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mercoledì 27 maggio 2009

Un pò di roba nuova...E scusate il ritardo...

Sto trascurando il mio amato blog, e non va assolutamente bene. Il fatto è che sono veramente troppo impegnato. Speriamo che questo periodo passi presto perchè se è vero che ho poco tempo per scrivere, è anche vero che un pò di tempo per ascoltare mi è rimasto. Ho accumulato tanti dischi che mi sono ripromesso di recensire entro un mese, e ovviamente mi scuso con gli artisti che chissà da quanto tempo stanno attendendo che Under The Tangerine Tree parli di loro. Grazie per l'infinita pazienza, oltre che per l'ottima musica. Cerchiamo dunque di accelerare, e tracciamo un'interessante ancorchè breve panoramica su tre dischi freschi di uscita che mi sento di consigliare...

Chris McKay & the Critical Darlings - Satisfactionista (2009; Side B Music). Album di debutto per questa band proveniente da Athens, Georgia, vera e propria Mecca del pop sudista a stelle e strisce. Dal calderone infinito del pop-rock indipendente made in USA saltano sempre fuori cose sconosciute ed interessanti, poi la cosa difficile è andare a scovarle. Questa volta, come molte altre, ha provveduto David Bash, che inserendoli nel programma dell'International Pop Overthrow di Atlanta 2008 li ha esposti alla sparuta platea di appassionati. Satisfactionista dovrebbe essere il loro album d'esordio, che curiosamente è andato fuori stampa il giorno in cui è stato pubblicato, e buon per loro. La faccenda ha in ogni caso accresciuto la mia curiosità sul disco, che McKay mi ha gentilmente concesso di scaricare. Non male, non male. Tra le melodie acustiche ed eteree in stile Turin Brakes / Crowded House dell'iniziale An Uncertain Flight e il rock emozionale e carico di soul (nel senso proprio di anima, non tanto in termini musicali) di Scared Of Myself e The Only Way, tutto sommato il figurone la fanno i pezzi espressamente pop come Waiting For The Siren e soprattutto Rage On, powerpop essenziale e zuccheroso all'ennesima potenza, da non perdere assolutamente. Molto buona anche la graziosa ballata From Now Until Then nonchè la pianistica e conclusiva Unseen. Produce Dave Barbe, pluridecorata leggenda locale già dietro alle quinte di REM e Drive By Truckers.(www.myspace.com/criticaldarlings )

Lane Steinberg - Passion & Faith (2009; Transparency). Non ho la benchè minima idea di quali saranno i migliori dischi del 2009, ma di sicuro posso dire una cosa. Passion & Faith, terza opera di Lane Steinberg, sarà sicuramente uno dei più interessanti e in ogni caso il più curioso. Qualcuno dice che mr. Steinberg sia come un pacco-dono: non puoi mai avere la certezza di cosa ci troverai dentro. Il vecchio Lane è stato fulminato sulla via di Minas Geiras, Brasile, ed è stato irrimediabilmente contagiato dalle sonorità progressive verdeoro anni settanta. Si sente. E però, si sente anche il background di Lennonista della prima ora, bagaglio imprescindibile dell'autore. Risultato? Un disco inusuale, molto bello e molto intenso. Non era facile asscociare quattro cover del Club the Esquinha (il famoso collettivo di musicisti brasileiri dei seventies) cantate in lingua originale al pop di chiara matrice anglosassone che governa la maggior parte del disco. Eppur ci riesce, forse anche perchè i due stili si guardano, si annusano e finiscono per piacersi. Così Milton Nascimento riesce a profumare seppur vagamente di Rundgren, mentre Lennon pare frullato dal collettivo in un mixer contenente brazilian prog, jazz e bossanova. Per non farci mancare niente, Lane propone un'incredibile ed assurda jam sul tema di Dark Star dei Grateful Dead, suonata interamente da lui e davvero ben riuscita. Non fate i prevenuti e dategli almeno un ascolto perchè merita veramente tanto. (www.myspace.com/lanesteinberg )

Calico Brothers - Tell It To The Sun (2009; autoprodotto). E' tornata la combriccola dei Calicos, che gioia! Uno dei nostri gruppi Neozelandesi preferiti del momento ha messo insieme l'album lungo che tanto speravamo uscisse, e neanche ci hanno fatto attendere troppo, visto che il loro strepitoso ep d'esordio è vecchio di nemmeno dodici mesi. I più attenti tra di voi ricorderanno quanto qui ad UTTT abbiamo adorato quel dischetto, che lo scorso anno ha finito la sua corsa al numero 3 nella classifica di categoria. Diciamo subito che Tell It To The Sun non solo propone la stessa strabiliante capacità di spacciare melodie e grandi canzoni, ma certifica un'ulteriore solidità che la band ha saputo raggiungere a livello squisitamente compositivo. Il tutto è sempre giocato sull'asse Petty-Harrison-Lynne ma il clima generale, rispetto all'ep d'esordio, sembra essere ancora più indirizzato verso la componente folk e americana del loro linguaggio. In ogni caso, è un discone senza pecche e pure ricco di svariati spunti clamorosi. Non sto esagerando, giuro. Perchè per i nostri gusti e per le nostre passioni non possiamo rimanere indifferenti davanti all'americana perfetta della title-track, o della sgargiante grazia folk di Always Say I'd Do. E, ancora, ci beiamo della straziante e bellissima estasi acustica di Up For Air. Senza contare che i fratelli Calico, quando di tanto in tanto decidono di dare gas al loro motore pop, sono capaci di piazzare colpi da KO come Weight Around My Heart, roba che già su Woodface avrebbe fatto un figurone, mentre su Time On Heart avrebbe fatto impallidire il 90% dei brani scritti da Neil Finn. (www.myspace.com/calicobrothers )

martedì 5 maggio 2009

Disco del Giorno 05-05-09: Valley Lodge - Semester At Sea (2009; Thistime records)

