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venerdì 31 luglio 2020

Un venerdì da single #5

 
Portable Radio EP

Da Manchester con il retrovisore indirizzato ai sixties, senza aver paura di mascherarlo e del resto cosa dovrebbero temere. Sei pezzi dolci e melodici, che potrebbero benissimo essere cover di Osmonds, Cyrkle o dei mid-Hollies, con una tenera filastrocca come Push the Boat a tener banco e una gran ballata mccartiana quale Canadian Tuxedo a chiudere il cerchio. Come lo yoghurt alle ciliege o le all-star basse e nere: gusti che non stancano mai.

Bryan Estepa "Weight In Gold"

Il ragazzo è prolifico, perdonerete l'eufemismo temerario. Otto album di studio, l'ultimo, ottimo, solo lo scorso anno. Eppure l'ispirazione tracimante lo costringe alla registrazione anche quando è confinato in lockdown, e anzi forse a maggior ragione: quale occasione migliore per pubblicare due stupende canzoni devolvendo per giunta i ricavati a Oxfam Australia? Un singolo lato A/lato B, anche se solo digitale: Weight in Gold è raffinato episodio ispirato dal Bacharach songbook; Subject to Change è più movimentata e maggiormente somiglia alle produzioni classiche di un grande autore power pop. Chi? Bryan Estepa, of course.

Mitch Linker "I'll Take My Chances"

Ogni tanto, nel corso degli anni, mi sono chiesto che fine avesse fatto l'autore di uno dei miei album preferiti del 2005. In effetti, dopo un EP rilasciato nel 2007, egli si è preso un discreto iato dalla musica lungo quasi tre lustri, e sono parecchio felice di constatarne il ritorno. Sulla copertina di "I'll Take My Chances" Mitch ha piazzato un pianoforte, tanto per rendere l'idea. E guidate dal piano le quattro tracce del mini in questione ci riconsegnano un artista raffinato come lo conoscevamo, ma persino più sussurrato e contemplativo. Il blend tra Elton John e il Tom Petty della prima metà dei 90's è ancora qui, ma stavolta il delicato muro del suono, nonché le liriche estremamente confessionali, sono maggiormente ammantate di cantautorato intimista e meno strettamente pop, se capite cosa intendo. Canzoni che hanno bisogno di essere riascoltate per entrare nel cuore: datagli qualche chance e non ve ne pentirete.

Brad Marino "False Alarm"

Quando gente come Brad Marino torna nei negozi è sempre una buona notizia. Insieme al grande Geoff Palmer a capo di quella sensazionale cantera di musicisti dal New Hampshire che sono i Connection (a quando un nuovo disco, se non addirittura un nuovo tour?), Brad torna con un incendiario 7" rock'n'roll targato Rum Bar Records: due garanzie al prezzo di una. Oltre alla title-track e all'ottima At Night, il singolo chiarisce le cose con l'ottima cover del classico Hoodoo Gurus What's My Scene, mentre la versione cd, a questo punto quasi un mini-album, aggiunge altre cinque, golose tracce che chiamano cori e dito alzato.

Shoes "The Joke's On You"

Le presentazioni in questo caso sono inutili, perché i tizi da Zion, Illinois, sono stati, sono e resteranno sempre non solo una delle più grandi band power pop della storia, ma una delle poche ad aver definito il genere. Dopo diciassette anni di silenzio, i fratelli Murphy e Gary Klebe tornarono nel 2012 con un nuovo, splendido album chiamato "Ignition", purtroppo destinato a essere molto meno apprezzato di quanto avrebbe meritato. Due dei brani che ne facevano parte - Wrong Idea insieme al lato A The Joke's On You - finiscono su questo singolino per collezionisti pervicaci edito dalla benemerita label spagnola You Are The Cosmos. Cos'altro dire? Quando in vetrina ci sono gli Shoes, si compra.

Corin Ashley & Kay Hanley "Dead in the Water"

"The Isolation Jams è un collettivo musicale in regime di distanziamento sociale." Ce ne sono stati molti in questo pazzo 2020 e questo è uno tra i più interessanti. Ho conosciuto Corin Ashley grazie al meraviglioso album "New Lion Terraces", uno dei migliori dischi pubblicati nel 2013. L'autore di Boston qui è in compagnia di Kay Hanley, assurta a relativa fama con le Letters To Cleo, e Dead in The Water è una bella canzone jangly che ancora una volta ci ricorda come l'unica cosa positiva del confinamento sia stata, insieme alla chance di non vedere chi non volevamo vedere senza sentirci in colpa, la clamorosa epidemia d'ispirazione artistica che ha colto molti grandi artisti.

