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venerdì 31 dicembre 2021

I migliori 40 dischi del 2021 (secondo la mia profondamente inutile opinione)


Un altro anno monco, e dire che eravamo anche partiti piuttosto bene. Purtroppo nella vita esistono degli impegni esterni alla musica, altrimenti avrei continuato ad aggiornare il blog con continuità, ma tant'è. Essendo la speranza l'ultima a morire, riproveremo a organizzarci auspicabilmente partendo da oggi, con la pubblicazione dell'ineludibile classifica sui migliori quaranta dischi del 2021 "secondo la mia profondamente inutile opinione". Come sempre, ogni album sarà corredato da un link che vi condurrà alla recensione di UTTT, nei rari casi in cui è stata scritta, oppure ai migliori luoghi d'acquisto e/o d'ascolto. Buon anno a tutti.

40. Jon Flynn "Citrus" (Kool Kat)
39. Rooftop Screamers "Next Level" (self-released)
38. Underwater Sunshine "Suckertree" (Futureman)
37. Hurry "Fake Ideas" (Lame-O Records)
36. Bevis Frond "Little Eden" (Fire)
35. Ryan Allen "What A Rip" (Futureman)
34. Bob Evans "Tomorrowland" (Universal)
33. Droneyard "Reversion Therapy" (self-released)
32. Diamond Hands "Thank You" (Kool Kat)
31. Jim Trainor "Staring Down The Sun" (Futureman)

30. Local Drags "Keep Me Glued" (Stardumb)
29. The Legal Matters "Chapter Three" (Futureman)
28. The Airport 77s "Rotation" (self-released)
27. David Brookings "Mania At The Talent Show" (self-released)
26. Your Academy "Your Academy" (Kool Kat)
25. Teenage Fanclub "Endless Arcade" (Merge)
24. Nelson Bragg "Gratitude Blues" (Steel Derrick Music)
23. Andy Bopp "AB" (Dren)
22. The Webstirs "The Webstirs" (self-released)
21. Ben Kweller "Circuit Boredom" (The Noise Company)

20. Joe Benoit "What Kind Of World" (self-released)
19. The Stan Laurels "There's No Light Without The Dark" (Big Stir)
18. Weezer "Van Weezer" (Atlantic)
17. Kevin Robertson "Sundown's End" (Futureman/Subjangle)
16. The Needs "Special Needs" (Bendix)
15. Andrew Taylor and The Harmonizers "Andrew Taylor and The Harmonizers" (Dropkick Music)
14. Death By Unga Bunga "Heavy Male Insecurity" (Jansen)
13. Lolas "All Rise" (Kool Kat)
12. Tuns "Duly Noted" (Murderecords)
11. Robert Harrison "Watching The Kid Come Back" (self-released)

10. The Easy Button "Lost On Purpose" (self-released)
 9. Kiwi Jr. "Cooler Returns" (Sub Pop)
 8. The Armoires "Incognito" (Big Stir)
 7. The Blips "The Blips" (Cornelius Chapel Records)
 6. The Coral "Coral Island" (Modern Sky/Run On Records)
 5. Brent Seavers "BS Stands For" (Screaming Apple)
 4. Radio Days "Rave On!" (Ammonia/Sounds Rad/Screaming Apple/Rock Indiana/Wizzard In Vinyl)
 3. Nick Frater "Earworms" (Big Stir)
 2. The Brothers Steve "Dose" (Big Stir)
 1. The Summer Holiday "B-Side Stories Volume 1" (self-released)

giovedì 23 settembre 2021

Radio Tangerine #7


Pausa finita insieme all'estate, dovremmo tornare a scrivere in maniera costante. 

Per ricominciare, sembrava corretto apparecchiare una nuova puntata di Radio Tangerine, così, a mo' di compendio dell'estate passata senza news sul blog.

Come sempre, il meglio del rock'n'roll indipendente pubblicato negli ultimi mesi passa prima da queste parti.


giovedì 24 giugno 2021

Costretti a una brevissima pausa.


Mese particolarmente impegnativo, mentre guardiamo impotenti i dischi arretrati accatastarsi sulla nostra scrivania. Tenteremo di sbrigare le molte pratiche lavorative in questi ultimi giorni di giugno, per riprendere in mano con la libertà necessaria le questioni riguardanti questo blog a luglio. Da uomini di buona volontà promettiamo di recuperare in qualche modo il tempo perduto, anche se le promesse, quando c'è UTTT di mezzo, sono sempre pericolosamente a rischio di non essere mantenute.

mercoledì 2 giugno 2021

Disco del Giorno: Radio Days "Rave On!" (2021 - Screaming Apple/Ammonia/Sounds Rad/Wizzard In Vinyl/Rock Indiana)


Uno dei dischi più chiacchierati degli ultimi mesi ha finalmente bussato alla nostra casella delle lettere. Ritardato il giusto dalla crisi pandemica, e anticipato da quattro, dicasi quattro, singoli apripista per un'operazione in grandissimo stile, il quarto lavoro lungo dei Radio Days ha dovuto sostenere sulle proprie spalle il peso più difficile: quello dell''attesa, cui era indissolubilmente correlata la necessità di non deludere le molte aspettative sussurrate ai quattro angoli del globo. Per quanto ci riguarda, considerata l'antica amicizia che ci lega al gruppo, nella valutazione del disco si è insinuata un'altra difficoltà: scindere il rapporto umano dalla nuda obiettività. Come al solito abbiamo scelto un punto d'osservazione critica, ma come altrettanto spesso è capitato negli anni i boys oltrepadani ci hanno tolto d'impaccio, regalando una collezione di canzoni a cui non è difficile indirizzare molte lodi.

"Rave On!", giusto per far capire la portata dell'opera, ha il sostegno internazionale di cinque etichette, addirittura, pronte a distribuire il lavoro in stile major anni '90. E parliamo del meglio nell'ostico campo del power pop: Screaming Apple, Rock Indiana e Wizzard in Vinyl dominano da anni le affollate scene tedesche, spagnole e giapponesi. L'italiana Ammonia e la statunitense Sounds Rad! completano il Risiko. Presupposti mica male, poi occorre riempire i solchi con contenuti di qualità, ma per i Radio Days non è mai stato un problema. Il titolo dell'album è un tributo a Buddy Holly e un primo tratteggio dei tratti somatici dell'opera: del suo Pantheon, se non necessariamente dei suoni che lo connotano.

 

I Got A Love, il primo singolino estratto ormai lo scorso autunno, dà l'iniziale indizio, ed è un suggerimento da non sottovalutare, poiché vieta a chi per ventura decidesse di descrivere il disco l'enucleazione della band in un qualunque insieme di comodo. Certo, i ragazzi hanno storicamente decretato l'appartenenza delle loro scelte stilistiche al "lato melodico del rock'n'roll", e a buona ragione. Ma da "Rave On!", proprio come dai predecessori "Get Some Action" e "Back In The Day", non aspettatevi una copia-carbone di Nerves e Plimsouls. Suonano power pop? Sì, suonano power pop, ma lo suonano alla Radio Days. Quasi vent'anni di carriera valgono la promozione a punto di riferimento, molto più che l'ingiusta degradazione a fotocopiatori. Il pezzo apripista, dicevamo, è una saetta rock'n'roll d'antan, dove la beatlemania primigenia è quella riformata dalle poderose chitarre dei Raspberries, quando il termine power pop era noto ai soli amici di Pete Townsend e le cravatte strette erano ancora segregate nell'armadio.

 

Si ragiona di materia pop durante l'intero percorso, ma le variazioni, le analisi delle mille sfaccettature melodiche associate alla sei corde sono molte e molto interessanti. Lose Control alza i ritmi senza disperdere i grandi impasti armonici, finendo per regalare un concentrato di power-pop-punk  non dissimile da quello colto nella sua essenza da un altro grande gruppo contemporaneo come gli Speedways. Walk Alone è superba e sofferta ballata jangle, più vicina ai padri putativi Big Star che agli amati Teenage Fanclub spesso associati alla canzone, stando a  quanto ho potuto leggere a riguardo. Running Around aggiunge alla ricetta un sapiente tocco di americana, e chi segue queste pagine sa quanto ami l'abbinamento, mentre No One To Blame alza i toni del crunch e finisce per somigliare a una graziosa fusione tra gli Ash di "Nu-Clear Sound" e il pop rock californiano ad alto voltaggio di Tories e Marvelous 3, clamorosamente mai finito sulle prime pagine delle riviste che contano - ma contano cosa? - negli anni '90.

