Tempo tiranno, mannaia di sogni, illusioni e progetti. Under The Tangerine
Tree è nato, ormai cinque anni fa, per essere sul pezzo, per togliere strati di
precoce polvere dal maggior numero possibile di grandi dischi pop in costante
uscita in ogni sperduto angolo del globo. E invece non scrivo niente da un
mese, più o meno. Basta, chiudo, mi son detto. Poi ha prevalso l’estrema
passione per il mio progetto originale e quindi eccoci a lanciare la volata di
fine anno, partendo da una mini digressione su un disco che giaceva semi
dimenticato sulla scrivania da metà giugno.
Dan Kibler vanta mezzo secolo di vita passata perlopiù a suonare in locali
di second’ordine ed una discografia ignota al crescente ma comunque sparuto
plotone di aficionados della materia popchitarristica. Nondimeno, egli vanta
almeno tre buoni motivi per prendersene cura. Innanzitutto, questo nuovo ed
omonimo long player si pregia di una griffe tra le più affidabili in materia:
se c’è scritto Kool Kat io compro, non ci sono storie. La seconda motivazione,
parzialmente collegata alla terza, è di carattere prettamente geografico. Il
signor Kibler risiede nella Pennsylvania centrale, fatto che, quando si parla di
produzioni più o meno powerpop, acquista di default una certa rilevanza. E chi
è uno dei capi supremi del nostro genere preferito proveniente da quelle terre? Michael
Giblin, ovviamente. Il noto autore a capo dei Parallax Project e già bassista
di quella leggenda totale chiamata Cherry Twister, qui co-produce e lucida le
parti a quattro corde con la consueta maestria. Spero che di obiezioni ne
avanziate pochine.
Dan Kibler è autore di un gran bel disco di genere che da queste parti amiamo
definire, in un certo qual senso, popicana, che riesce nell’intento di
coniugare la musicalità del miglior pop adult oriented ad istanze cantautorali
a stelle e strisce anche un pizzico rauche, e che hanno in Tom Petty il massimo punto di
riferimento. A caratterizzare l’album sono dunque brani d’originale scrittura
ed indiscusso fascino come The Misunderstood, When Johnny Comes Home e Brocken
Back and Bound, tutte segnate da una scrittura tipicamente roots pop di prim’ordine
che renderà senz’altro felici i fans di certi Jayhawks, mentre i brani sciolti
del lotto, a cui va comunque riconosciuta una grande coesione di fondo,
spaziano dal pedal steel sound di Another Day alle sassate melodiche imposte da
Never Good News, indiscutibilmente miglior brano dell’intero lavoro.
La passione che il signor Kibler ostenta per il power pop classico emerge da
45 Seconds More, dove i sublimi riffs di chitarra rievocano Dwight Twilley e
Raspberries, e la cosa impreziosisce ulteriormente un disco caldo e personale. Che va
bene, è uscito alle porte della scorsa estate, ma sarà in grado di essere
perfetto nell' allietare le prime comparsate davanti al camino in questa prima
striscia autunnale.
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