Il grande giorno è arrivato. Finalmente, direte voi, visto che l'ultimo post risale addirittura allo scorso quindici Aprile...Ho le mie giustificazioni, però! In primis, questo è un periodo veramente incasinato per me, e in secondo luogo ho ricevuto il mese scorso il nuovo album dei Valley Lodge! E allora? E allora Semester At Sea, uscito a quattro anni di distanza dall'omonimo e primogenito disco della banda Newyorkese, andava studiato per bene prima di trasmettervi opinioni inesatte, o meglio incomplete. Certo, tutti i dischi andrebbero ascoltati e riascoltati prima di scrivere qualcosa a loro riguardo, ma alcuni di più. E il disco dei Valley Lodge, visto quello che il loro album precedente rappresenta per tutti i fanatici del powerpop, indubbiamente necessitava di qualche riflessione supplementare.

Il punto è questo. L'album d'esordio giunse come un abbaliante regalo inaspettato durante l'autunno del 2005, e ancora oggi è saldamente al primo posto nella mia (e non solo nella mia) classifica riguardante i migliori album di puro powerpop del decennio corrente. In casi come questo le aspettative dell'ascoltatore hanno enormi possibilità di rimanere deluse, perchè partire con un capolavoro ed avere poi "l'obbligo morale" di pareggiarlo porta dritti alla crisi del secondo album, al "sophomore slump", come dicono gli americani riferendosi ai dischi rock'n'roll e alle ex matricole del campionato NBA che si apprestano ad affrontare la stagione della consacrazione. Ebbene, ad un primo ascolto la delusione è stata fortissima, incredibile, devastante. Ma come è possibile, mi dicevo. Uno dei lavori che più ho atteso negli ultimi anni non può essere così privo di spunti, uguale a se stesso, unidimensionale. E ancora, come scritto da Steve di Absolute Powerpop nella sua recensione di Semester At Sea (emotivamente molto molto simile a quello che penso e ho pensato io), dove sono finiti gli estrosi e divertentissimi falsetti che Dave Hill estraeva a sorpresa dal cilindro a metà strofa? E quei ritornelli-capolavoro? Non poteva essere così. Devo ascoltarlo ancora. Dargli tutte le possibilità che si merita, pensavo. Solo quando sarò più che sicuro di quello che penso screditerò un disco dei Valley Lodge.

Ho fatto bene. Perchè il ragionamento che stavo facendo seguiva un binario sbagliato. Dave Hill e John Kimbrough semplicemente non hanno tentato di fare un sequel del loro primo album. Una scelta coraggiosa e giusta, perchè avrebbero rischiato di rimanere schiacciati dal loro stesso capolavoro. Hanno imboccato una strada differente: il suono è più duro, più veloce, più glam. Le melodie, ancora poderose e stuzziacate dal genio vocale di Hill, rimangono più nascoste dietro ai granitici muri di chitarra ma ci sono, eccome se ci sono, e risplendono come quattro anni fa. E' vero, i falsetti random, marchio di fabbrica di "Valley Lodge", vengono utilizzati con parsimonia, ma quando irrimediabilmente irrompono nel mix ci fanno ricordare perchè la band rappresenta - ancora oggi - una delle massime espressioni del powerpop dell'ultimo lustro e non solo.

Parlo a chi, come me, ha amato e consumato a furia di ascolti il loro primo disco. Non commettete l'imperdonabile errore di abbandonare Semester At Sea dopo i primi asscolti perchè sarebbe delittuoso. E perdereste l'opportunità di adorare uno dei pezzi d'apertura più melodicamente devastanti a memoria d'uomo come Break Your Heart. Di muovere il testone trascinati dagli impagabili riffoni di The Door, It's A Shame e If You Love Me. Di cantare a squarciagola l'incredibile Comin'Around, che sul primo album sarebbe stata a pennello. Di gioire, in ogni caso (e anche in questo sono assolutamente d'accordo con Steve di AbPow) ascoltando uno dei migliori dischi di questo 2009.

E' superfluo dire, ma lo scrivo lo stesso, che qualsisi problematica relativa all'ascolto di Semester At Sea non toccherà chi non ha avuto la fortuna di sentire il primo Valley Lodge. In tal caso, è probabile che inizierete subito ad amare questo stupendo disco. E'chiaro che il percorso a ritroso è molto meno irto di ostacoli, e assimilare il capolavoro del 2005 sarà facile come bere un bicchier d'acqua. Un pò vi invidio.