 

L'erdeità costelliana meritata in tanti anni di devoti studi è ben nascosta, ma presente, nelle viscere di Till The End Of The Night e Meltdown, forse i brani migliori dell'album secondo il profondamente inutile parere di chi scrive; due canzoni filologicamente impeccabili nella loro naturale personalità che avrei visto molto bene nel catalogo Stiff del 1979. What Is Life?, probabilmente il pezzo più adeso ai cosiddetti canoni della materia power pop, vede la collaborazione di un all star team con la presenza di Paul Collins (The Beat), Kurt Baker (Leftovers, Kurt Baker Combo, K7s e qualche decina di altri), Morten Henriksen (Yum Yums), Jorgen Westman (Psychotic Youth), Luca "Il Metius" Mattioli (STP, Stolen Cars, Midnight Kings) e Riccardo "Mera" Montagna (Retarded). Il cerchio è chiuso da Between The Lines, delicata in principio, poi esplosiva ballata dalle fortissime tinte college adornata da un'originale e opportuna coda rumorosa.

È forse a questo punto superfluo sottolineare il voto molto alto che volentieri assegniamo a "Rave On!", uno tra i migliori dischi del 2021 a giugno, e con ogni probabilità anche il prossimo dicembre. Se seguite costantemente queste pagine l'album dovrebbe già essere nel vostro salotto. In caso contrario, urge provvedere quanto prima.

Bandcamp | Official website

venerdì 28 maggio 2021

Un venerdì da single: maggio 2021


Tanti volti noti nell'edizione di maggio!

David Myhr "And Now This"

David Myhr resta uno dei più importanti scrittori europei degli ultimi venticinque anni e sarei disposto a difendere questa tesi davanti ai critici più efferati. Splendente ai tempi degli inarrivabili Marrymakers, dopo un lungo periodo di iato Myhr ha rilasciato negli ultimi due lustri un paio di album che tutti ricordiamo bene. Del primo, "Soundshine", parlammo a tempo debito su queste pagine; il secondo, Lucky Day, uscì durante la nostra lunga pausa e ci siamo limitati ad ascoltarlo (e a cantarlo) per molti mesi. La formazione di Lucky Day, con il sommo Brad Jones a capitanarla, è di nuovo stata convocata per il nuovo EP "And Now This", un inaspettato ritorno alle origini power pop di "Bubblegun" anticipato dal favoloso singolo We Wanted To Shine. "Mi sono avvicinato solo di recente al mondo degli EP, su suggerimento di Brad Jones - ha detto David -, e devo dire che mi sto trovando alla grande. Questo è il primo di una trilogia, quello power pop. Il prossimo sarà quello acustico e il terzo chissà, aspettatevi di tutto, magari sarà quello drum'n'bass!". Paradossi a parte, non ci stupiremmo se a David riuscisse bene anche un'impresa del genere.

Nelson Bragg "I Want Love"

Tra le mille collaborazioni, partecipazioni e comparsate di cui è protagonista nell'universo pop, la più rilevante essendo quella di membro effettivo della touring band di Brian Wilson, il noto e ricercatissimo polistrumentista Nelson Bragg di tanto in tanto ritiene di esibire le proprie qualità da solista, seppur molto di rado. Due album, un terzo in collaborazione con Anny Celsi e il gran songwriter d'Irlanda Duncan Maitland nell'arco di una quindicina d'anni, e ora questo singolino, parte delle mai troppo applaudite infornate settimanali della Big Stir Records. I Want Love è una sontuosa riproposizione del classico di Elton John periodo Rocketman; l'autografa Lost All Of Our Sundays occupa in impeccabile stile sunshine l'immaginario lato B del singolino digitale. Entrambi i pezzi saranno inclusi nel nuovo album "Gratitude Blues", atteso - con la giusta trepidazione - per il prossimo settembre.

Joe Dilillo "Loser Girl"

Il noto produttore da Chicago, già in regia al servizio di Cheap Trick, Smokin' Popes e moltitudini di altri artisti locali e non, finalmente ha deciso di passare dall'altra parte del vetro. Aiutato niente popo' di meno che dai Lickerish Quartet, egli ha pensato che, almeno ogni tanto, riservare a sé stesso una tra le tante creature partorite non sarebbe stata una cattiva idea. Non sapendo quanto sporadica sarà l'operazione possiamo goderci Loser Girl, raffinatissimo pop d'autore nelle vesti di ballata dalle ingegnose progressioni melodiche, definita da chiccose finiture che potrebbero richiamare alla mente degli aficionados persino il Michael Penn di "March".

The Martial Arts "Getting Stranger By The Month"

Signori, questo è un ritorno coi fiocchi. I Martial Arts sono il progetto di Paul Kelly, autore scozzese negli anni coinvolto in altre prestigiose combriccole del sempre florido giro di Glasgow come BMX Bandits e Primary 5. Un progetto troppo spesso abbandonato: l'album "Your Sinclair", capolavoro immatricolato nel 2006, è stato per tredici anni l'unico vagito, peraltro clamoroso. Da qualche anno Kelly ha rispolverato lo pseudonimo: è del 2019 l'ep "I Used To Be The Martial Arts", giusto per rinfrescare la memoria, e ora è tempo di un nuovo mini, candidato al podio per la relativa classifica di fine anno. Power pop concepito da un talento che negli anni deve aver ascoltato le cose giuste, poi assemblare a questi livelli il miglior glam-pop dei seventies con certe estrosità al sapore Squeeze e qualche spruzzata wave è un altro paio di maniche. Altamente raccomandato.

Geoff Palmer "Many More Drugs"

Il New Hampshire continua a imperversare nell'universo del rock'n'roll americano, e sembra quasi che le due menti alla guida dei grandi e pluricitati Connection stiano facendo a gara per assicurarsi lo scettro destinato al re del garage-pop del New England. Già svariate volte abbiamo parlato del sommo Brad Marino, negli ultimi tempi prolificissimo anzichenò; stavolta è il turno dell'antico sodale Geoff Palmer, dominante nel 2019 con l'ottimo "Pulling Out All The Stops", disco peraltro condotto in un grandioso tour (anche europeo) nell'ottobre del 2019 con esiti entusiasmanti per chi, come scrive, ha avuto modo di stringere la mano ai membri della band. L'infuocato infuso è sempre quello: Stones più dediti all'anfetamina che ai tipici oppiacei miscelati in un'ideale speedball ad alto voltaggio con il miglior punk rock d'annata, che non dimentica di affezionarsi a melodie appiccicose come si conviene.

Dan Markell "Zoom In"

Bella scoperta questo Dan Markell, non ne avevamo mai sentito parlare e per fortuna ha pensato lui a contattarci. Zoom In, singolo che non sappiamo se sia destinato ad anticipare qualcosa di più corposo, è una traccia frizzante e bizzarra, barocca e stravagante; un coloratissimo frullato di Police, ELO, Jellyfish, certi XTC meno musoni e scanzonata raffinatezza pop all'ennesima potenza. Per la classe con cui l'autore azzarda l'improbabile pastiche il pezzo potrebbe persino richiamare i già citati, grandissimi Dowling Poole. Se solo gli utenti delle moderne sale da ballo apprezzassero la melodia eccentrica, parecchi dj verrebbero insolentiti dagli avventori richiedenti Dan Markell.

martedì 25 maggio 2021

Disco del Giorno: The Armoires "Incognito" (2020 - Big Stir)


Avevamo iniziato l'anno con il giusto piglio, e condotto inverno e buona parte di primavera in modo commendevole. Una fase colma di ritardi, vuoti, dischi accatastati sulla scrivania e arretrati non può tuttavia essere negata a UTTT, da tempo immemorabile il blog principe nel regno della procrastinazione. Spiace parlare solo adesso del nuovo disco degli Armoires, poiché in questo caso la tempistica, se non tutto, avrebbe rappresentato molto. "Incognito" è stato pubblicato ufficialmente il primo aprile, il famoso giorno del pesce, non a caso. L'uscita dell'album ha svelato uno scherzetto mica male ordito dalla coppia composta da Rex Broome e Christina Bulbenko, capi degli Armoires e - ormai dovreste saperlo bene - della benemerita Big Stir Records da Burbank, California.

