E dunque siamo stati ufficialmente messi in quarantena, una brutta e noiosa faccenda ma poi noiosa nemmeno troppo, a prenderla dal verso giusto. Quanti dischi e libri abbiamo accumulato sui nostri sempre più pericolanti scaffali negli ultimi due mesi? Tanti, perché di tempo ce n'è poco. Adesso che il magazzino di ore libere ha improvvisamente rivelato la sua metratura immensa possiamo ridurre le cataste, tanto da aprile ricominceremo serenamente ad ammassare carta, plastica nera e plastica grigia nei nostri appartamenti.
In momenti tanto incerti e surreali rincuora alquanto trovare conforto tra le persone fidate, e Darrin Lee, CEO della commendevole etichetta discografica Subjangle, è una di queste. Ci sono esseri umani di cui infallibilmente ci fidiamo, quando si parla di gusti musicali: il signor Lee, attraverso il supremo blog di genere Jangle Pop Hub, nell'ultimo anno ha fornito suggerimenti inesauribili e di qualità senza sosta, dunque il tizio a occhio e croce andrebbe seguito, se conosco come credo il profilo del lettore medio di UTTT. L'ultima produzione della sua label è una raccolta dei misconosciuti Late Pioneers, quattro amici di Manchester dispersi ai quattro angoli dell'isola causa lavoro, mogli e faccende di vita varie, che si riuniscono di tanto in tanto, come noi ci riuniamo per il Natale, allo scopo di registrare canzoni e mettere in piedi lo sporadico concerto.
La passione viscerale gronda dall'etica e dalla produzione dell'omonima compilation che abbiamo in mano, divisa tra i pezzi dell'EP "Close Enough" (2019), del disco lungo "Bin Wang" (2016) e alcune tracce inedite selezionate per noi dall'eminenza grigia Julie Fowler, proprietaria del fondamentale blog Colours Through The Air. Venti canzoni brevi, spesso intorno ai due minuti e mezzo l'una, di sixties pop a fedeltà piuttosto bassa e sapete che non è una critica. Alla scrittura si prestano tutti e quattro i membri della band, pure inclini a cambiare volentieri lo strumento di competenza. Un concetto di cuore e famiglia, con gli eroi che vi aspettereste sullo sfondo: Let Me Tell You How It Hurts, cui è affidato l'avvio del disco, è un manifesto jangle byrsiano e anche una dichiarazione d'intenti insieme alle splendide Resilient Man e Something Special, che onorano con la loro brillantezza compositiva il mito di Ray Davies, l'altra stella polare dei quattro.
Il geniale germe dei Kinks, veri eroi della situazione, vagola indisturbato anche in Leaving Today e Never Been Easy, due ottimi pezzi che mi ricordano una band da queste parti amatissima e interprete tra le più sublimi dell'eredità storica a noi più cara: sto parlando dei grandi Bronco Bullfrog. Non indifferenti anche le parti più intime e cantautorali, e se Something to Sing potrebbe anche farvi pensare a Tony Hazard davanti al falò, The Bench scomoda certo Billy Bragg, se non altro per la pulsione intrinseca, che nessuno si offenda. Into The Mud trasmette sensazioni Velvet Underground ma di quelli soft, e altro jangle, più sghembo, arriva da Stepford Wives, che a me comunica addirittura la presenza, da qualche parte nelle vicinanze, del sommo Dan Treacy. In attesa che Nathan, Peter, Craig e Nick organizzino una nuova reunion, qui abbiamo materiale per un po' sufficiente a passare in serenità queste obbligatorie serate casalinghe.
1 commento:
Hi.
Craig here, from The Late Pioneers.
Thanks for all of the kind words (+ thanks to Google Translate too) and thank you for taking the time to listen.
We are all isolated from each other for the foreseeable future, so finding things to do with our time is important. Nice weather over here is helping; I'm currently spending a lot of time watching garden birds zipping across the garden. I imagine the other LPs are doing similar.
If our music can put a smile on your faces and help you to pass the time, we are eternally grateful that you've listened to it and even more thankful that you've taken the time to let us know you've enjoyed it.
Thank you.
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