The Amplifier Heads "The Boy With the Sun For a Head"

Veterani della scena di Boston, gli Amplifier Heads guidati da Sal Baglio tornano con un ep di tre pezzi che è un sublime omaggio agli XTC periodo Skylarking-Oranges and Lemons. La traccia che dà il titolo al dischetto e la successiva SodiPop sembrano davvero uscite da una sessione di scrittura tra Partridge e Moulding a Swindon nel 1988, e il gusto compositivo di Baglio e soci rende l'operazione molto più che credibile. Avete detto classifica sui migliori extended play dell'anno?

martedì 28 luglio 2020

Disco del Giorno: Night Heron "I Heard You Dreaming" (2020 - Subjangle)



Mi piace, ne parlavamo anche in una delle ultime puntate del podcast, fidelizzarmi a un'etichetta discografica. Mi piace scorgerne il simbolo sul retro-copertina e acquistare il disco marchiato a scatola chiusa. Mi piaceva scovare il magico simbolo in uno stipato negozio vent'anni fa e mi piace, un po' meno, ma i tempi signora mia cambiano, ricevere in rete l'avviso di una nuova pubblicazione. La Subjangle è entrata nel novero, con applausi scroscianti per Darrin Lee, un tizio che oltre a incoraggiare tramite la label decine di artisti molto più che meritevoli dirige l'indispensabile blog Jangle Pop Hub, classico go-to-site per tutti gli amanti di Roger McGuinn, chitarre scampananti, dodici corde e psichedelia leggera.

 

Tra gli ultimi gioielli messi in vetrina risulta particolarmente degno di nota questo Michael Telles, un insegnante dal Massachussets ormai da molto tempo impegnato a scrivere, celandosi dietro allo pseudonimo Night Heron, emozionanti frammenti di folk-pop trasognato che tradisce notti insonni passate ad ascoltare Nick Drake, Elliott Smith e Joe Pernice. A volte bucolico e pastorale, altre etereo e spaziale, Telles dipinge di concetti dream pop, normalmente non il nostro genere guida ma le eccezioni sono fatte per confermare le regole, delicatissimi estratti onirici da backyard meditativo subito ben rappresentati dall'iniziale Only In The Summer, la cui estate è presa di sera, al tramonto, quando l'afa della giornata si mescola al fresco del primo buio.

 

Tra molti spunti acustici - You're So Right sarebbe potuta uscire dalla penna dei Kings Of Convenience trapiantati negli eighties e negli Stati Uniti - e altrettante gemme pastorali come Witch City, le diciotto tracce di "I Heard You Dreaming" sono legate da un comune denominatore dreamy e dall'amore sconfinato per Either/Or e Figure 8. Già, diciotto tracce: sulla falsariga dell'operazione Late Pioneers, trattata su questo blog qualche mese fa, la Subjangle ha optato ancora per una meta-compialtion: cinque tracce di nuovo conio in partenza, accompagnate da altre tredici pescate dall'estesissimo catalogo dell'autore, tra le quali spiccano, sempre e comunque timidamente, la drakiana So Unlike Me e la smithsiana In The Blue (For Amber).

 

Incantato, leggero, fragile, come i numi tutelari citati. Aggiungete un (bel) po' di Byrds e Zombies dilatati più nei suoni che nei tempi e avrete il kit di base per capire Night Heron. Che tra l'altro è uscito in questi giorni con un vero disco nuovo chiamato "Forever Ending", di cui vi daremo conto nelle prossime settimane.

Listen on Bandcamp 



venerdì 24 luglio 2020

Disco del Giorno: The Lickerish Quartet "Threesome EP Vol.1" (Label Logic, 2020)


Un EP dovrebbe finire nel noto contenitore "Un Venerdì da Single", ci eravamo dati buona norma e altrettanto giusta regola non molto tempo fa. Me le regole si rafforzano a suon di eccezioni e questo è un dischetto che per storia e pedigree degli autori merita di restare... single. Non perché ci sia da aspettarsi un diluvio di parole, o meglio, di ragionamenti se ne potrebbero fare, ma il tempo di questi tempi è poco e dunque less talk, more rock, come dicevano dei ragazzotti punk di Winnipeg più di vent'anni fa. 