  

In due parole, la storia è questa: com'è noto, Big Stir ogni santo fine settimana pubblica un singolo a doppia facciata digitale; singoli che a cadenza stagionale vengono raccolti nelle superbe "Waves" di cui abbiamo già avuto modo di parlare. Nel lungo periodo segnato dalla pandemia, un po' per diversivo e un po' per esplorare nuove strade e loro stessi, gli Armoires si sono divertiti a travestirsi: sotto mentite spoglie, ogni volta supportati da grandi artisti coinvolti nel gioco, essi hanno cambiato nome e celato l'identità, ma i cinque soggetti nascosti dietro a otto singoli tra quelli fatti uscire durante il lockdown erano proprio loro, gli Armoires. L'operazione, per il concetto costitutivo che ne ha dato il via, è molto interessante: Broome, Bulbenko, John Borack e soci ne hanno approfittato per esplorare sentieri che li hanno portati anche parecchio lontani dalla loro zona di confort ottenendo risultati eccellenti, e la varietà estrema della proposta non toglie un grammo di coerenza e coesione all'opera. Il condimento alla collezione, rappresentato da una manciata di opportune e riuscite cover, infiocchetta un pacchetto curioso e intrigante.

 

I primi due brani sono offerti dai fantomatici October Surprise: quello che dà il via al disco è una riuscita cover in salsa psichedelica del classico di John Cale Paris 1919, mentre (Just Can't See) The Attraction è un autografo frutto folk-pop. Poi entrano in scena i D.F.E., propensi ad addensare i livelli di crunch durante I Say We Take Off And Nuke The Site From Orbit. I sedicenti Chessie System, coadiuvati dal sempre eccellente Blake Jones, tuffano il disco in un abbeveratoio segnato dalla colonna sonora americana di Bagfoot Run e Homebound, e gli Zed Cats, da par loro, spostano il tiro sull'asse sixties garage organistico con Jackrabbit. Non è finita, poiché la platea aspetta ancora gli interventi dei clamorosi Gospel Swamps, abilissimi a maneggiare la complessa materia guitar pop in Great Distances, nonché dei Ceramic Age - il disegno in cui la mano degli autori Armoires è meno dissimulata - protagonisti nella rilassata ballata brit pop Ohma, Bring Your Light Into This Pace e nella sublime fillastrocca sessantesca Magenta Moon.

 

Gli strepitosi tributi a 20/20 e XTC nelle interpretazioni di The Nigt I Heard a Sream e Senses Working Overtime sono il fiocco su un disco estroso e ricchissimo, che spazia tra campi molto diversi tra loro eppure risulta pieno, consistente, omogeneo come pochi. Un album figlio di un'idea molto interessante, in cui gli Armoires dimostrano di saper trattare i mille rivoli della musica pop con intelligenza e luminose capacità scrittorie.

Big Stir Records | Bandcamp

venerdì 30 aprile 2021

Un venerdì da single: aprile 2021


Sandy McKnight with Fernando Perdomo "San Fernando Blitz"

Continua la proficua collaborazione tra lo storico bassista da Albany Sandy McKnight e il losangelino Fernando Perdomo: dopo l'ottimo "San Fernando Beat" uscito lo scorso anno ecco il quasi omonimo, e di molto migliore, "San Fernando Blitz", già candidato alle posizioni calde nella classifica di categoria 2021. Sei pezzi, lanciati da un uno-due iniziale destinato a rimanere impresso a fuoco nelle menti di molti: Living On The West Side è talmente coinvolgente a livello lirico da sostenere quello che pare un unico, esteso ritornello di due minuti e venti secondi pensato da Nick Lowe, e la successiva C'Mon C'Mon, esaltata dal grande lavoro chitarristico di Perdomo, vanta un pressing armonico volendo anche costelliano persino anomalo. Gli altri brani, anche quando il ritmo si attenua, concorrono a formare un dischetto che sareste folli a lasciarvi scappare, se è vero com'è vero che seguite queste pagine.

Kai Danzberg "Only You"

Il prolifico polistrumentista tedesco ha fatto sapere che quest'anno non ci dobbiamo aspettare un nuovo album, e vista l'abbondantissima produzione degli ultimi tempi un po' di riposo se lo è meritato. Ma quale riposo? Con le mani in mano Kai non sa sa stare, figuriamoci in confinamento, e allora un singolo digitale concedeteglielo, per far passare i mesi bui. Poco avvezzo a farsi inquadrare in un recinto di genere - "uno spreco, con tutte le cose belle che si possono suonare" - Kai stavolta ha optato per un giro sulla giostra bossanova: Only You è un brano improntato su scelte stilistiche azzardate ma nondimeno convincenti, anche perché la potenza canora, e l'intuito melodico, il solito, anche in questo caso imbottiscono il brano a livelli esponenziali.

The Foreign Films "The Fortune Teller (Pretty In The City)"

Il genietto Bill Majoros da Hamilton, Ontario, regista da ormai tre lustri e più dietro la cinepresa dei Foreign Films, sta guadando un periodo di creatività travolgente. Tra il primo disco, quel "Distant Star" che tanto follemente amammo nel 2007 e il successivo "The Record Collector", Majoros ha lasciato passare un tempo talmente lungo da annebbiare quasi il ricordo della pellicola. Poi gli argini si sono rotti: "Record Collector", appunto, nel 2018, "Ocean Moon" nel 2020 e ora questo singolo, non altro che un antipasto per iniziare ad assaporare "Starlight Serenade", quarto disco di studio in uscita il prossimo ventisette agosto. "Una traccia per portare in viaggio chi ascolta - ha detto Bill -, per illuminare l'anima. Per infondere un po' di bellezza e magia in un mondo dal cuore spezzato". Fortune Teller è una gemma, le premesse al prossimo passo lungo sono perlomeno discrete: ricchezza, eleganza e qualche vezzo dal sapore ELO in quattro minuti di pop d'autore miscelato a puntino.

Jim Trainor "Truth"

Truth è un gran pezzo, ma soprattutto un grande annuncio: "Staring Down The Sun", il tanto atteso lavoro lungo di Jim Trainor, ormai un habitué da queste parti, sta finalmente per uscire. La data da segnare in rosso sul calendario è quella di lunedì 3 maggio, l'attesa è stata lunga ma quasi esaurita. Nel corso dello scorso anno abbiamo potuto tessere lodi sperticate al singolo Sometimes e al grandioso EP "Half Glass Full", e Truth è un apripista che non delude le aspettative. Power pop al suo ispiratissimo meglio, fondato su una strofa di filologica ricerca Taxman pronta a esplodere in un ritornello di pura potenza melodica. Se gli standard dell'opera prossima saranno questi, e perché dovemmo dubitarne, la classifica sul meglio dell'anno avrà un inquilino pregiato alquanto.

Brad Marino "What Do You Know?"

Altro nuovo album in rampa di lancio per un altro amico di famiglia di UTTT. Altro nuovo singolo apripista, anche, e che singolo! Co-leader insieme al ben noto Geoff Palmer di quella fucina di talenti dal New Hampshire chiamata Connection, Brad è forse addirittura più prolifico dell'esimio socio. "False Alarm" è finito sul podio dedicato ai migliori singoli ed EP del 2020, anno in cui Mr.Marino ha pure contribuito alla saga dei rifacimenti ramonesiani, interpretando con successo un album insidioso come "Subterranean Jungle", ma adesso è già tempo di guardare avanti. Il punk rock stonesiano al solito alto voltaggio proposto da What Do You Know è stato scelto come primo estratto del nuovo lavoro di studio "Looking For Trouble", in uscita proprio oggi e già caldo sulle piastre per allietare le prime feste etiliche post-lockdown.

The Bishop's Daredevil Stunt Club "Tremor Control II"

Io faccio fatica a star dietro alla discografia in continuo aggiornamento del terzetto di Chicago, non so voi come ci riusciate. Tremor Control II è già il secondo singolo rilasciato dalla band nel 2021, per fortuna arrivano buone notizie. I Bishop's Daredevil Stunt Club sono stati definiti un generatore automatico di power pop da qualche parte sospeso tra Cars e Sloan: l'ultimo nato dà ulteriori conferme alla definizione, ma aggiunge una bella cucchiaiata di gradita epica Queen in salsa glam. Non crediamo di dover attendere troppo la prossima portata.

The Weeklings "April's Fool"

Il pezzo è stato naturalmente scritto per celebrare la dubbia festività del primo aprile e noi siamo in ritardo nel parlarne, ma il "Venerdì da Single" è organizzato così, cosa volete farci. In ogni caso, sembrava sgarbato non parlare del nuovo singolino della retro-band dal New Jersey, che a meno di un anno dall'uscita dell'acclamato "3" stempera l'attesa per il nuovo album con un'altra canzoncina abilissima a dimostrare, qualora fosse ancora necessario, l'assoluta abilità del quartetto nel maneggiare con tatto, credibilità e stile la miglior beatlemania d'annata. Completo e cravatta, conveniamo, raccomandando però scarpe morbide: si potrebbe dover ballare.

