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mercoledì 26 febbraio 2020

Disco del Giorno: Råttanson - I'd Much Rather Be With the Noise (2020; Kool Kat)


Cosa si diceva qualche giorno fa? La Scandinavia è la terra promessa del pop chitarristico e, guardate un po', i fatti continuano a dar ragione alla suddetta tesi. Da quando siamo ripartiti con gli aggiornamenti in maniera un minimo strutturata, due novità su tre sono arrivate da quelle parti: prima furono i finlandesi Pastis, ora è la volta di Mister Henrik Aspeborg, pressoché solitario gestore dell'ottimo disegno chiamato Råttanson. "I'd Much Rather Be With the Noise" è il secondo album sotto il presente pseudonimo per l'autore già noto alle cronache locali nelle vesti di leader dei poppettari Fanscene e del combo garage Rawhides, e l'edizione che qui presentiamo è nuova di zecca.

Il disco era originariamente uscito nel 2019 edito dalla Open Mind Records di Upssala - la stessa casa degli eccezionali In Deed, il cui "Everest" rimane una delle migliori produzioni swede-pop degli ultimi tempi - la quale aveva optato per le opzioni vinile e download digitale. Mancava l'operazione cd, e la lacuna è stata colmata qualche giorno fa dalla benemerita, dovremmo forse chiamarla leggendaria, Kool Kat Records del grande Ray Gianchetti. Discorsi relativi a formati e supporti a parte, l'album in questione meritava in effetti una maggior diffusione oltreoceano: sospeso tra power pop, garage lo-fi e rock'n'roll da sordida bettola, "I'd Much Rather Be With the Noise" colpisce dritto al cuore sin dall'apertura affidata a Small Venue Concert, già dal titolo imprescindibile per chi come il sottoscritto gestisce e frequenta da una vita esclusivamente locali di quella risma. Il pezzo, dal ritornello adesivo, insieme a Hometown Out-of-Towner, Dancing on the Head of Snakes e Want You Around rappresenta il contingente più puramente pop del disco, con risultati molto più che apprezzabili.
 

Altrove, si prendano a esempio In a Peak State With You e Risking My Heart, il clima cambia e l'ambiente diventa quello del vostro abbeveratoio preferito, mentre la colonna sonora è fornita da una band invasata di Bo Diddley e Willy DeVille. Il lato garage del profilo caratteriale di Aspeborg è manifesto in episodi quali Rathole Guest e Sixgun Smile, in cui pare di sentire i Seeds capeggiati da Ray Davies al posto di Sky Saxon, e una menzione a parte la merita No Best of Me, di inclinazione simile ma dalla componente melodica più accentuata: pensate ai celeberrimi Coral, i primi, se non avessero avuto soldi sufficienti a pagarsi lo studio di registrazione.
   
Il banjo immerso in una salsa soft-punk che avrebbero potuto cucinare i Pansy Division apprezzabile nel corso di Sure Of My Doubts e il jangle di Kiss This Year Goodbye infiocchettano un album che, l'avessi scoperto nella sua prima versione, avrebbe fatto forse parte della top 25 dell'anno passato. Poco male, Ray Gianchetti ci ha concesso la possibilità di rimediare, e quando sarà tempo del consuntivo 2020 con ogni probabilità ne riparleremo.

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