Innanzitutto i Lickerish Quartet non sono un quartetto, tanto per iniziare ad assaporare la bizzarria del contesto. Lickerish Quartet è un soft porno anni settanta diretto da Radley Metzger con Frank Wolff protagonista, mentre i tre componenti della band omonima e tributante sono i Jellyfish senza Andy Sturmer. Davvero. Per gioco, amicizia, o non si sa cosa, Roger Manning, Eric Dover e Tim Smith si sono ritrovati per delle sessioni di scrittura non agonistiche e ne sono usciti con una dozzina di canzoni: le prime quattro compaiono nel "Threesome EP Volume 1", giusto per proseguire sul filone dell'erotico leggero, mentre le altre otto saranno suddivise in due ulteriori dischetti attesi entro l'autunno del 2021.

 

Il livello, manco a dirlo, è stellare. Foododdle, da tempo immemore già tra i demo immagazzinati nell'ampio archivio di Manning, è un pastiche di spiltmilkiana memoria con l'aggiunta di un bel po' di glitter, e le liriche a cura del sorprendente Dover - "un bell'esempio del mio umorismo da bambino di sei anni quando si tratta di questioni da adulti" - infiocchettano un brano che vi sta già facendo muovere i piedi anche se ancora non l'avete ascoltato. La libidinosa Bluebird's Blues, per sonorità, produzione e coerenza cromatica richiama fortemente il Mr Blue Sky di Jeff Lynne e l'Electric Light Orchestra dei medi settanta, laddove la successiva There Is A Magic Number odora di folk e grande cantautorato. Chiude la strepitosa e ambiziosetta Lighthouse Spaceship, una suite di pop progressivo nel senso positivo del termine in cui la zucca genialoide di Manning tracima d'idee libere e seducenti, con un motivetto che richiama il miglior barocco della casa qua e un cenno grato ai Beatles '68 là.

 

Il "Threesome EP Volume 1" si completa in diciannove minuti di puro godimento estetizzante e conferma l'imperitura forma di Manning e soci, fomentando notevolmente l'attesa per le canzoni già scritte che ancora giacciono ignote.

lunedì 20 luglio 2020

RIP Emitt Rhodes, the one man Beatles


La conferma è arrivata da Cosimo Messeri, il regista che nel 2010 ideò e diresse "One Man Beatles", lo splendido documentario dedicato alla figura del grande Emitt Rhodes: nella notte tra il 18 e il 19 luglio si è spento nel sonno il leggendario cantautore nato il 25 aprile di settant'anni fa a Decatur, Illinois. Polistrumentista e grande architetto della canzone pop, Rhodes esordì dietro ai tamburi dei Palace Guard nei tardi anni sessanta, prima di deflagrare nei celebri Merry-Go-Round. 


La storia della nostra musica conserverà per sempre tra i propri ricordi più cari il suo primo, omonimo album da solista pubblicato da ABC/Dunhill, un concentrato di classe ispirata, soffice e genialoide al punto da fomentare continui e presto inalienabili paragoni con la scrittura del miglior McCartney, di cui è considerato dai veri gourmet della materia il degno contraltare sul lato occidentale dell'Atlantico. Registrato su un quattro tracce nello studio di casa e contenente imperituri capolavori quali With My Face on the Floor e Fresh as a Daisy, l'LP solista del 1970, esattamente come i successivi "Mirror" (1971) e "Farewell To Paradise" (1973), contiene tracce interamente cantate, suonate e registrate dal solitario Emitt.

A lungo sfuggito alle luci della moderata ribalta, il signor Rhodes ha rilasciato nel duemilasedici un ultimo album intitolato "Rainbow Ends", titolo che non assomigliava a un'apologia dell'ottimismo ma una raccolta di canzoni di livello ancora una volta altissimo e ancora una volta, oltre quarant'anni dopo i capolavori che ne definirono per sempre la posizione negli annali della musica pop, madido di frammenti melanconicamente romantici, perché ogni ispirazione artistica, o quasi, "ha origine da un cuore spezzato", come egli stesso ebbe a dire.

"Emitt Rhodes", pluricitato disco di cui qui sopra ci onoriamo di riproporre la copertina, si è piazzato al trentunesimo posto nella classica lista stilata da John Borack nel 2007 comprendente i duecento migliori dischi power pop della storia.