Fuzzed Out "Sitting With My Back On The Wall / My Own Worst Enemy"

Impossibilitati a girare per palchi, gli Sloan stanno sfruttando il tempo libero per dar sfogo alle molte canzoni accumulate negli anni e rimaste senza album, vista la sovrabbondanza di scrittori (e scritture) che bazzicano la banda di Halifax. Abbiamo ascoltato di recente il nuovo, ottimo disco dei Tuns di Chris Murphy, magari ne parleremo più diffusamente: per la stessa etichetta, la Murdercords, esce ora il singolo digitale a due tracce di Patrick Pentland, su coordinate leggermente diverse perché più rumorose. "Di solito abbiamo tre pezzi a testa sugli album degli Sloan - ha fatto sapere Pentland -, ma io tra un disco e l'altro ne scrivo almeno il quintuplo, quindi Fuzzed Out è un buon modo per far vedere loro la luce". Le melodie ci sono ancora eccome, ma la rotella dell'amplificatore è stata girata non di poco in senso orario. Suona tutto Patrick, eccezion fatta per la batteria, affidata a Dean Bantley. Più Sloan anche in assenza di Sloan, sicuramente un'altra buona novella.

martedì 27 aprile 2021

Disco del Giorno: The Sails "Bang! The Best Of The Sails" (2021 - Kool Kat)


I Sails sono la creatura di Michael Gagliano. Michael Gagliano, celandosi dietro lo pseudonimo Sails, era stato parecchio attivo nella seconda metà degli anni zero del terzo millennio. Due dischi sulla mitologica e compianta Rainbow Quartz di New York, più un import giapponese niente male. Poi una pausa, perché Galiano aveva altro da fare: interpretare John Lennon nel celebre musical itinerante "Let It Be", nello specifico, con tappe nei teatri dove i favolosi quattro avevano suonato per davvero. Nell'ultimo anno e mezzo Michael ha ripreso in mano il giocattolo e pubblicato addirittura due dischi, "Hot Mess" (2019) e "Dr. Michael's Medicine Bag" (2020). In pandemia il flusso creativo è aumentato esponenzialmente di portata, e sono arrivati altri singoli digitali, perfetti per risvegliare, soprattutto in Albione, la brama di Sails.

 

A quanto pare dovremmo attenderci qualcosa di nuovo entro la fine di quest'anno, massimo all'inizio del prossimo: intanto Ray Gianchetti ha deciso che sarebbe stato opportuno rinverdire i fasti degli antichi album fuori stampa, e ha pubblicato Bang!, il meglio dei Sails in più di quindici anni di onoratissima, ancorché saltuaria, carriera. La copertina dell'antologia dice abbastanza, anche se non proprio tutto. Caschetto, giacca e cravatta e frecce adornanti il nome sono la quintessenza della percezione che l'uomo della strada ha dell'estetica mod, e se parlare di mod revival quando ci si riferisce a una certa maniera del suono ha ancora - se l'ha mai avuta - una qualche rilevanza, essa s'incontra subito, nei paraggi di The Slow Down. Figlie di simili padri, ma percorrenti strade diverse, risultano essere anche la notevolissima title track, pervasa però d'influenze mersey soprattutto nel comparto armonico, In My Head, erede legittima di alcuni Small Faces proto-jangle, nonché The Losers, debitrice consapevole dei patriarchi Who. 

 

Le meticolose armonizzazioni di numeri più teneri quali Best Day e She's All That Matters lustrano la cornice del salotto dove troneggiano Everly Brothers e i primissimi Hollies, anche se i due brani preferiti sono in qualche modo posizionati sui versanti opposti della raccolta: I'm Only Bleeding, già miglior pezzo dell'anno 2010 per l'Underground Garage di Little Steven, è una tirata psichedelica incitata da un gran drumming keithmoonesco; Peter Shilton, dedicata a chi sapete bene, è una gemma jangle come se ne trovano poche, pure in un periodo fiorito per il genere come quello che stiamo attraversando. Una collezione essenziale per i lettori che ai tempi belli mancarono i Sails, in attesa discretamente trepida del promesso nuovo album.

lunedì 19 aprile 2021

Disco del Giorno: 3 A.M. Again "Come Back From The Sun" (2021 - Subjangle)


Probabilmente non avrete mai sentito parlare di 3 A.M. Again, ma di sicuro avete già letto di Michael Telles, nome apparso su queste pagine in passato, se avete prestato attenzione. L'insegnante del Massachussets fino alla scorsa estate si celava dietro lo pseudonimo Night Heron, e proprio dieci mesi fa non ci è stato difficile tessere le lodi di "I Heard You Dreaming", raffinatissima compilazione raccogliente l'opera omnia della vecchia versione di Telles. Cambiato nomignolo causa imperscrutabili questioni legali, l'autore ha invece tenuti ben fissati al proprio credo i criteri artistici che avevano definito la sua opera precedente, stile grafico compreso, come si può facilmente notare.

La benemerita Subjangle, etichetta di genere al momento faro della scena, con "Come Back From The Summer" ha replicato l'operazione "I Heard You Dreaming": un'altra antologia tesa a fare ordine e a facilitare la divulgazione discografica, stavolta racchiudente l'album "Forever Ending" e l'EP "Razed In Retreat", entrambi editi nel 2020, oltre a una generosa manciata di inediti. Da Michael Telles ormai sappiamo cosa aspettarci, e lui non delude: anche in quest'occasione l'ascoltatore sarà beneficato da una sequenza di brani acustici e tiepidi, tra etereo folk cantautorale, dream pop riservato e tenue psichedelia da contemplazione serale estiva. 

 

"Quiet Is The New Loud", la calma piatta come espressione massima di caos vivissimo, fu la locuzione erta a manifesto del movimento acustico d'inizio millennio; movimento in cui Telles si sarebbe trovato a casa. Magari, dopo aver bussato, avrebbe potuto esibire a mo' di biglietto da visita I Can Always Tell The Difference, non sappiamo quanto loud, sicuramente cosuccia quieta ai massimi livelli con un po' di jangle a fare da guarnizione. Rispetto ai più famosi alfieri di quel consorzio, Telles è più vago, più ondivago: Subjects And Objects e Here Comes The Rain sono nuvole stracciate perse nell'iperspazio esattamente come Not Willing, in cui fa capolino persino una rara, per quanto tenue, distorsione.

 

Driving Into Town e soprattutto Every Move valgono come classici esempi del peculiare dream pop acustico marchio di fabbrica della casa, mentre Painted From A Moving Train, No Help When You Were Young e la meravigliosa Hear It Ring sono altre gemme intarsiate di delicatissimo folk acustico. Un pizzico di pacata psichedelia è offerta da Bring Me Out; la tipica spolverata di strumentale bucolica da Frank And Mary e Bound To Sink. La perfetta ciliegina ha il suono di I'll Go Where I'm Needed e Does It Help?, binomio consacrato alla sei corde acustica che avrebbe fatto la sua bella figura incastonato in un sampler del 2001 tra Turin Brakes e I Am Kloot. "Come Back From The Summer" è disco da meditazione, buono per guardare i bambini giocare in una serata di tarda primavera. E un'altra operazione lodevolissima per la benemerita Subjangle di Darrin Lee.

Bandcamp | Jangle Pop Hub

lunedì 5 aprile 2021

Radio Tangerine #6


Il meglio del rock'n'roll melodico indipendente pubblicato nelle ultime settimane è Radio Tangerine!

martedì 30 marzo 2021

Disco del Giorno: Dolph Chaney "This Is Dolph Chaney" (2021 - Big Stir)


La veste grafica ricorda in pieno quella del classico best of, con i titoli delle canzoni messi in bella mostra sulla copertina frontale, eppure "This Is Dolph Chaney" è un disco vero e proprio, o forse no. Lodato dalla critica per l'ultimo album di studio "Permanent Rebuild" pubblicato proprio da Big Stir lo scorso anno, Dolph Chaney si è deciso a riprendere in mano qualche tonnellata di brani accatastati in magazzino nelle ultime tre decadi da scrittore. Li ha risuonati, selezionati, e i prescelti sono stati sottoposti a un vero restyling, a nuovi arrangiamenti, prima di essere affidati alle cure di un produttore vero, che nell'occasione, come in molte altre nell'ultimo periodo, ha le sembianze di prezzemolino-Nick Bertling, qui impegnato anche come polistrumentista. Il risultato è la raccolta di cui abbiamo il piacere di parlarvi oggi, che visti tutti gli annessi e connessi della vicenda risulta in tutto e per tutto essere un album nuovo di zecca.

