Queens English ed edito dalla Dream Crush records.

Lavoro da anni nel mondo della musica, e principalmente lavoro per gli altri. Produco altri gruppi, arrangio brani altrui, ho delle scadenze da rispettare. Qualche anno fa tutto ciò ha iniziato ad andarmi stretto, mi sentivo strangolato dal business e non riuscivo più a percepire l’arte per come dovrebbe essere intesa. Avevo bisogno di spazio per me stesso e così ho deciso di dedicarmi ad un nuovo album tutto mio, senza pressioni, senza dover avere l’approvazione di nessuno. Volevo tornare a scrivere musica per pura passione, e questi sono i risultati”. I risultati confluiscono in un grande disco per intenditori. Senza snobismi, ma vale la pena ammetterlo. Un disco che dalla traccia tre, subito dopo la title-track, è talmente leggero che per poco non decolla, ma non si fraintenda il significato dell’affermazione. Un luogo comune tra i più atroci usa affermare che la musica leggera è per tutti i gusti e tutte le orecchie ma, che diamine, c’è musica leggera e musica leggera. Mark Bacino scrive AM pop ispirato agli anni ’70, quando ancora l’AM pop era una cosa seria. Lo inquadra in un contesto cittadino e newyorkcentrico, la Grande Mela essendo lo sfondo prediletto dalle undici tracce qui presenti. Un disco leggero, certo, ma sofisticato come pochi.

La title-track, dicevamo, apre di fatto le danze in un tripudio di powerpop dal volume alto, palesemente dedicato ai più pervicaci fans di certi Cheap Trick per un episodio da un paio di minuti scarsi che finisce per dimostrarsi il momento più sostenuto dell’intera opera. Perché da li in poi si parla decisamente un’altra lingua, fatta di docili trame strutturate in modalità-racconto e di un’ aggraziata sintassi che, sostenuta da una gamma musicale davvero varia e di gran livello, pesca a piene mani dal top della cultura popolar-musicale. Si veda Happy, riflessione personale e mattutina a lieto fine, con quegli effetti cinematici e cartoneschi che fanno tanto Randy Newman; oppure, per quel che vogliamo dimostrare, si ascolti Angeline & the Bensonhurst Boy ed il suo saltellante midtempo da balera trapunto di inebrianti fiati. Per togliere eventuali dubbi che inspiegabilmente fossero ancora presenti presso chi ascolta, sarà sufficiente dare una chance alla favolosa Bridge & Tunnel che, ne siamo sicuri, riscuoterebbe un convinto applauso se dovesse pervenire all’udito di Harry Nilsson, sissignori: liriche argute, classe da vendere e da spendere, ed un frammento AM pop da antologia del genere. Per sicurezza, inoltre, non sottovaluterei l’accoppiata formata da Muffin in the Oven e Who Are Yous, entrambe marchiate a fuoco da una caratteristica, e cioè la capacità di inserire grandi canzoni pop in un’atmosfera da musical, che Mark possiede e che già, a parere di chi scrive, rese Million Dollar Milkshake, il suo penultimo lavoro di studio, un grandissimo album.

Chiuderei la rassegna dei consigli con un omaggio ad un grande brano che forse tende ad uscire un po’ dal contesto. Blue Suit cambia di certo il feeling generale, è decisamente angolare rispetto alle compagne di viaggio, ma è omicida e sensuale come solo le grandi ballate sanno essere. Del resto, Mark Bacino non è uno che vende dischi tanto per venderli, né tantomeno scrive canzoni tanto per scriverle. E’ un tizio parsimonioso, Mark, e pazienza se tra un lavoro e l’altro possono passare anche sette lunghi anni. Sarà il massimo della banalità ma l’attesa, al cospetto di dischi come Queens English, è dolce e ci sta tutta; affrettare i tempi, quando i risultati finali sono questi, non è proprio il caso.