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venerdì 22 gennaio 2010

Disco del Giorno 22-01-10: The Beat Rats - A Cellar Full of Rats (2009; Kool Kat)

Quando il promoter musicale scozzese Andi Lothian coniò il termine beatlemania nel 1963, con tutta probabilità alludeva ad un fenomeno più che altro di costume. Enorme, uno dei più devastanti della storia, ma pur sempre un fenomeno sociologico e di antropologia culturale, come è stato sempre definito. Mi spiego. Ancorchè contenitore di un periodo fatto di folle adoranti, caos positivo, urla ai concerti, pianti e svenimenti di massa, la beatlemania, così come la si è sempre intesa, non aveva particolari connessioni con la faccia artistica dei Beatles. Ciò che sto cercando di dire è che, probabilmente, lo stesso Lothian non si aspettava che il beat incendiario dei primi Beatles, e mi si perdoni il gioco di parole, avrebbe fatto proseliti a quasi mezzo secolo di distanza da quei primi giorni di giubilo. E invece.

Gli ultimi cinquant'anni di storia della musica sono colmi di grandi nomi associati alla beatlemania postuma, e dal momento che detti esempi rappresentano una buona fetta del pantheon di questo blog trovo sia inutile nominare i più importanti. Basta e avanza dire che oggi, grazie al solito patrocinio del sommo Ray Gianchetti e della sua Kool Kat records, possiamo urlare, strapparci i capelli e svenire nel nostro piccolo ascoltando A Cellar Full of Rats, l'album di debutto dei newyorkesi Beat Rats. Un disco che, grazie ad un percorso filologico ineccepibile, si presenta proprio come ci si aspetterebbe: poderoso beat'n'roll da balera, quando la balera era una cosa seria. Talmente furibondo, assassino e madido di sudore da ricordare davvero quei giorni ad Amburgo nel 1961. Merseybeat, certamente, ma di quello originale, molto più devoto ai fab four quando in realtà erano i fab five, con Stu Sutcliffe al basso e Pete Best seduto dietro ai tamburi. Un'orgia di musica popolare, ma veramente popolare, marchiata a fuoco dall'esperienza r'n'b e drogata da una carica armonica che ne rende consigliato l'ascolto a tutti i lettori di UTTT.

Ci siamo capiti, credo, e per una volta non è nemmeno necessario citare le singole canzoni, perchè ciò che qui conta è il feeling generale, la debordante carica energetica, il sapore di una storia che parte da lontano e che tuttavia ancora e soprattutto oggi vanta radici molto profonde. Chitarre sferraglianti, entusiasmo giovanilista all'ennesima potenza, drumming devastante. Il rock'n'roll di Buddy Guy e Boo Diddley filtrato dall'esperienza dei primi Pretty Things e dal fiume Mersey in un giorno di piena. Non solo. Un'esperienza che quando sfocia nei roventi assalti strumentali riporta in vita anche Link Wray. Uno dei dischi più divertenti ascoltati in tutto il 2009.

mercoledì 13 gennaio 2010

Guardando il 2009 dallo specchietto retrovisore...

Tre dischi 2009 per iniziare alla grande il 2010!

John Lefler - Better By Design (2009; autoprodotto). Chi avrebbe mai detto che dentro al cuore emo dei Dashboard Confessional si nascondesse un talento powerpop di questa portata? Nessuno, ad occhio e croce. Invece non si vive di solo Chris Carrabba, e dietro le quinte si cela un autore che a nostro modo di vedere è di molto superiore al capo. Si tratta di John Lefler, che nelle pause tra un tour ed un album dei Dashboard Confessional ha registrato dodici pezzi di gaudente ed entusiasta powerpop di quello che piace tanto da queste parti. I riferimenti sono palesi ma garbati: Dream Your Life Away sgorga essenza Jellyfish ancorchè spuria, Afraid Anymore vanta una serie di somiglianze con i racconti dei Fountains Of Wayne periodo Welcome Interstate Managers e la title track è un chiaro tributo a Mr Blue Sky degli ELO. C'è spazio anche per un prezioso brano jangler come Lucy e per la stupenda Helplessly, che ricorda - soprattutto a livello di stile vocale - alcuni tra i migliori cantautori powerpop degli ultimi due anni come Justin Kline, Devlin Murphy e Adrian Whitehead. Plauso finale alla danzereccia ed impagabile Ordinary Boy, gravida di una trasognata ironia che farà sicuramente piacere ai tanti fans degli Squeeze. Senza ombra di dubbio una delle grandi sorprese del 2009, ed un valido contendente ad un posto nella top 10 di fine anno. (www.myspace.com/johnlefler)

Kevin McAdams - It's My Time To Lose My Mind (2009; autoprodotto). I batteristi sono un pò come i portieri. Solitari, particolari, un pizzico fuori di testa. Kevin batterista lo è di professione, e presta da anni i propri servigi dietro ai tamburi presso svariati complessi di stanza a Nuova York, ma da qualche tempo ha deciso di fare il grande passo e di piazzarsi dietro ad un microfono e ad un taccuino, dove ha annotato i primi istinti di songwriter agli esordi. Passione e volontà gli hanno infine permesso di mettere insieme un lp chiamato It's My Time to Lose My Mind ed uscito verso la metà dello scorso anno. Il disco è, diciamolo, bizzarro ed ambiziosetto. Difficile da capire ai primi ascolti se si fa eccezione per l'introduttiva Start Over Again (azzardo: i Daryll-Ann in piena deriva modernista?), It's My Time to Lose My Mind difficilmente farà breccia entro i primi 5 ascolti, ma se avrete costanza sarete premiati. Il disco infatti è lodevole perchè - anche se McAdams probabilmente non ha ancora di preciso capito ciò che vuole - presenta una manciata di brani molto interessanti sospesi tra melodie rassicuranti ed ardite sperimentazioni. Nel girotondo si trovano brani elettropop e pianocentrici, profumi degli ELO anni '80 ed influenze neocantautorali classiche alla Falkner/Yorn completamente destrutturate. Personale, atipico e parecchio strano. Qualche ascolto ci vuole, ma non ve ne pentirete. (www.myspace.com/kevinmcadams)

Reno Bo - Happenings and Other Things (2009; Electric Western). E' proprio la giornata dei sidemen, delle seconde linee che sembrano essere - al giorno d'oggi - le vere anime melodiche di un sacco di formazioni indipendenti e non. E se John Lefler rappresenta la parte melodica dei Dashboard Confessional, Reno Bo è il suo equivalente nei Mooney Suzuky e soprattutto nella touring-band di Albert Hammond Jr. (si, quello degli Strokes). Proprio come Better By Design di Lefler, Happenings and Other Things è l'esordio da solista di Reno Bo, e volendo proseguire con i parallelismi dobbiamo dire che entrambi entrano di diritto nel novero delle più grandi sorprese del 2009. Quello del buon Reno è un grande disco di ampio respiro americano, e le ondivaghe influenze tratte dalla terra di provenienza si infiltrano anche in brani dal respiro britpop come l'apertura There's A Light. Per il resto, c'è un sacco di Tom Petty un pò dappertutto, ma i brani più importanti sono quelli dove Reno non pone freni inibitori alla melodia. In particolare, You Don't Know potrebbe essere un outtake del medio Matthew Sweet, mentre Here Right Now, la vera perla del disco, è un fenomenale spaccato di jangle-rock che pare estratto da Sonic Flower Groove, quando i Primal Scream pregavano all'altare dei Byrds. Altro disco inaspettato e molto gradito, grazie Reno! (www.myspace.com/renobo)