 

L'etica fai da te che volente o nolente Chaney ha adottato negli ultimi trenta e più anni per molti versi continua a caratterizzarne le opere, nonostante il trattamento di bellezza loro somministrato. "Quando ho un'ispirazione scendo subito nello studio in taverna - ha avuto modo di dichiarare l'autore -, e cerco di catturarne l'essenza immediatamente, per preservarne la purezza, non importa se lo studio di registrazione e gli strumenti non sono di pregio assoluto". Il risultato di tale deontologia è sotto gli occhi di tutti, apprezzabile anzichenò: "This Is Dolph Chaney", in effetti una bella panoramica su gran parte della vita dell'artista, è una sequenza di canzoni raffinate, ben studiate e ben composte, che dicono molto sulle scelte dell'uomo, non solo a livello musicale. Un disco per adulti, avrebbero detto in altri tempi: adult oriented rock, per la precisione, rifinito, pensoso, riflessivo, anche quando si alzano i volumi delle chitarre. E bisogna dire che la varietà nella proposta non manca, anzi.

 

Status Unknown apre la trafila tra dissolvenze acustiche e lontani echi ipnotici, introducendo l'ascoltatore ai molti tumulti interiori che si incontreranno strada facendo. I Wanted You, sulla quale cadrebbe la nostra scelta dovessimo indicare un potenziale singolo, è un atto d'accusa, e una presa di coscienza, laddove il nemico da sconfiggere è la relazione tossica, dalla quale sarebbe meglio fuggire anche quando si fa di tutto per non scappare. Il brano è un eccezionale esempio di quanto Dolph sappia maneggiar bene sei corde e ritmi sostenuti, e ci ricorda le grandi pubblicazioni di Nick Piunti nonché i migliori momenti del Bob Mould solista, eroe confesso dell'autore.

 

Su simili coordinate chitarristiche muovono anche le lodevoli My Good Twin e Scales, con l'ultima abile a richiamare anche il Michael Stipe più rauco nell'esecuzione vocale, ma Chaney sa ampiamente il fatto suo anche (soprattutto?) quando si tratta di decelerare, come dimostrato dai toni tenui, sensibili e meditativi di Beat It, Meaningless e Under The Overpass, tutte a trazione acustica. Now I Am A Man, consuntivo esistenziale e timbro sull'avvenuta maturità non troppo inseguita, ma piuttosto imposta dalla dura realtà - "I had my firstprostate exam" - aggiunge un' introduzione jangle a un brano da modulazione di frequenza anni '80; Worship Song alza di nuovo il cursore dell'amplificatore per ricordare l'ultimo Mathhew Sweet; Cuddle Party è una frazione new wave adornata da linee di synth tanto sublimi nella loro semplicità. E come non citare la rimbalzante Pleasant Under Glass, dall'irresistibile incedere country per giunta adornato da cori a cura dei grandi Vapour Trails? Chiude i conti un'altra gemma pacata e psicologica come Graveyard Shift, perfetta chiosa di un disco piuttosto cerebrale, ponderato, cogitabondo, anche se le domande, alla fine del percorso, continuano a essere molto più numerose delle risposte. 

venerdì 26 marzo 2021

Un venerdì da single: marzo 2021


Puntuale, come ogni ultimo venerdì del mese, arriva il nostro contenitore dedicato a 7", singoli digitali, mini, Ep, anticipazioni di album futuri e insomma, lo sapete: tutte le pubblicazioni che vantano meno di sette tracce trovano asilo in "Un Venerdì da single". Si ringrazia la modella Vicky per essersi prestata allo shooting per la foto di copertina.

The Easy Button "Waiting Room"

Torna la band di Tampa, Florida, a un anno di distanza dal gradevolissimo lavoro lungo "Some Bands Have All The Fun", che ha finito per occupare una posizione ragguardevole nel nostro best of 2020. Di quel disco Waiting Room avrebbe potuto tranquillamente far parte, e gli Easy Button con il nuovo singolo proseguono decisi sulla strada tracciata: pop/rock d'impasto collegiale, caratterizzato da chitarre sostanziose e da melodie a tratti angolari sempre sul punto di esplodere in ritornelli memorabili, pronte a entrare nelle grazie dei numerosi lettori ossessionati da Weezer, Ultimate Fakebook, Snug e da tutto quel sottobosco pre-emo che raggiunse il proprio periodo di massima fertilità nella seconda metà degli anni '90.

Peaces "Heathens Of Love"

Leggendo il nome Peaces abbiamo avuto un sussulto: non saranno per caso riapparsi i tre newyorchesi che nel lontano 2006 se ne uscirono con il mastodontico "Is/Are Was/Were" scomparendo nel nulla un secondo dopo? Purtroppo no, questi Peaces sono tedeschi, ma i quattro brani che compongono "Heathens Of Love" consolano non poco. Pop chitarristico dalle marcate influenze jangle e almeno un pezzo - la tite track - abile a imporre ai nostri recettori uno stato di fame incontrollabile: quattro pezzi sono troppo pochi, speriamo l'EP sia prodromico a un piatto più ricco da divorare a breve.

Octubre "Epílogo"

Avevamo avuto la fortuna di scoprire gli Octubre, gruppo spagnolo di Murcia, assistendo alla loro brillante performance a Liverpool, nel corso dell'edizione 2015 dell'International Pop Overthrow: fu amore a prima vista. In quell'occasione acquistammo "Todo Se Lo Lleva El Viento", il loro terzo album di studio immatricolato nel 2014, che ci impressionò per la naturalezza con cui le melodie zuccherosissime pur ben distanti dallo stucchevole sgorgavano dalla penna del quartetto. Un ulteriore disco lungo, "Mouseland", fu rilasciato proprio nel 2015, poi un silenzio durato quasi sei anni. Questo nuovo EP non si discosta dalla tradizione del gruppo; quattro brani power pop d'infatuazione sessantesca laddove la componente pop è decisamente preponderante, tra i quali spicca La Huida, pezzo istantaneamente memorabile sorretto da un gran gusto nel lavorio delle nostre chitarre favorite. Auspicando solo che "Epilogo", il titolo del dischetto, non sia profetico.

Caper Clowns "I'd Be Me"

La band danese è pronta a pubblicare il terzo album di studio, che si chiamerà "Abdicate The Throne" e vedrà la luce il prossimo sette maggio. I ragazzi lo stanno lanciando in grande stile: quattro i singoli apripista, roba da major anni degli anni d'oro. L'ultimo, I'd Be Me, è stato rilasciato qualche giorno fa, ed è un'altra promessa per un disco definito dall'ufficio stampa "più ambizioso, ampio, audace dei precedenti due", che poi sarebbero "The Buca Bus" (2016) e "A Salty Taste To The Lake" (2018). A quanto pare nella nuova opera ascolteremo "rock, pop, country, musica classica e tutto quello che sta in mezzo": non nascondiamo una certa curiosità. Nel frattempo, I'd Be Me è un'altra gemma di raffinato pop vocale, cesellata a puntino per soddisfare i molti seguaci di Crowded House, Michael Penn e... John Lennon abituati a seguire questa pagina.

The Hard Way "New To You"

Gli Hard Way sono sostanzialmente Matt Wilczynski. Egli canta e suona chitarre, basso, pianoforte e batteria, invitando qua e là numerosi ospiti a tenergli compagnia. Un talento vistoso ed eccentrico, sia inteso l'aggettivo nell'accezione più positiva possibile. "New To You" è un ambiziosissimo EP di cinque pezzi, ognuno dei quali conserva una sua particolare indipendenza. Walls & Bridges è apertura di gran classe definita da una precisa chitarra slide e dalla voce tracimante sentimento di Wilczunski, non troppo dissimile da quella che ha reso un Dio sotterraneo Steve Eggers dei Nines, mentre il chorus affonda i piedi nel sostrato melodico dell'Album Bianco. Note To Self vanta una scrittura di primissimo livello, opportuni cori opacizzati e una linea di pianoforte memorabile. Open Cage rimane ancorata a una grande melodia che riesce a tener sotto controllo qualche azzardo epico, e la strumentale Wormtown Underground non disdegna arrangiamenti che sconfinano nei territori funky di basso e fiati. Sunshine, acustico finale, trasuda caloroso soul secondo la ricetta classica dei Doobie Brothers, chiudendo un dischetto elegante, studiato in ogni minimo dettaglio, pieno di cose belle, da maneggiare con cura. 

