Quando i vecchi eroi ricompaiono sulle mensole dei negozi di dischi il sentimento è sempre duplice: la gioia per la scoperta almeno potenziale di nuovi, inestimabili tesori si affianca al terrore dell'autoinflitto vilipendio e insomma, vorremmo ricordarceli giovani, belli e ispirati come ai tempi d'oro. Come tutti saprete, Duncan Reid è stato a suo tempo Kid Reid, basso e voce nella seminale - per una volta l'abusato aggettivo non mi pare usato a sproposito - band inglese The Boys, il famigerato e leggendario primo gruppo di area punk rock a essere scritturato da una major, nonché ensemble di sgangherati ma talentuosissimi figliocci di Brian Epstein.
Chiusa l'esperienza con la storia, Duncan Reid negli ultimi dieci anni ha dato vita ai testoni, The Big Heads, di cui "And It's Goodbye From Him" è il quinto e - come il titolo suggerisce - ultimo album di studio. Se per gli autori di I Don't Care, First Time, Weekend e decine di altri capolavori provate una vera e propria venerazione, il disco oggetto di queste righe dovrebbe rappresentare per voi un piacevole salto nel passato, oltre che una gradita fonte di delizia. Il meraviglioso incrocio tra power pop e punk che ha reso leggendaria la band di Duncan Reid, Matt Dangerfield e Casino Steel è qui tirato a lucido, tappeto sonoro con intelligenti ingegnosità scrittorie non lontane dal territorio Squeeze per testi riflessivi anche quando situazionisti, specchio degli ultimi disastrati anni.
Se l'apertura affidata a Lost Again, sorta di arena-power-pop un pizzico eccessivo, non convince del tutto, il disco esplode dalla traccia due, Funaggedon Time, provvista di intensi riff settanteschi e soprattutto di coretti che sospettiamo possano sviluppare un alto livello di tolleranza. Just Try To be Kind è classico power pop della casa, cui fanno seguito due tra i momenti migliori della collezione: Can I Go Out Now Please, un evidente allusione al confinamento coatto imposto dagli anni della pandemia, è sospinta da chitarre memorabili e da uno storytelling, per l'appunto, figlio della lezione Tillbrook/Difford, gli autori dello stesso compendio studiato per partorire It's Going So Well, midtempo di respiro sixties e d'azzardato, eppure riuscito, arrangiamento con tanto di violini.
Le perle sono disseminate un po' ovunque, e non sempre aderiscono in toto al menù standard: così Oh My My ha un involucro più moderno, non dissimile dal power pop radiofonico di Click Five e Ok Go, mentre Real Good Time prosegue sullo stesso canovaccio ma con impostazione più rock'n'roll e melodie zuccherose alla Yum Yums. Would I Lie To You? è un'inaspettata ballata folk decorata addirittura con violini zigani, It Rains On The Good ha scorza più coriacea alla Well Wishers e la conclusiva Singing With The Beach Boys porta a casa il disco alla grande grazie al memorabile ritornello e a un titolo che spiega molte cose. "And It's Goodbye From Him", certo. Ma dopotutto, ce lo si permetta, "Goodbye" vuol dire "arrivederci".
Nessun commento:
Posta un commento