Ottavo disco per la mini orchestra da San Francisco della quale, mea culpa, conosco benino solo gli ultimi tre lavori. L'intenzione di sezionare anche gli altri, vista la qualità altina dei suddetti, è preminente. "Tough Trip Through Paradise" è un affare delicato, del tipo cantautorato orchestrale, anche se non mancano accelerate e cambi di tempo significativi. Un percorso vario, anche, pur legato spesso e volentieri a vocalizzi, uso degli attrezzi del mestiere e arrangiamenti affini alla sacra trimurti Nick Drake - George Harrison - Gene Clark.
Siccome nell'album nulla è scontato tanto vale mettere in chiaro le cose da subito, e allora Amen, anche semanticamente più adatta a una chiosa, apre il sipario con atmosfere che richiamano Nick Drake - se Nick Drake avesse accettato di farsi supportare da un gruppo di musicisti - e che solitamente siamo abituati a trovare al crepuscolo dei dischi. Il pezzo, sapientemente orchestrato, non è certamente un unicum nelle divagazioni dell'opera, e gli stessi stilemi si fanno rintracciare anche in Built To Last, che un po' richiama i Radar Bros del video con la corpulenta segretaria ingozzantesi di dolciumi, un po' gli Spiritualized in frac di "Let It Come Down" e un po', giusto per rimarcare l'appartenenza geografica, i Thrills nella loro versione più pervicacemente adesa ai sacri canoni del soft-pop tradizionale della costa occidentale californiana.
Su coordinate simili muove Smoke And Mirrors, anche se la costa ovest USA d'evidente appartenenza è in questo caso colorata da suoni decisamente più psichedelici sospinti da un portentoso organo. Abbiamo detto che le differenze impattanti su uno stile se vogliamo codificabile costituiscono la cifra primaria di "Tough Trip Through Paradise", e l'esempio migliore in questo senso lo garantisce Doors Are Opening, sorta di jangle sinfonico osservante l'insegnamento aureo del primo Gene Clark. Il pezzo è un autentico capolavoro di stile, meritevole di un posticino nella vostra playlist primaverile. Il pop acustico permeante le docili Don't Be Afraid e Getting Along ricorda i migliori Travis al rallentatore di "The Man Who", sperando che il paragone venga percepito come un grosso complimento, mentre Golden State, non immune da una certa verve estrosa alla Jeff Lynne, chiama inaspettatamente in causa il Marc Carroll periodo "Ten Of Swords", quello che riusciva a lucrare un tiro insospettabile dal combinato disposto di sei corde ora jangle, ora semplicemente acustiche.
The Other Side è un esempio di purissimo UK beat, utile a dare un'ulteriore spolverata di varietà a un disco che va ascoltato tutto per intero, e pazienza se lo span attenzionale dei nuovi fruitori non sarà abbastanza ampio: con il tempo impareranno a indossare le cuffiette e ad apprezzare mezz'oretta di musica pop sublime, senza dover necessariamente fare qualcos'altro nel frattempo.
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