Mo Troper "The Perfect Song"

Abbiamo parlato di Mo Troper e del meraviglioso album "Natural Beauty" alla fine dello scorso inverno: il suo terzo lavoro lungo, debutto per la Tender Loving Empire, ci aveva impressionato alquanto. Nel frattempo il cantautore di Portland ha pubblicato un tributo integrale a Revolver e, proprio alla fine dello scorso anno - ci si perdoni il ritardo - questo commovente singolo digitale dedicato alla memoria di Adam Schlesinger, il leader degli inarrivabili Fountains Of Wayne ucciso dal Covid lo scorso aprile. "You wrote the perfect song / it gets stuck in my head all day long" canta Mo Troper idealmente inginocchiandosi al cospetto di uno tra i più grandi songwriters di tutti i tempi. The Perfect Song è una sentita, brillante, dolcissima canzone indie pop fai da te, registrata a casa di mamma. Un brano scritto da una penna sempre tra le più ispirate del momento, che non potrà non commuovere chiunque sia ancora provvisto di cuore e memoria.

giovedì 25 marzo 2021

Disco del Giorno: The Boys With The Perpetual Nervousness "Songs From Another Life (2021 - Bobo Integral/Kool Kat)


Torna a due anni di distanza dal fantastico "Dead Calm" la coppia formata dal popster scozzese Andrew Taylor (Dropkick) e dal basco Gonzalo Marcos (El Palacio de Linares), superbi protagonisti di un progetto in regime di distanziamento sociale ben prima che l'obbligo imposto dalla pandemia diventasse prassi planetaria. Sempre titolari  di uno tra i nomi più belli del panorama musicale, ovviamente preso in prestito dalla traccia inaugurale di "Crazy Rhythms" dei grandissimi Feelies, il duo ha da poco rilasciato un nuovo album che scalderà parecchio i cuori e le viscere dei molti appassionati di Rickenbacker-pop soliti a frequentare queste pagine. Taylor e Marcos sono due autentici campioni quando si tratta di maneggiare la materia jangle, e "Songs From Another Life" si candida con tranquillità al titolo che verrà assegnato al miglior disco tematico dell'anno.

 

I Boys With The Perpetual Nervousness suonano e scrivono come suonano e scrivono i britannici quando sono colti dall'uzzolo d'ispirarsi al lascito dei Byrds e dei figli illegittimi di questi ultimi, quelli che prosperavano, chi più chi meno, nel sud-est degli Stati Uniti negli anni ottanta: la ciurma di Mitch Easter, i Windbreakers e, naturalmente, i REM della prima decade. Tutti ingredienti di prima qualità, ma non basta avere il borsellino pieno e fare la spesa da Peck per servire un piatto gourmet: Taylor e Marcos ci riescono perché conoscono a menadito la materia e sanno scrivere, modestamente, da Dio. L'apertura, azzeccatissima, è affidata a I Don't Mind, sostanzialmente un unico ritornello lungo un minuto e quaranta secondi che svela gli altri sospettatissimi numi tutelari della band, i Teenage Fanclub. Play (On My Mind), il primo singolo estratto dal disco, è una perla byrdsiana di clamorosa precisione filologica ancor più della pur eccelsa How I Really Feel, che troviamo più avanti nel cammino.


Se Can't You See dà una vaga idea di quello che sarebbe potuto diventare John Davis avesse avuto una maggiore propensione acustica, e Waking Up In The Sunshine  è tiepida di Fannies melanconici periodo Songs From Northern Britain, i ragazzi perennemente nervosi, nome in ossimoro con la musica proposta se ce n'è uno, tirano fuori il jolly con Rose Tinted Glass, pop figlio di genitori vestiti di camicie a scacchi che ricorda le migliori cose tirate fuori negli anni (ma toh?) proprio dai Dropkick.


I riff di chitarra, una volta tanto più frizzanti, adornati da appropriatissimi synth in Summer e la conclusiva ballata britpop In Between sono altre due chicche abili a impreziosire un grande album d'incantato jangle pop, perfetto per passare le prossime sere d'estate. "Songs From Another Life" è forse troppo bello per essere così breve, sotto i trenta minuti di durata complessiva: vorrà dire che lo faremo girare molte volte in questi mesi.

sabato 20 marzo 2021

Disco del Giorno: Jeremy Porter and The Tucos "Candy Coated Cannonball" (2021 - GTG Records)



La coda dell'inverno sta facendo pagare carissimo l'imminente arrivo della primavera, e il vento gelido con cui sta spazzando le sue ultime giornate ricorda i saccheggi delle città perpetrati dall'esercito in rotta durante la ritirata. Meglio chiudersi in casa davanti allo stereo dunque, anche perché in rigoroso regime di lockdown non ci sono molte alternative. Tra le poche, ascoltare dischi nuovi è sicuramente tra le opzioni migliori, e l'ultimo lavoro di Jeremy Porter And The Tucos è stato mandato dalla provvidenza per salvare il weekend.

In un'era il cui inizio si perde ormai nella remota memoria segnata dalla perdurante assenza di live, "Candy Coated Cannonball" rappresenta un meritato toccasana. La cartella stampa abbinata al disco, citandone le influenze, parla di classico power pop americano tra Cheap Trick e Plimsouls, di roots rock di retaggio Parsons-Tweedy, di punk figlio degli X e di certo rockabilly. Ci si può trovare d'accordo, più o meno, ma le sensibilità di ognuno non sono sindacabili. Di certo il gruppo sa fare molte cose, prima fra tutte accelerare e decelerare con sapienza, sferragliando con riff affilati e voci insolenti un attimo prima; seducendo con lunghe ballate acustiche un secondo dopo. Proprio come i migliori gruppi che frequentavano i vostri abbeveratoi preferiti ai tempi belli, tornando alla considerazione di poco fa.

Nel vario repertorio esposto sono soprattutto due le anime che spiccano: quella elettrica e aggressivamente melodica debitrice di Robin Zander, Paul Westerberg e Evan Dando e quella pacata e cantautorale, sovente intarsiata di elementi tratti dal vocabolario alt.country che Porter sa maneggiare molto bene. Insieme ai Tucos - al momento Bob Moulton al basso e Gabriel Doman alla batteria - Jeremy apre il fuoco con Put You On Hold, episodio che rende grande onore a Detroit, città d'origine del trio, e al suo proverbiale sound. Definito da una competente farfisa, il brano è fatto d'intenso garage'n'roll e sa di Stooges, appunto, di quelli intenti a cibarsi di una dose di speed più cospicua del normale.

   

 Il passaggio successivo tocca a Dead Ringer, che pare un mid-tempo dei Replacements e fa del sintomatico ritornello un vero e proprio vanto ("She's a dead ringer for a pop singer i fell in love with on a record sleeve - applausi), ma il meglio arriva più avanti: Upward Trend e What Could Be In That Box sono pregne di richiami al libro classico del power pop americano di cui sopra, mentre Downriver Song, October Girls e soprattutto la meravigliosa Zipper Merge dimostrano la naturalissima propensione di Porter nel maneggiare la miglior popicana di casa. Non potendo farne a meno, segnaliamo anche il prezioso e cantilenante intermezzo History Lesson, Part III, un altro capolino di Paul Westerberg in Stunned e l'incisiva chiusura delegata a Girls Named Erica, durante la quale la proverbiale prestanza muscolare dei Cheap Trick si fonde con un sagace songwriting al gusto Lemonheads.

 

Non c'è molto altro che possiamo aggiungere per definire ancor più precisamente il disco del giorno. "Candy Coated Cannonball", a volte correndo, altre passeggiando meditabondo, finisce per essere semplicemente un bel disco di rock americano, abile a pescare dalla tradizione evitando che questa si trasformi in un dogma invalicabile. I poster in cameretta, poi, sono quelli giusti.

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domenica 14 marzo 2021

Disco del giorno: artisti vari "The Boy Who Paints Rainbows. A Colorful Tribute To Television Personalities" (2021 - Paisley Shirt)


Ci piacciono le idee strambe e da tempi non sospetti adoriamo i Television Personalities. Ciò premesso, nel quartier generale di UTTT abbiamo da settimane un sorriso a trentadue denti stampato sul volto, dopo aver ascoltato il bizzarro tributo alla banda capitanata dall'inarrivabile Dan Treacy oggetto della discussione odierna. Tutto è al posto giusto in questa lodevole iniziativa, a partire dall'etichetta editrice, quella Paisley Shirt che ormai abbiamo imparato a seguire con discreta costanza  e che proprio da un pezzo dei TVP's trae il meraviglioso nome. "The Boy Who Paints Rainbows" è un tributone (addirittura ventisei pezzi) molto variegato nella proposta dei tributanti, le cui performance sono comunque legate da una comune estetica lo-fi.

