Tutte le volte che la mia top 100 albums del 2007 sembra bene o male definita, neanche a farlo apposta ascolto un nuovo grande disco, che immancabilmente spariglia tutto quanto. Questa volta la responsabilità è dei Dropkick, ennesima espressione di fantastico guitar pop proveniente dalle highlands Scozzesi, che con l'uscita di Turning Circles toccano quota 5 albums di studio.
Fino al precedente Obvious, uscito lo scorso anno, le coordinate soniche di questo quartetto di Glasgow erano inequivocabilmente "Fannies", data la devozione assoluta alle leggende autrici di Grand Prix e Bandwagonesque, tanto che un noto critico locale, recensendoli, è arrivato ad affermare: "i Dropkick stanno ai Teenage Fanclub come qualsisi creativo di centrocampo argentino sta a Maradona!". Ed anche se è bene dire che Turning Circles è ancora abbondantemente influenzato dalla più grande band Scozzese di tutti i tempi, qui il risultato è meticcio. Sarà che Alastair Taylor, che fino al precedente disco gestiva i Dropkick come una one man band, ora si fregia della collaborazione di Andrew Taylor, il quale, oltre ad accrescere il country feeling del gruppo con un sapiente uso di banjo e armonica, presta anche voce (e scrittura) al pezzo più introspettivo dell'album, la magnifica Avenues.
Turning Circles è in buona sostanza un disco guitar-pop e alt.country toccato dalla mano di dio, derivativo quanto si vuole ma dove -accipicchia- un pezzo buttato li tanto per riempire non esiste proprio. La traccia d'apertura, Only For Yourself, è perfetta per il ruolo assegnatole, con il suo ritornello killer e le sue trame che incrociano voci folk e classiche ritmiche powerpop. I Teenage Fanclub sono ancora la guida, dicevamo. Brani come Give It Back, Can't Help It, 15th December e Wouldn't Hurt To Wait non sono però dei meri plagi, sono grandissimi esempi di pop chitarristico che in pochi oggi riescono a proporre a questi livelli. Rewind è un altro highlight a dodici corde tra Harrison ed i Bluetones in botta Americana, mentre Turning è il capolavoro, dove le liriche strambe si appoggiano ad uno squillante banjo che spinge un ritornello da favola con cui molte MTV bands del cazzo probabilmente marcerebbero per anni. Il nuovo country vibe è soffuso ma onnipresente. Così l'irresistibile Last To Know è di quei roots-pop che pagano il tributo a Sweetheart Of The Rodeo sul quale non sfigurerebbero. Won't Be There è un piccolo gioiello di folk alla Everly Brothers, mentre Avenues, brano citato in apertura di recensione, capovolge i parametri del disco con liriche oscure e turbate, un intro per sola voce e chitarra che solo quando l'atmosfera è tesa il giusto esplode in un potente, lungo finale per full band.
Benchè non esattamente innovativi (e non che ciò mi importi un granchè, tra l'altro. Chi sarebbero i gruppi innovativi meritevoli di tutela e stima, i Radiohead? Allora siamo a posto...) i Dropkick sono una grandissima band che sa scrivere melodie perfette nella loro cristallina semplicità e sarebbe delittuoso non inserire Turning Circles tra i migliori dischi di quest'anno.
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