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lunedì 16 marzo 2020

Disco del Giorno: The Dowling Poole - "See You, See Me" (2020; 369 Music)


"In quattro anni possono cambiare tante cose, e negli ultimi quattro, in effetti, ne sono cambiate moltissime. Fatti e avvenimenti che hanno sconvolto il mondo, senza dubbio. In Hope - uno dei tre singoli già estratti dal nuovo album, NdR - abbiamo inteso dar voce a ciò che ultimamente ci è toccato apprendere: non sono né i disastri né le incertezze a causare disperazione, ma la speranza che di tanto in tanto ci soccorre promettendo qualcosa di meglio, salvo poi abbandonare la scena lasciandoci di nuovo nella più cupa precarietà". Questo il succo dell'analisi proposta da Willie Dowling, tornato nei superstiti negozi di musica insieme a Jon Poole per il terzo capitolo della saga Dowling Poole - edito e pubblicizzato dalla 369 Music di proprietà Kasabian - che segue di quattro anni, per l'appunto, il precedente One Hyde Park.
 

Un quadriennio fecondo anzichenò, anche se non era facile mantenere gli standard delle prime due iperboliche pubblicazioni. "Ma si cresce parecchio, anche e soprattutto inconsapevolmente - ha continuato Willie Dowling, qui anche nelle solite vesti di produttore -, non ti accorgi dei cambiamenti imprevedibili che la musica ascoltata e la vita trascorsa operano nel tuo intimo essere, eppure non si può evitare di modificarsi, di evolversi. Se in meglio o in peggio non tocca a me dirlo". Hope, per proseguire nel solco del discorso iniziato, è un elemento nuovo nell'esposizione del duo: il suo incedere ammiccante, fumoso e cotonatissimo pesca a piene mani, non ci si indigni e si evitino pericolose forme di prevenzione, dall'allegro carrozzone soul e funky e dance che nei primi Ottanta vendeva a carrettate con Midnight Star o Shalamar. Addirittura? Ebbene sì. Dowling e Poole sfumano con una tinteggiata molto più pop nei caratteri espressivi e l'azzardo, seppur forse non una delle altissime vette dello stellare disco, finisce per pagare i dividendi. Si cambia, ci si evolve, Dowling.

Le forme di sperimentazione e di ribellione agli schemi costituiti meritano sempre il massimo del rispetto, ovviamente, ma i brani dei Dowling Poole si impennano in comfort zone, quella abitata in pantofole da Andy Partridge e Roger Manning. Così l'apertura affidata alla title track è un gioiello brillantissimo di chiara ispirazione Jellyfish e il capolavoro Made In Heaven, altro singolo estratto dall'album, plana in pieno territorio Apples and Oranges. Gli XTC, ineludibili archetipi di tutta questa storia, ricompaiono spesso qua e là nel disco, per esempio durante The Light Dies Down, così come riappare Manning Junior, miscelato a qualcosa che potrebbe rassomigliare gli Squeeze di Cool for Cats in Alison's Going Home.



I Blur, che già a loro tempo avevano ruminato e digerito le fondamentali lezioni dei padri della patria, si manifestano nella loro versione più electro come dei fantasmi sabotatori in svariati rivoli di "See You, See Me", forse prendendo la scena nella maniera più manifesta per guidare l'ottima The Product. Menzione finale per un altro episodio bizzarro e ribelle, quella Human Soup che rispolvera dopo anni di colpevole dimenticatoio le canzoni pop in temerarie escursioni bossanovistiche di Mr Shirley Lee ai tempi degli Spermint di A Week Away. Tante trovate genialoidi e inaspettate si innestano miracolosamente in coerenza sulla base classica di Partridge e Moulding e Tillbrook e Albarn, che i Dowling Poole hanno studiato per secoli e, ci fosse un minimo di giustizia a questo  mondo, o anche solo fossimo nel 1996, garantirebbe ai due protagonisti una certa sicurezza economica.


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