lunedì 31 agosto 2020

Disco del Giorno: Spygenius "Man On The Sea" (2020 - Big Stir)

 

Già la fine di agosto, purtroppo, estate agli sgoccioli così come il tempo rimasto per andare al mare e allora, per lenire la cupa tristezza che si impadronisce di noi alle porte di qualsiasi autunno che si rispetti, vi presentiamo l'album più ambizioso dell'anno. Il nome Spygenius non dovrebbe essere nuovo per gli appassionati del genere che ci onoriamo di trattare su queste pagine, anche se mi sono accorto che nessuno dei quattro precedenti dischi pubblicati dal quartetto di Canterbury a partire dal 2008 è stato qui promosso. Si tenti allora un parziale rimedio, ma serve la vostra collaborazione, e la massima attenzione, per penetrare in "Man On The Sea", un concept album a sfondo nautico che mal si concilia con la contemporanea tendenza a servirsi della musica in modo istantaneo, cestinandola un secondo dopo se il primo ascolto non è gradito.

"Man On The Sea" è un viaggio scritto nella sua pressoché totale interezza da Peter Watts; un viaggio tra folk-pop, jangle-rock e psichedelia leggera adornato da mille dettagli - si veda in primis la lussuriosa veste grafica - che ne rendono particolarmente apprezzabile l'attento ascolto a mezzo cuffie. La partenza è fissata da Another True Story, energetico incipit di stravagante rock'n'roll dalle tenue tinte più strambe che psichedeliche per un inizio dai ritmi altini; ritmi subito smorzati dalla successiva Albion, gran ballata dal sapore Mccartiano. Peter Watts e soci prendono le due stelle nell'internazionale guida al miglior jangle, e gli esempi di generi sono tanti e tanto raccomandati: If You Go A-Roving, Salaud Days (con tanto di libidinosa ironia nel doppio senso multilingua nel titolo) e In A Garden sono meravigliose canzoni Rickenbacker-pop sospese tra i REM dei primi anni ottanta e la sponda più chitarristicamente orientata del paisley underground.

 

Le variazioni sul tema sono all'ordine del giorno nel lungo tragitto, così Green Eyed Monster è striata di improvvisazioni ed esperimenti proto-progressivi, New Street è imperniata su un florido garage beat e Windy è disegnata su un pregiato tappeto di soffice psichedelia. L'unico pezzo non scritto dall'ispirato Watts è Spite, firmato dal bassista Ruth Rogers, ed è uno dei migliori pezzi del disco con il suo incedere stravagante e le genialoidi invenzioni armoniche. 

 

Nei dischi così lunghi il rischio è solitamente quello di tirare troppo la corda ed eccedere con auto-indulgenze che corrono il forte rischio di tradursi in pericolosi riempitivi. "Man On The Sea", a parte qualche trascurabile episodio, evita di cadere nell'insidiosa trappola, e giunge in porto coeso, raffinato e godibilissimo. A incorniciarne i prelibati concetti concorrono il corroborante e un po' barocco pop tra Move e Jellyfish del singolo Café Emey Hill, il power pop classico e non immune dal marchio di fabbrica jangle di Watch Your Back, tra Admiral Twin e Gigolo Aunts, e la conclusiva e dolcissima Remember Me When I Was Good, a riuscite tinte comedy per uno sottofondo da varietà che non può non essere stato ideato sull'isola.

 

Ricapitolando: "Man On The Sea" è un disco lungo, raffinato, ambizioso. Pretende da voi la massima attenzione e vi ripaga con un filotto di canzoni che promettono di crescervi addosso: manterranno. Peter Watts e soci hanno chiesto troppo a voi e a loro stessi? Se il disco è strutturato così un motivo ci sarà. Il problema, semmai, sarà replicare il mastodontico e riuscito progetto. Questa, intanto, è un opera che a casa vostra farà la sua splendida figura.

Spygenius Official | Big Stir 

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