Non sono un fanatico della sperimentazione ad ogni costo. Non sono nemmeno un conservatore, ci mancherebbe, mi piacciono le nuove intuizioni e gli esperimenti quando sono fatti con gusto e cognizione. Tuttavia, nutro un'invincibile animosità nei confronti del fondamentalismo avanguardista e, in genere, verso tutti i generi musicali che si fregiano del prefisso "post". Ma post de che? Ci vuole talento, è troppo facile farsi solleticare dai commenti positivi di una stampa che aspetta solo la nuova sperimentale cazzata da dare in pasto agli ignari lettori. Qualcuno, però, fortunatamente, il talento per fare musica anticonvenzionale ottenendo dei risultati fantascientifici ce l'ha, per esempio ne sono dotati in quantitativi smisurati Jim Duncan e James Harvey da Liverpool, i White Star Liners.
Un grandissimo gruppo indipendente, autore di un album sensazionale ed inaspettato, uscito alla fine dell'anno e per questo ancora in tempo per fare sfracelli nel "best of 2008", dove si insedierà in una posizione tra le prime venti, se mai riuscirò a completare la classifica. Un disco, The Rural Electrification, dove si sperimentano nuovi percorsi e si innovano le grandi tradizioni della musica popolare, con grande rispetto e notevole capacità, però. I White Star Liners devono averlo studiato con precisione e pazienza certosina, quest'album di debutto. I suoni sono curati nei minimi dettagli, gli arrangiamenti e le sfumature di ogni sorta sono pennellati con tecnica, perizia ed amore per la materia, mentre gli accostamenti - spesso parecchio arditi - tra strumentazioni acustiche di matrice inevitabilmente folk e drumming elettronico sono costruiti con una delicatezza che definire sublime è perfino riduttivo.
The Rural Electrification inizia con una sommessa pianola che introduce Building Impossible Flying Machines ed incede per quattro minuti di etereo folk ristrutturato da stravaganze sintetiche e campionamenti sfumati, che fanno venire in mente i momenti più quieti dei Future Clouds And Radar. Digging For Bombs, invece, è un brano essenzialmente powerpop debitore dei Blur durante la strofa-capolavoro e addirittura dei migliori Silversun nel ritornello, vi giuro che è vero e non potete immaginare quanto sia bello poterlo dire. Se Keep Calm and Carry On è un'acustico in chiave sessantista con una sezione ritmica in qualche modo influenzata da un certo country d'annata, Tyre Pressure Was The Least Of His Problems è il capolavoro assoluto dell'intero disco: uno spaccato di Elliott Smith contaminato da una sublime batteria elettronica, camuffato da suoni e rumori delicatamente sintetici e travolgente nelle spaventose linee vocali.
L'indimenticato Elliott da Portland guida il sogno di Jim Duncan anche in The Cruellest Graveston, che richiama all'ordine anche alcune sonorità tipiche di quello che, all'inizio del millennio, furoreggiava sotto le insegne di "new acoustic movement"; ed un altro pezzo francamente eccezionale si chiama Sleep Like Stones, una travolgente cerimonia up-tempo che pesca dalla tradizione folk sessantista esibendo stacchi e bridge intellettualmente così avanti da mettere sotto tante, tantissime produzioni indie attuali.
I dodici episodi di Rural Electrification sono uno più incredibile dell'altro e le sorprese sono disseminate in ogni dove. Ascoltare, tanto per gradire, Bugs and Flames che, se non fosse per il drumming ostentatamente elettronico, potrebbe sembrare un pezzo dei Weezer periodo Green Album, quando ancora erano dotati di quell'inconfondibile guizzo melodico. E già che ci siete, godete senza remore del classicissimo sunshine folk strimpellato in Birthday Banners And Christmas Shivers per poi tuffarvi contro un nuovo muro di chitarre e melodie eccezionali stile Grandaddy nel penultimo atto, chiamato Dimmer Then Explode.
La definizione che gli stessi White Star Liners danno del loro suono sulla pagina MySpace della band è fantastica e ve la cito: "come suona? come un bitter tiepido gustato in un giardino di un pub del Sussex in autunno". Forse un pelo troppo immaginifico, ma può rendere l'idea. Aggiungo che, se i giornali musicali mainstream dessero loro spazio, potrebbero diventare delle potenziali star, e a pieno merito. Delicati, inusuali, affascinanti. Un grande disco consigliato a tutti.
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