Da cinque o sei anni, ormai, Kevin Peroni fa la parte della gemma sempre meno nascosta nell'infinito groviglio di talenti provenienti da Austin, Texas, la città americana - e non solo - con la più alta percentuale di compositori fenomenali in rapporto al numero di abitanti. Benché da qualche anno Kevin abbia deciso di "mettere su famiglia", creandosi una band vera e propria dopo i solitari esordi di un lustro fa, il "concetto Wiretree" continua ad essere eminentemente sua esclusiva, e nonostante un certo naturale trasformismo occorso all'autore mano a mano che gli album passavano, dobbiamo ammettere che il signor Peroni continua a fornire regolarmente canzoni di un certo livello.
Tre album e un extended play a nome Wiretree, per ora, nella discoteca pop rock mondiale: se l'ep d'esordio, insieme al primo lavoro lungo Bouldin, rappresentava l'eredità vagamente heartland rock di cui Peroni disponeva a piacimento, il secondogenito Luck ampliava i passaggi nei territori indie pop popolati da Spoon, New Pornographers e chissà quanti altri. Make Up, l'oggetto di questa recensione, è una fusione tra le due visioni sopraccitate, e se proprio devo dirlo, ma potrei cambiare idea, l'ultimo album dei Wiretree sembra proprio quello fin qui meglio riuscito.
La title track, che apre il disco, è american pop paradigmatico, nel senso che, se come me ritenete Lapalco, il secondo disco di Brendan Benson, uno dei migliori album di pop americano degli ultimi dieci anni, non potrete resistere alla tentazione di ascoltarla alzando oltre il massimo il volume dello stereo. Broken Foot è un ritorno alle origini, una breve traccia che scorre sicura sulla vecchia strada tracciata dai Wilburys e che su Bouldin sarebbe stata a proprio agio, laddove Tonight e Tiny Heart paiono estratte dalle recording sessions, pervicacemente indie-pop, di Luck.
Solo nove tracce ed un disco compatto, con tanta scrittura e pochi fronzoli, registrato con un feeling live che di prese ne deve aver richieste pochine ed altre due canzoni da segnalare: The Shore, che impressiona e ci si chiede perché mai Kevin, ad un certo punto, abbia deciso di parodizzare Holiday dei Green day e la conclusiva Josephine, lattiginosa ballata perfetta per chiudere l'ennesimo inappuntabile lavoro firmato Wiretree. Se già possedete i precedenti, non ho nient'altro da aggiungere; se siete novizi, partite da questo intrigante Make Up.
CD Baby | MySpace
Nessun commento:
Posta un commento