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mercoledì 9 novembre 2011

Disco del Giorno 09-11-2011: An American Underdog - Always On The Run (2011; Pop Factory)

Un perdente americano, An American Underdog. Nomen Omen, verrebbe da pensare, ma forse è un pò troppo duro con se stesso, Andy. Si ma, Andy chi? Se il nome d'arte non vi dice niente, non preoccupatevi: trattasi di disco d'esordio, almeno nominalmente. Always On The Run è nei fatti il secondo album di studio di Andy Reed, il cui debutto, quella volta edito a nome e cognome di battesimo dell'autore, entrò nella top 10 riguardante i dischi usciti nel 2008, ed a buona ragione. Esimio esempio di cantautore pop, Andy capeggia quel nutrito manipolo di simili interpreti (Adrian Whitehead, Brett Harris, Justin Kline tra gli altri) che tante soddisfazioni ci sta ultimamente dando. E basta dare un'occhiata all'apertura, affidata alla solenne Your Reign Is Over, per capire che l'ispirazione, dalle parti di Bay City, Michigan, non si è assolutamente esaurita.

What's Out The Front Door? si chiede Andy, e, parafrasandolo, contempliamo una risposta che più lusinghiera non si potrebbe. Beautiful Dreamer, tanto per far percepire il talento dell'artista, è una fioca ballata, scheletrica e vagamente lisergica, talmente inventiva da ricordare persino il Robert Harrison di Spin My Wheels, o anche di Pine Box Builder. Poi la title track, sfuggevole superficialità ragionata, più Harry Nilsson che Paul McCartney, però interpretata da un Brendan Benson (che ultimamente riappare spesso, nelle recensioni di questo blog) o da un Jim Boggia, per dire. The Day The World Was Lost, un pò Elliott Smith, quello meno depresso, è una suprema ballata per coronarie forti, dove l'estrema dolcezza di facciata non nasconde l'interiore tumulto. E che archi, nel finale. Nothing I Can Do, che con il brano precedente rappresenta la coppia meglio assortita del disco, è invece sinonimo di r'n'r come potevano essere r'n'r i tardi Beatles, stagionati in botte per quarantadue anni, però.

Il resto del disco è contorno prelibato e si sa che, nei grandi ristoranti, il più semplice contorno è molto meglio del piatto principale di un ristorante normale. Fuor di metafora, per le tracce che restano, Andy Reed dimostra passione e competenza quando si tratta di maneggiare i sixties (in qualche modo, World Of Make Believe) specie quelli più soleggiati (ottimo il tiepido simil Beach Boys sound di Put Out The Fire). E se il nome d'arte evoca l'America, in qualche modo l'America doveva centrare, così ecco che la chiusura è assegnata a Train, grande ballata da estremo occidente che da null'altro poteva essere ispirata.

Senza dilungarci inutilmente, e del resto questa recensione sembra abbondantemente sbilanciata a favore del perdente americano, raccomandiamo caldamente l'acquisto immediato di questo piccolo gioiello da top 5. I lettori di Under The Tangerine Tree e, più in generale, gli appassionati di pop music non potranno fare a meno di Always On The Run senza vedere chiaramente incompleta la propria collezione di dischi usciti in questo generoso 2011.

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