A me piace, nascosto dietro l'angolo, osservare la gente che parla senza alcuna cognizione di causa di ciò che ritiene sia la musica pop. Mi piacciono i commentatori seriali delle patinatissime riviste e i brillantissimi cronisti della domenica. Mi piace un sacco. Mi piace TV Talk e mi piace Rolling Stone. Sono casse di risonanza ancora in grado di sviluppare un hype enorme attorno a personaggi improbabili, in contumacia di contenuti e nonostante di dischi non se ne vendano più. Sono bravissimi, comunicatori eccezionali, esteti raffinatissimi. E pensate se si accorgessero che qualcuno scrive ancora canzoni meritevoli di essere diffuse alla radio: questo qualcuno potrebbe fare della propria passione addirittura una professione e, pensate, alla radio si ascolterebbe musica decente.
Forse la chouchroute che ho mangiato ieri sera m'è rimasta sullo stomaco, e i miei sogni indigesti sono stati gravidi di fantasie assurde. Eppure un mondo migliore non è impossibile, solo che per qualche motivo non potrà essere abitato da moltitudini: resterà affare privato, per noi e pochi altri, per fortuna quasi tutte ottime persone. L'ultima conoscenza l'abbiamo fatta con Mo Troper da Portland: al terzo disco, egli si candida a un posto saldo nella top ten di fine anno, anche se l'inverno non è ancora finito. Il suo "Natural Beauty" è un album splendido, fatto di brevi spaccati di musica popolare pronta per le masse, se le masse fossero ancora dotate di apparato uditivo. Melodie semplici e istantaneamente adesive accompagnano testi situazionisti e astuti nella loro ricerca del bandolo nella quotidianità, tra relazioni iniziate e finite nello spazio di una manciata di messaggi social e di cibo discutibile trangugiato davanti alla tv perché "non ho davvero niente di meglio da fare".
Nel power pop, lo chiameremmo così per l'assidua presenza di chitarre sostanziose, di Almost Full Control e Potential e nel jangle d'assalto di Your Boy il signor Troper dimostra ampiamente di conoscere il fatto suo. Nelle strutture semi-acustiche di un Matthew Jay meno tormentato, o di un Robert Post, persino di Matt Keating, mica c'è nulla di male, che bello quel suo disco su Poptones, apprezzabili ascoltando Come and Get Me e la conclusiva Cameo, la sua matita colorata disegna che è un piacere. Ma è l'infatuazione, non si sa se consapevole o meno, per il club soft pop di Association e Millenium, certo traslata in chiave moderna come sa fare il grande Wyatt Funderburk, che gronda da piccoli gioielli come Your New Friend, In Love With Everyone e dall'inaugurale I Eat a fissare l'album sul vostro piatto e a impedirvi di spostarlo. Infatti dovrò comprare un giradischi nuovo: quello vecchio al momento è occupato da Mo.
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