Se di alternative country bisogna far scorpacciate, che la
terrina rechi alternative country di estrema qualità. Temo siano passati,
ahimè, gli anni d’oro del revival di genere ; passati da anni con
percepibili conseguenze sul sistema e sui miei ascolti privati. Mentre fino a
poco più di un lustro fa era sufficiente gettare la lenza per estrarre dal mare
magnum della No Depression un disco
di sublime americana, ora la ricerca dev’essere profonda e ponderata, e forse è
meglio così.
Per fortuna, gli autori dei bei tempi andati di tanto in
tanto si palesano. Così, l’apparizione di Colin Halliburton e del suo moniker
Roseline ha fatto scattare l’allarme negli ambienti più addentro ad un certo
tipo di questioni. Nostalgici cowboys metropolitani, qui c’è tutto ciò che
serve per ascoltare, godere, far passare l’estate e rinchiudersi in qualche
taverna col calare dell’autunno per rimuginare sull’amore che svanisce ed
evapora insieme ad alcuni compari di
band e sbronze colossali che inopinatamente, senza preavviso, decidono di avere
un figlio e ritirarsi a vita privata appendendo le Gretsch al chiodo. Ogni
riferimento al privato di Colin è puramente voluto, anche perché , davvero, il
tutto traspare da un disco sottile e soffice come l’anima di un ragazzo che per
il palcoscenico non si sente portato e che preferisce registrare in casa, tra
un the ed un sonnellino, piuttosto che in uno studio foriero di ansie da
prestazione e spaventosi fantasmi.
Vast As Sky è un bel disco di americana melodica, di
delicata maniera e di profondità abissale. Poi si sente che gli ascolti devono
aver toccato i Frog Holler e certi Whiskeytown, più i primi che i secondi, ma cercare
ad ogni costo una specifica musa ispiratrice sarebbe esercizio piuttosto
vano. La Ninth Street Opus di Berkeley,
che ha apprezzato, elargisce etichetta e qualche fondo strutturale. Il resto ce
lo mette Colin, sostenuto da due o tre amici stretti e dal suo inossidabile
cuore infranto.
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