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giovedì 26 luglio 2012

e.p. del Giorno 26-07-12: John Lefler- Shout Fire (2012; autoprodotto)


Shout Fire è stato scritto durante un'opprimente estate texana; nel lavoro non sono presenti canzoni d'amore, ed i coniglietti sulla copertina non rappresentano nulla di tenero, ma piuttosto un senso di generale irrequietezza e difficoltà.

John Lefler è inquieto; non si sa se per calura o per antiteticità rispetto alle distorte interpretazioni del quotidiano che lo circondano, ma è inquieto. Probabilmente non per amore, visto che in questo caso non se ne parla, sempre che non se ne parli per carità di patria. Eppure canta della Good Life nella soffice traccia due, l'episodio meglio riuscito del disco che pacificamente narra del "tutto sommato", adagiandosi comoda su prelibati tappeti west coast. E costa ovest sia, ma in un contesto sonico e strutturale che poco ha a che vedere con le origini della materia. Mr Lefler, per sua stessa ammissione, affidandosi alle sapienti mani del fratellone Bill, decide infatti di discostarsi dal guitar pop  classico che bene o male permeava l'eccellente album d'esordio Better By Design, erigendo attorno a Shout Fire delle barriere soniche assolutamente moderne, con risultati non male.

Molto più spesso rispetto al disco d'esordio, tra l'altro, i brani che compongono l'extended play oggetto della trattazione odierna virano parecchio sul personale, e l'intimismo dei testi non può che riflettersi sulla percezione generale del tutto. Non che non ci siano brani upbeat, che anzi occupano la metà del dischetto, ma il senso non è quello. L'andazzo della title track, il ritmo compulsivo di Shelter In Place ed il chiaro tributo ai Crowded House, ancorché vitaminizzato, dell'ottima Dead Technology livellano l'adrenalina di un lavoro sparso e privato, che delega il proprio sunto concettuale a Broken People, accorata digressione circa la condizione di difficoltà in cui l'uomo vive ed è costretto a perpetuare nei secoli dei secoli.

John Lefler, uno che nella vita di tutti i giorni suona la chitarra per i Dashboard Confessional, conferma di cavarsela benone anche stando per i fatti propri, e ascoltata la produzione solista, si comprende come le soluzioni melodiche del suo gruppo di origine siano ampiamente ascrivibili a suo merito. Qualora la cosa dovesse lasciarvi indifferenti, e del resto l'ho scritto solo per dovere di cronaca, fidatevi dei sei brani che compongono Shout Fire; un dischetto che, fossi in voi, mi porterei a casa.