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giovedì 24 gennaio 2008

Disco del giorno 24-01-08: The Hope Trust - The Incurable Want (2007; Autoprodotto)

Tutti i migliori blog ne hanno parlato, ma voglio anch'io dire la mia su uno dei migliori dischi alt.country usciti lo scorso anno. Non che non sia d'accordo con le ottime recensioni apparse su Absolute powerpop e powerpopaholic, anzi, ma mi sembra giusto ospitare sul mio blog un disco davvero molto bello e molto raffinato.

Gli Hope Trust sono la creatura di Kelly Upshaw, rispettato musicista nella scena di Denton, Texas, che tra le varie esperienze precedenti suonava la batteria nei Lonelies, band Texana capitanata da quel piccolo/grande genio di Doug Burr, del cui esemplare album di debutto abbiamo già avuto modo di parlare nel post Under The Christmas Tree dello scorso 26 Dicembre. La line-up della band, oltre ad Upshaw (voce, chitarra, tastiere) è composta da Winston Chapman (batteria), Andy Odom (basso) e da Jeremy Buller (chitarra, tastiere).

I vari commenti che ho letto riguardo a The Incurable Want, il loro disco d'esordio, oltre ad essere entusiastici concordano sulla "base" del loro sound: esso è chiaramente legato alle radici della musica sudista Americana (con la A maiuscola...), intriso della migliore sensibilità pop che rimanda la mente alle migliori produzioni di Wilco e Neil Finn. Personalmente, sono un fan di quello che -nelle sue infinite ramificazioni- può essere definito alternative country, ma ogni disco che possa così essere definito non riesce mai a fare più di tanto breccia nel mio cuore se non è accompagnato da grandi melodie che lo sorreggano e lo gudino. E gli Hope Trust hanno senza dubbio le caratteristiche che servono per ottenere un posto di riguardo tra le recensioni di Under The Tangerine Tree, per un semplice ma indispensabile motivo: le loro canzoni colpiscono la testa e il cuore, ma soprattutto grondano di agganci melodici a palate.

L'album, autoprodotto e registrato nel corso di un solo mese nell'home studio del batterista Winston Chapman, inizia con Break You Down, perfetto incipit guidato da un intelligente uso di pedal steel che ricorda i primi Wilco. Poi parte Run It Through, il primo brano degli Hope Trust che ho ascoltato su MySpace, che subito mi ha conquistato e che non dovrebbe avere difficoltà ad "incastrare" tutti i fans dei Pernice Brothers. Joe Pernice, secondo il mio modesto ma nondimeno appassionato parere, è maestro nel coniugare struggenti melodie vocali e altrettanto struggenti tappeti sonori roots-folk. Bene, Kelly Upshaw ha scritto un brano che strapperà applausi (e lacrime) a chi di Overcome By Happiness (i Pernice Brothers meno strettamente pop e più legati alle radici degli Scud Mountain Boys) ha fatto la colonna sonora di tristi serate passate a guardare freddi tramonti autunnali. Whatever Suits You prosegue sulla medesima falsariga, con un roots pop contemplativo che mi ricorda un' altra grande band del Massachussets, tra l'altro autrice di uno dei migliori dischi alt.country del 2007, gli Haunt. Imperdibili sono poi brani come Ok, Alright, altro grande pezzo pop colorato di pedal steel che i fans del miglior Neil Finn divoreranno e Parting Shot ancorata a Pernice Brothers ed Easterly (immenso il loro album del 2003 pubblicato dalla Not Lame!) questa volta in veste decisamente più pop e un pò meno malinconica. Poi ci sono World Without End e la conclusiva Going Home, per definire le quali non mi dispiace riesumare un'espressione che mi è sempre piaciuta e che rende bene l'idea: esse sono infatti le classiche drinking songs, brani lenti e fortemente "sentiti", non certo spensierati, che in qualche modo fanno pensare, anche solo per attitudine, a quel grandissimo autore che è sempre stato Richard Buckner.

Non so che altro aggiungere, del resto credo che questa recensione abbia palesato quanto sia opportuno procurarsi una copia di The Incurable Want al più presto se preferite che la vostra musica sudista sia melodica e garbatamente triste. Che bel disco!

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