mercoledì 15 aprile 2020

Disco del Giorno: Pop Co-Op "Factory Settings" (2020 - Futureman Records)


C'è da dire, in tempi di distanziamento sociale, che "Factory Settings", il secondo album edito dalla cooperativa presieduta da Steve Stoeckel, oltreché per le meravigliose canzoni che lo compongono brilla per coerenza, sempre che non si voglia, e non si vuole, parlare di sinistra preveggenza. Stoeckel è riconosciuto dai più con un basso in mano in studio e su un palco insieme agli Spongetones, da Charlotte, Carolina del Nord, una tra le migliori bande Beatles-revival di tutti i tempi e in auge da quasi quattro decadi. Dal 2017, nello specifico, anno di uscita per l'esordio del progetto Pop Co-Op "Four State Solution", egli ha deciso che il confinamento in sede di registrazione poteva avere anche effetti benefici, e del resto, quando i quattro contributori abitano in quattro Stati diversi, parafrasando il titolo di quel disco la soluzione è solo una.

Dunque Stoeckel scrive un brandello di testo, oppure una base di melodia strumentale, o anche solo quattro appunti. La bozza arriva per mezzo di posta elettronica a Bruce Gordon, Joel Tinnel e a Stacy Carson, i quali sono incoraggiati a completare, aggiungere, rimodellare e infine riconsegnare all'ideatore originale che manteca da par suo. Il procedimento è valido per ognuno dei quattro componenti e il risultato, già pregevole allora, è persino eccellente adesso. "Factory Settings" esulta dagli altoparlanti con una generosa offerta di quattordici canzoni stellari, sapientemente bilanciate tra indimenticabili frammenti di power pop americano anni '70 e frequenti, riuscitissime introspezioni acustiche: chi ha detto che sono le ballate, specie se plurali all'interno di un disco, a garantire per la capacità compositiva degli autori?



Si parte caricando subito l'obice: No Man's Land è l'apertura perfetta, con l'incalzante introduzione di batteria a scaricare una saetta melodica dalle armonie vocali magiche e dal ritornello da top of the pops, quando l'anno sarà finito. Ricordate i grandi Scruffs, li avete poi incontrati? Sì, li ricordiamo. Ricordiamo, perché li abbiamo ripassati, anche Chilton e Ham, entrambi qui presenti previa cura al nandrolone, occorre specificare. Peraltro si parla di solitudine: anche qui si passeggia a braccetto con la trista attualità. Chi ben inizia ben prosegue, nonostante tutto, con la gemma pop Kissing Katy e la stramba Flaws of Attraction, dolcemente imprevedibile nella costruzione com'era uso nella casa creativa degli indimenticabili Secret Powers (a proposito, signor Schmed Maynes, è da un po' troppo che attendiamo un disco nuovo).

Il potenziale singolo, guidato da un irresistibile incedere jangle, potrebbe benissimo essere Catching Light, ma anche la successiva Underworld, seppur da un altro versante, un versante che potrebbe ricordare addirittura i Police più avvezzi alla forma-canzone popolare, si difenderebbe bene nel ruolo. Da segnalare anche, per forza e per piacere, King of Weightless, i cui riff più muscolari abbinati alle poderose melodie fanno tornare alla memoria gli immensi Shazam di Hans Rotenberry.



Le ballate, in conclusione, come già anticipato rivelano le nobili origini di chi ha scritto: così To the Sea, segnata da un dolce ukulele, forma insieme a Persistence of Memory e a Sleeve un trittico altamente emozionale forse proprio perché introflesso, magico nel ricreare oggigiorno le atmosfere del Macca di Fool on The Hill o dei Badfinger più straziati di "Wish You Were Here". In tempo di distanziamento sociale, un disco per sopportare meglio l'isolamento e una sicura presenza ai piani alti della classifica sui migliori dischi dell'anno di scarsa grazia duemilaventi.

Bandcamp | Official Website | Futureman Records

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