A tre anni di distanza dal gustosissimo Beautiful Mess ritornano i Maple Mars, che poi in sostanza significa che a tornare è Rick Hromadka, originale autore losangelino che dei Maple Mars è in pratica la mente unica. Si parla dei quartieri pop della Città degli Angeli, ed avendo in mente le tinte pastello del precedente album di studio ci si potrebbe/dovrebbe aspettare il solito concentrato di "liquido sole californiano" che in quaranta e passa anni di storia ha deviato milioni di appassionati trascinandoli dai Byrds ai Cloud Eleven. L'apertura The Excursion semra un buon viatico in tal senso, forse meno soft di quanto ci si aspettasse, certo, ma pur sempre uno standard pop-psych di quelli che a Hromadka riescono sempre bene. Il fatto è che stavolta Rick ha voluto dare sfogo a tutta la propria creatività, senza limitarsi a sviluppare la parte di essa che molti di noi hanno imparato ad apprezzare nel corso degli anni (e degli album).
Galaxyland, sorta di album concettuale dedicato ad un'ipotetica città spaziale, migra infatti ovunque sia possibile cercare tracce di vita pop, senza disdegnare nulla e mantenendo in ogni caso una coesione di fondo che conferisce forza e credibilità all'intera collezione. Se le preferenze dell'autore sono naturalmente dirette alla psichedelia melodica della già citata traccia inaugurale, di New Day e di Trascendental Guidance, bisogna rendere omaggio ai tentativi di esplorazione anche floydiani di Prelude: New Day e ad altre divagazioni sul tema che alla vigilia non erano per nulla scontate. Parliamone. Starting Over (Again) aggiunge al pacchetto dosi supplementari chitarristiche che sconfinano nei territori occupati anni fa dai Cheap Trick. Nel frattempo, Borrowed Sunshine pare il titolo perfetto per un brano che sembra estratto da una chart britpop del '96, ed Head Turner dimostra quanto tatto abbia Rick nel trattare delicati frammenti acustici. Il bello arriva in fondo, però, perchè il brano migliore della raccolta, almeno per il sottoscritto, è senza dubbio Somewhere Back There, tormentone bubblegum dove sembra di assistere ad una performance dei Jellyfish fronteggiati da Matthew Smith.
In conclusione, Galaxyland è un album che mi sento di consigliare a varie categorie di appassionati e, chiaramente, a tutti quelli che oggigiorno, quando si parla di pop chitarristico, si possono definire onnivori. Rick Hromadka rimane uno dei maestri della scena di L.A. in fatto di pop psichedelico, ma in questo caso ha deciso di non accontentarsi e ha dimostrato di essere, passatemi la definizione cestistica, uno dei migliori all arounder della costa occidentale.
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