 

Figlia di un processo di stampo amatoriale, la raccolta finisce per essere uno degli omaggi migliori a una band che abbiamo potuto ascoltare negli ultimi tempi, e d'altra parte va detto che il materiale su cui lavorare era di discreto livello. Tanti gli highlights che ci sentiamo di segnalare: dalla splendida apertura affidata a Yoan and Miles, autori di un'amorevole versione di Smashing Time, allo strepitoso trattamento Vibrators riservato dai Basic Shapes a Geoffrey Ingram; passando per l'intensa veste beat cucita dai Pastel De Nada a Silly Things Lovers Do e arrivando alla conclusione opportunamente incarnata da Picture Of Dorian Gray, lucidata di pop e celestiali armonizzazioni dai Catherines, che rendono omaggio a una meravigliosa canzone nell'episodio forse a fedeltà meno bassa del lotto.


Come detto, non sono pochi i piacevoli azzardi in elenco. Il caro, vecchio Dan, personaggio libertario se ce n'è uno, apprezzerebbe la sgangheratissima I Hope You Have a Nice Day suonata dai Rip Florance, ma anche la chiassosa interpretazione proposta dall'affidabilissimo R.E. Seraphin (il cui ottimo disco d'esordio "Tiny Shapes" ha occupato un posto di riguardo nella nostra classifica sui migliori album del 2020) in This Time There's No Happy Ending, oltreché la straniante A Day In Heaven offerta dai Satellite Jockey.

   

Sono accorse band da tutto il mondo a innalzare una statua a Mr. Treacy, ma la rappresentativa di gruppi francofoni è particolarmente corposa. Alcuni di essi hanno inteso utilizzare la lingua madre nelle loro prestazioni, con risultati inattesi, ci permettiamo di dire. Dall'azzardata mischia emergono di certo il collettivo sintomaticamente chiamato France Profonde, presente con Je Sais Ou Syd Barret Vit (I Know Where Syd Barrett Lives) e soprattutto tali Osaka Camping, i quali prendono Look Back In Anger (ribattezzata Je Regarde En Arriere) e la restituiscono irriconoscibile, avendole praticato un lifting che la fa somigliare a un inedito di Edith Piaf.


Il sottotitolo della compilation recita "A colorful tribute to Television Personalities" e la descrizione rende bene l'idea. Una sequenza d'interpretazioni variopinte, ispirate anche nell'imprevisto, carica d'amore per un artista vero, geniale, unico nel suo genere. Un tributo che ha senso: non molti ne hanno. Gradevolissimo da ascoltare di per sé, e un ottimo motivo per correre a ripassare l'intera discografia dei Television Personalities, uno dei cinque gruppi più sottovalutati di tutti i tempi.

mercoledì 10 marzo 2021

Disco del Giorno: The Airport 77s "Rotation" (2021 - autoprodotto)


Preso il nome in prestito dal noto disastro aereo cinematografico diretto da Jerry Jameson, gli Airport 77s regalano agli aficionados il primo ottimo disco del 2021 per la categoria power pop storico. Power pop e new wave, direbbe il filologo classico, nell'infusione tra due generi dai contorni ancora sfumati nel 1980, epoca a cui inesorabilmente si riferisce "Rotation", il primo lavoro del gruppo. Un disco breve - appena otto tracce - e fatto di brevi canzoni dal tiro micidiale e immediato, musicalmente ispirate ai sospettatissimi Motors, 20/20 e Jags ma infine personali, soprattutto per merito dello stile canoro, teatrale anzichenò, esibito da Andy Sullivan, nelle cui corde vocali si incrociano gli eclettismi di Cal Everett, John Burton e, perché no, Joe Pajamas.


L'incipit del disco, sempre un momento delicato, è affidato a Christine's Comin' Over, pop chitarristico calato mani e piedi tra il 31 dicembre '79 e il capodanno del 1980: le chitarre sibilano su una sezione ritmica pressante, e il timbro vocale, in pari misura melodico e aggressivo, svela il figlio prediletto tra quelli che abitano il pantheon, le cui fattezze non possono non essere quelle di Paul Collins. L'autoproclamato, peraltro a buona ragione, "Re del power pop" sarebbe fiero di vedere recepita la propria lezione durante la splendidamente titolata (When You're Kissing On Me Do You Yhink Of) James McAvoy, uno dei punti salienti dell'opera, dedicata a chi almeno una volta nella vita (e a chi non è mai capitato?) ha avuto la netta percezione di non essere necessariamente l'obiettivo finale della ragazza che gli dedica qualche attenzione.


Proseguendo, il riff di Shannon Speaks è vistosamente debitore della ritmica strummeriana, mentre Wild Love sequestra i Cheap Trick epoca Dream Police e riserva loro un gradito trattamento glam intensamente chitarristico. Il mito Paul Collins aleggia come un santo protettore sulle spalle del trio, e in effetti All The Way e Make It Happen gridano a gran voce il proprio amore per "The Kids Are The Same". A guarnire il tutto una riuscita cover di Girl Of My Dreams, inno di genere consegnato alla storia da Bram Tchaikovsky, per segnare ancora una volta i confini di un album che sa ciò che vuole e come ottenerlo. I cultori della materia possono gettarsi su "Rotation" senza timore di farsi male.

venerdì 5 marzo 2021

Disco del Giorno: Emperor Penguin "Corporation Pop" (2021 - Kool Kat)


Ci mettiamo tutto l'impegno possibile per intercettare le migliori uscite dell'universo pop indipendente, ma nonostante i piacevoli sforzi profusi, ogni tanto stecchiamo anche qui a UTTT. Gli Emperor Penguin, un grandissimo gruppo londinese, finora era sfuggito ai nostri radar, e ce ne doliamo moltissimo. Spiace anche, vista l'iperbolica qualità del materiale, che "Corporation Pop" non sarà eleggibile per le classifiche di fine anno, perché semplicemente non si tratta di un disco vero e proprio. Ma andiamo con ordine. Rilasciato nel gennaio dello scorso anno il terzo lavoro di studio "Soak Up The Gravy", peraltro riconosciutissimo dalla critica di settore, gli Emperor Penguin, forse tediati dalle costrizioni dell'epoca pandemica, nel resto del 2020 hanno pubblicato un singolo e ben tre EP in formato digitale: "Talk To Me" (traccia singola uscita a gennaio, poco dopo la pubblicazione dell'ultimo album), "Taken For A Ride" (giugno), "Palaces And Slums" (agosto) e "Barbed Wire And Brass" (ottobre). Un accesso creativo debordante, quantomeno meritevole di giacere su un supporto fisico.

Manco a dirlo, l'operazione è stata condotta in porto da Ray Gianchetti, il quale ha provveduto a serigrafare il noto marchio della Kool Kat Records sulle copie di "Corporation Pop", lussuosa raccolta che include il materiale diffuso dalla band nel corso del 2020 oltre a una manciata di prelibate tracce inedite. Avvalentisi della collaborazione di personaggi di un certo spessore quali Orbin Max e Lisa Mychols (la regina del power pop californiano, se ce n'è una), gli Emperor Penguin nelle diciassette tracce di questa splendida compilation sciorinano una clamorosa prova del loro talento. Sono in quattro - Nigel Winfield, JT, Richard Wilson e Neil Christie - e tutti e quattro contribuiscono alla stesura, fatto che conferisce all'elenco una varietà eccezionale, sia dal punto di vista scrittorio, sia da quello canoro. Un insieme di brani pop scritti e armonizzati meravigliosamente, che dimostrano di aver assimilato nei termini corretti la lezione di Revolver e Rubber Soul, senza dimenticare di guardare all'estro distinto della Eletric Light Orchestra e a quello strambo di Partridge e Moulding. Ma c'è tanto altro. E soprattutto, non ci si aspettino copie carbone di chicchessia.

 

Talk To Me, aprendo il disco, riporta alla mente la stessa domanda di sempre: e questa perché non l'abbiamo mai sentita in radio? Perché la radio non l'ascoltate, risponderete voi. Però caspita, pervasa da un feeling sonico da modulazione di frequenza da tardi anni ottanta, con quelle esplosioni melodiche, con un ritornello così edificante, così energetico, meriterebbe. Pazienza: la grande musica seppellisce con agio i cattivi pensieri. Per segnalare che i cambi di flora e fauna nel giardino di "Corporation Pop" sono più variegati di quelli del Sonsbeek Park di Arnhem, la successiva False Prophet interseca segmenti cantautorali a peculiari fraseggi barocchi, mentre la scrittura d'autore che  dipinge Hell In A Handcart flirta con certe intuizioni degli XTC in chiave acustica. E se Maserati, Blink e Tuesday's World tornano - ognuno avendo fatto le proprie diverse esperienze - all'ovile dei Beatles '66-'68, The Way The Cookie Crumbles impone un imprevisto ribaltamento di fronte: il brano, forse il più incredibile dell'intera raccolta, parte con un inaspettato andazzo ska per esplodere in un memorabile ritornello dai cori poderosi che porta alla mente addirittura gli Squeeze di Is That Love?


