The Super Sounds Of Supraluxe, evidentemente una delle migliori pubblicazioni di questo 2011, è la terza opera di studio per il terzetto proveniente da St. Paul, Minnesota. Una band, quella composta da Jim Risser, Bob Burns e Rich Paerson, nota alle cronache sia per il loro notevole "back catalogue", sia per un fatto curioso: il loro omonimo debutto fu indirettamente la causa che portò alla creazione dell'ormai celeberrimo blog Absolute Powerpop (non è il caso che mi dilunghi sul racconto della storia, ma se interessa leggete qui). Con delle credenziali simili era lecito attendersi molto da questa nuova uscita, e fortunatamente i ragazzi, incuranti della pressione, sono riusciti a centrare nuovamente il bersaglio grosso.
Badate, la copertina, fantastica, è ingannevole. L'iconografia beat e gli abbinamenti cromatici vagamente Pet Sounds potrebbero far pensare ad un bel tuffo nei sixties più classici, traendo così d'inganno chi dei Supraluxe non fosse pratico. I contenuti, infatti, sono quelli che tutto sommato ci potevamo (e ci volevamo) aspettare, e si propagano al solito raffinatissimi in un lussuoso alternarsi di supremo rock americano e continue riflessioni perlopiù acustiche. L'album si apre con Every Little Piece, e sono subito grandi emozioni. Il brano, rigorosamente acustico, evoca tanto il maestro Ellitot Smith quanto nuovi troubadours del settore, ed in questo caso mi compiaccio nel citare, a titolo di esempio e anche un pò di pubblicità, il genietto australiano che di nome fa Tamas e di cognome Wells. Il prosieguo è affidato a Setting Sun, uno dei migliori brani del disco, che cambia decisamente l'atmosfera con il suo trascinante midtempo, con il bridge più catchy del 2011 e vari inserti vagamente psych davvero di pregio, mentre Lester Bangs, traccia numero 3, rappresenta il momento più sessantista dell'album, con quello stile soft rocker dalle movenze chiaramente retrò che ricorda recenti autori noti ai lettori di queste pagine come gli Offbeat.
L' album, anticipavamo, è costruito sul costante alternarsi di episodi prettamente acustici e brani american rock di grande livello, così, in un susseguirsi di grandi emozioni, che poi sono il vero filo conduttore del disco, si avvicendano crepuscolari riflessioni acustiche come When You're Down e Summer Bummer, che rievocano i primi, inavvicinabili Kings Of Convenience, e spezzoni di tipico rock a stelle e strisce come New York City's Not Alright, titolo che ci azzecca parecchio con la definizione "rock ovviamente urbano" e soprattutto come la favolosa Nowhere, grande uptempo che scomoda Rhett Miller e anche, almeno un pò, il mitologico Ryan Adams periodo Gold.
L'alternanza è il caposaldo, vero, ma tutto sommato è tempo di riflettere. Perciò, se dobbiamo dirlo, la bilancia di Super Sounds Of Supraluxe pende leggermente verso la cupa introspezione acustica, con risultati eccelsi, peraltro, che ci inducono a citare altri due brani prima di salutarvi. Le canzoni sono quelle conclusive del disco: la prima, Nail Bitter, è un lento cantautorale da lacrime che mi ricorda quando, chiuso in camera ormai tanti anni fa, rimanevo a fissare il soffitto scioccato da Either/Or. La seconda, You Are A Winner, rappresenta un ipotetico tuffo nelle sensazioni che hanno fatto del new acoustic uno dei movimenti più interessanti del nuovo millennio, e la cosa fa pensare che se i Supraluxe fossero nati nel 2001...Chissà.
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