Nelle tracce di Preachin’ At Psychedelic Velocity, seconda prova dei Preachers, si nota la voglia di intraprendere un viaggio da neofiti attraverso la scena musicale giovanile degli anni Sessanta, l’età d’oro del pop. E’ un terreno comune a molte nuove bands, ma qui si sviluppa con metodologia musico-visiva, la comunicazione non è soltanto simbolica, ma da non timorati essi effettuano un dosaggio preciso, quasi di tipo fisico per tramutare il tutto in scelta dinamica, quasi di taglio fotografico, non statica nei contenuti o nella veste grafica. Individuano immediatamente a quali strati della società il prodotto è destinato, non dividono per classi sonore. Sembra un fumetto non fatto per produzioni culturali o sottoculturali adatte all’acquisizione di massa, ma un incentivo alla ricezione ipotizzabile e ipnotizzato dalla specificità di un linguaggio semplice ma non banale, controllato dal bisogno d’evasione. Ritmi, disincanti e realtà urbane fino all’ultimo respiro, a dimostrazione di una buona educazione musicale.
Così predicando alla velocità psichedelica riaffermano un periodo storico nel quale non hanno vissuto e nel quale si è formata la mia generazione. Sembrano in sintonia tra il simbolico e l’immaginario, senza dare l’ovvio per scontato, creando nelle loro giovani menti una congiuntura che li porta a farsi interpreti e predicatori inconsci di un processo di trasformazione e aggregazione per cercare dei punti di riferimento nei suoni amati dai loro padri, aldilà di registri anagrafici. Primi coraggiosi scatenati ritmi ben lieti di abbandonare il limite della propria esperienza. Forza e fantasia per attraversare gli sporchi avamposti del rock , un percorso di felicità dove la mente ubiqua, finalmente sciolta, nella congiunzione magica di infinite cellule vive.
Come Alice nel romanzo di Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll, anche loro inseguono il Coniglio Bianco col panciotto in un onirico mondo sotterraneo, e attraverso dodici capitoli raccontano la loro storia. L’ipotesi è di abbeverarsi dalla scena giusta, cercando una decompressione mentale per ricamare musica senza tante dichiarazioni o riverniciature o recuperi. La vocazione è sincera, forse un po’ ingenua, ma in una generazione di pseudo-punkisti e trafficanti di note, diventare giardinieri di fiori sonori, al di là delle incertezze che si scontano sulla propria pelle, ci scatena un sincero e onesto applauso. Applauso non inteso come compiacenza della commedia, ma come raffinata definizione di consenso.
Tendendo i fili delle chitarre elettriche pur con qualche perdonabile leggerezza si riaccendono i "fuochi misteriosi", i serbatoi mitologici a-logici e a-razionali che con il senso del reale si identificano nell’esistente. Ma cosa bolle in pentola? Come abbiamo detto 12 brani racchiusi in circa 39 minuti. Un fumetto dalla struttura sintetica ma molto colorata, dove si cattura il diverso senza generare il mostro, con la felicità masochistica di scoprire e scoprirsi. Un terreno di incontro di messaggi consolatori, dove i linguaggi si classificano, ciascuno a un suo preciso "genere". Come i 12 giurati della novella di Carroll, scrivono i loro nomi sulle lavagne dei nostri ricordi. Ci riportano alla mente i Seeds di Sky Saxon, uno dei più grandi e sottovalutati gruppi californiani, attraversiamo il garage rock, la psichedelica, il surf sino ad arrivare a iniezioni di english pop.
Il disco scorre piacevolmente bene e tutto di un fiato. Trova in Lovely Girl , dai sapori pop, la punta di diamante, con al seguito You’ll Never Know ( corposo e ipnotico , Saxon docet ) . She’s Riding, Oh!, My Darling, Queen Of The Highway (con una apprezzabile sitar), Wild Girl, Lies Lies Lies, Sunny Morning, Itermission, Turn Me Out, 99th Floor, Summer Rain completano e colorano il disco con un palpitante senso di movimento per recuperare quella strana cosa che si chiama ROCK , segno e maschera della musica nuova.
"E, alla fine, ella immaginò la sorella diventata adulta anche lei, pur conservando sempre il cuore puro e semplice della bambina d'un tempo. La vide circondata da frotte di altri bambini ansiosi di ascoltare dalla sua bocca tante belle storielle, la vide partecipe delle loro piccole pene e delle loro gioie ricordando i tempi beati della propria fanciullezza, di un'estate felice, ormai tanto lontana.
da " Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis CARROLL
PS: zio René, se non lo ricordate, ha già collaborato con Under The Tangerine Tree. Esperto infinito di pop music, spero voglia scrivere per noi con maggiore frequenza in futuro!
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