Da segnalare, perlomeno, anche la raffinatezza bacharachesca di Belgravia Affair, lo stravagante art rock esaltato da ispiratissime linee di synth che fomentano 12 Angry Men, oltre al superbo acustico un po' Macca, un (bel) po' Emitt Rhodes chiamato Lock Of Hair. Mi sono accorto di aver citato quasi tutto l'elenco, e allora mi dispiace lasciar fuori Stay Out Of The Sun, bomba power pop dove gli XTC, stavolta quelli presi in movimento, in qualche modo incontrano alcune star della scena nordeuropea che spopolavano negli anni novanta come Wannadies ed Eggstone.

 

Tra gli inediti, già che ci siamo, si nascondono due tra i migliori spezzoni del disco: uno è Utopia, lentone di tanto in tanto accarezzato da propizio organo che detona in un possente chorus orchestrale da lacrime copiose; l'altro è Planet Of Love, dirompente fucilata pop per sala da ballo a cui Lisa Mychols regala una prestazione al microfono di quelle che conosciamo bene. "Corporation Pop" è una ricchissima  collezione che evidenzia con generosità l'enorme talento degli Emperor Penguin. Una raccolta tremendamente affascinante di per sé, oltreché un'irresistibile spinta ad andare a recuperare presto anche tutti i lavori precedenti della band.

martedì 2 marzo 2021

Radio Tangerine #5


Come per fortuna sempre più spesso accade, ecco a voi il nuovo volume di Radio Tangerine, la playlist che raccoglie il meglio del rock'n'roll melodico indipendente uscito nelle ultime settimane!


venerdì 26 febbraio 2021

Un venerdì da single: febbraio 2021


Ultimo venerdì del mese, ecco a voi la puntata di febbraio!


Graditissimo ritorno per la nostra banda indie pop danese preferita. Dopo due album magnifici e una sfilza di singoli - l'ultimo, Space & Time, pubblicato proprio lo scorso anno - la ciurma capitanata da Rick Kingo riappare sugli schermi con Bonsai Tree, splendida canzoncina intarsiata di ammalianti arpeggi che se vi spacciassero per una traccia rimossa all'ultimo dalla versione definitiva di "Woodface" dei Crowded House, beh, potreste anche crederci. In attesa del degno seguito di "Salty Taste To The Lake", un altro bell'esempio delle capacità di scrittura pop in dote al quintetto. Non che ce ne fosse bisogno, visti i precedenti.

Hayley and The Crushers "Fun Sized"

Qual era il nostro ineludibile motto? Se in un disco sono contenuti un massimo di sei pezzi, allora è un ep. Qui la cosa si complica leggermente: sei pezzi, sì, ma non un ep vero e proprio. Non di nuovo conio, perlomeno. I californiani Hayley And The Crushers hanno provato a rallegrare il mesto 2020 con una serie di singoli, e tali singoli sono stati raccolti in un unico ep dall'onnipresente e benemerita Rum Bar Records: ragioni sufficienti a garantire a "Fun Sized" diritto di alloggio in questa rubrichetta. Contravvenendo alla regola aurea secondo la quale non si deve giudicare un libro - in questo caso, un disco - dalla sua copertina, Hayley e combriccola saltano, sudano e ballano eccentrici sulla grafica e negli irresistibilmente spensierati contenuti. Rock'n'roll al femminile con una bella spruzzata di bubblegum-punk che farà uscire di testa i fanatici di Bangles, Shivvers e - perché no? - Blondie. La sapiente cover conclusiva di Suzie Is A Headbanger infiocchetta una raccolta di quarantacinque giri che trasformerà il vostro grigio salotto nella più luminosa sala da ballo della zona.

West Coast Music Club "Thinkin'" / "Long Goodbye"

Collettivo formato attorno alla necessità di suonare i brani composti da Martin Adams, i West Coast Music Club arrivano dalla costa occidentale d'Albione, ma suonano come se avessero terminato con profitto un master di specializzazione jangle sulla costa ovest degli Stati Uniti meridionali. Oppure, se preferite, come chi, nell'Inghilterra della C86, filtrò tali sonorità chitarristiche attraverso i concetti dell'allora nascente scena indie. E allora dovremmo esserci intesi: i due singoli, entrambi digitali, l'uno uscito alla fine dell'anno scorso (Long Goodbye), l'altro all'inizio del 2021 (Thinkin'), suonano tiepidi e profondi come tiepidi e profondi suonavano Bodines e Weather Prophets avendo assimilato la prolusione di Roger McGuinn. Nel corso del 2020 i West Coast Music Club hanno rilasciato anche un album lungo intitolato "Greetings From Ashton Park, West Kirby", che abbiamo scoperto in ritardo ma nondimeno vi suggeriamo caldamente.

The Kavanaghs "Going To The Beach"

Il quartetto da Rosario, Argentina, è già passato da queste pagine. Quando? L'altro ieri. Era il 31 marzo 2009, come vola il tempo quando ci si diverte. All'epoca magnificammo l'omonimo "lungo" d'esordio uscito per Eternal Sunday Records, definendolo uno studio certosino del mid-period beatlesiano filtrato dall'esperienza di chi ha vissuto quarant'anni dopo, e che dunque ha assimilato le lezioni impartite dagli eredi dei Fab Four. In qualche modo il discorso continua a reggere se ascoltiamo questo nuovo singolo a due tracce: la title track è uno spaccato power pop settantesco d'ispirazione Raspberries versione "Starting Over", mentre nel lato B i ragazzi hanno direttamente optato per l'interpretazione di un classico: la convincente versione di Whenever You're On My Mind del sommo Marshall Crenshaw dice molto dei gusti, della storia e degli ascolti di un manipolo di ragazzi da tempo incamminati sulla retta via. A questo punto ci aspetteremmo un altro LP a breve, se possibile.

The Poppermost "A Piece Of The Poppermost"

Quando si parla di pop music Glasgow resta sempre al centro della scena. Questa settimana vi abbiamo già parlato del pregevole terzo disco degli Eisenhowers, pure loro appollaiati sulle rive del fiume Clyde, e adesso, spostandoci di pochi isolati, cogliamo l'occasione per presentare l'ep d'esordio dei Poppermost. Se gli Eisenhowers sono una band-non-band, un manipolo di musicisti che di tanto in tanto accorre a sostenere la leadership in sostanza solitaria di Raymond Weir, i Poppermost rappresentano il progetto totalmente solista di Joe Kane, il quale, per l'appunto, ama definire la sua creatura "Thee Fab One". Voci, chitarre, bassi e batterie a suo esclusivo appannaggio, e quando di "fab" trattasi, già sappiamo dove andremo a parare. "A Piece Of The Poppermost" è un sublime dischetto di quattro pezzi ovviamente retro-beatlesiani, ispirati al luminoso periodo in cui il discreto quartetto di Liverpool gettava i semi della propria storia. Pura Beatlemania degli esordi, un concentrato di proto-Mersey '61-'63 che di certo non farà storcere la bocca nemmeno al purista più intransigente. Gli album 2020 di Weeklings, Beatophonics e Overtures avevano dato il segnale: quelle sonorità stanno tornando in forze. I Poppermost sono qui per perpetuare la recente tradizione.

Stephen's Shore "Brisbane Radio"

Quando Julie Fowler del meraviglioso blog "Colours Through The Air" (link qui a fianco) parla, noi ci mettiamo attenti ad ascoltare. La dritta sugli svedesi Stephen's Shore ce l'ha data lei, ed è una gran bella dritta. "Il loro ultimo album September Love - ha scritto - è stato più o meno tutto quello che ho ascoltato nell'estate di due anni fa, quindi attendevo con ansia il nuovo ep". Attese e ansie ben riposte, possiamo dire. Svedesi, gli Stephen's Shore hanno da pochissimo rilasciato un ep di quattro pezzi in cui l'immane lezione dei Byrds è perfettamente intersecata a delicati elementi dream pop di natura eterea e melodiosa, esposta con precisa dovizia di chitarre jangle e pervasa da concetti ideologici folk perfettamente intonati alla materia. Brisbane Radio, la traccia che dà il nome al mini, e soprattutto Up To No Good sono magnifiche e melanconiche gemme d'ispirazione Sarah Records, con l'altrettanto commendevole Midvert nelle vesti di fiocco strumentale di gran classe. Qui al quartier generale di UTTT divoriamo quotidianamente jangle, e siamo felici come bambini di approcciare il weekend godendo di una bellissima scoperta.