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giovedì 25 novembre 2010

Quirky Thursday.

Due album stimolanti e bizzarri per lanciare il fine settimana.

Flav T Mastrangelo - Things I Lost (2010; Tubular). Flavio Torzillo è stato il batterista dei grandi e compianti Suinage, scioltisi la scorsa primavera pochi mesi dopo aver pubblicato l’eccellente LP Shaking Hands, recensito con entusiasmo da UTTT. Mentre l’avventura del terzetto canturino volgeva tristemente al termine, Flavio licenziava il proprio album di debutto con lo pseudonimo Flav T Mastrangelo, intitolato Things I Lost ed edito dalla milanese Tubular records. Il disco racchiude undici tracce simboleggianti tumulti interiori, appunti scritti di getto su postit attaccati qua e là, pomeriggi autunnali passati in cameretta con la chitarra (ed il synth) in mano e le tapparelle abbassate. Niente compromessi, solo necessità espressiva ed undici belle tracce che, introdotte dalle atmosfere elettroambient di A Sign of Devotion, svariano senza imbarazzo e sorprendente efficacia tra l’Evan Dando post Lemonheads di Better Than I e della mirabile She al pop filtrato dall’esperienza new wave di I Wouldn’t Try To Tell You; dall’elettronica variamente sfaccettata di Make Me Happy e Someday all’esperienza black che certamente si intravede scorrendo i paragrafi di Surrender. L’iperrealismo da cameretta della conclusiva I’m Not a Man e soprattutto la sublime filastrocca intitolata Serenade completano degnamente un disco personale, anarchico, fuori mercato. E proprio per questo dolcissimo. Rispetto. (www.myspace.com/flavtmastrangelo)

Lo-Fi Resistance - A Deep Breath (2010; Sound Language). Altro disco che definirei strano, ma di uno “strano” certamente diverso, è quello scritto, suonato e prodotto da Randy McStine, l’uomo (vista la giovanissima età, sarebbe forse meglio definirlo ragazzo) che si cela dietro all’ambizioso progetto Lo-Fi Resistance. Conviene subito fissare un concetto: A Deep Breath, questo il titolo dell’album, non è necessariamente un’opera per tutti i gusti. Ma il disco è talmente originale e, passatemelo, ardito, da meritare senz’altro più di un ascolto ed almeno un plauso. McStine è un talento naturale avvezzo alla scrittura hard pop, sempre che la definizione abbia un senso; un certosino del lavoro chitarristico e dell’architettura musicale tutta. Certo, ogni tanto vezzi e vizi virtuosistici si palesano con eccessiva nonchalance per i miei gusti ma tant’è, talvolta bisogna portare rispetto alla musica per quella che è, senza giudicarla per come vorremmo che fosse. In ogni caso, ed immagino sia ormai chiaro, il disco dei Lo-Fi Resistance è fatto di undici tracce di ricercato pop altamente progressivo, caratterizzato dall’ottimo songwriting di McStine il quale, durante quest'avventura, è accompagnato da Dave Meros e Nick Di Virgilio degli Spock’s Beard . Proprio gli Spock’s Beard, insieme a tutte le bands deviate dall'esperienza King's X, sono chiare influenze per il songwriting di Randy soprattutto in omaggi prog-hard-pop come Too Simple e Moral Disgrace, ma anche negli episodi di ancor più dura scorza ome Embrace. A tratti esce una più marcata vena melodica (si ascoltino l'acustica All We Have e la conclusiva Wasted), e l’episodio migliore è rappresentato da Hello New Star, dove pare di sentire i Jellyfish catapultati nei medi seventies. Disco consigliato solo ai cultori del genere ed a chi – come molti di noi – non è disposto a farsi condizionare negativamente a prescindere da lavori non convenzionali. (www.myspace.com/lofiresistance)

mercoledì 17 novembre 2010

Brutte notizie, powerpoppers.

Bruce Brodeen ha fondato la Not Lame records sedici anni fa, nel 1994, con la precisa intenzione di diffondere il verbo powerpop, quando in pochissimi ne parlavano e - come dichiarato da Jordan Oakes, intervistato su queste pagine il mese scorso - quando chi ne parlava bene non ci faceva esattamente una bella figura. Bruce operava su due livelli: la Not Lame, infatti, è stata un'etichetta discografica, meravigliosa, con più di duecento uscite in catalogo comprendenti una sostanziosa parte della crema del pop chitarristico anni '90. Al contempo, la Not Lame era un mail order, che nel corso degli anni ha aiutato migliaia e migliaia di artisti indipendenti a "far vedere alla propria musica la luce del sole". Non sono mai stato bravo a quantificare, ma se dico che dalla Not Lame ho comprato centinaia di dischi dico il vero. Ricordi, tanti. In primis, l'attesa e l'eccitazione dei miei lunedì e venerdì sera, classiche vigilie settimanali dell'aggiornamento del sito. Ora è tutto finito. Bruce, con un video indirizzato ai suoi supporters, ha confermato che il 24 Novembre 2010, mercoledì prossimo, sarà l'ultimo giorno di vita per la leggendaria etichetta di Ft. Collins, Colorado. Le motivazioni alla base della dolorosa scelta sono molte, ma si intuisce che la crisi del settore discografico (che nel mondo delle piccole etichette sta mietendo vittime in serie) ha la responsabilità più elevata.

La notizia è una solenne mazzata per chi, come il sottoscritto, è stato un fedele ed ortodosso discepolo di Bruce. E non so che dire, se non grazie, di cuore, per aver contribuito in modo fondamentale alla mia crescita culturale, in ambito musicale e non solo. Senza la Not Lame, probabilmente Under the Tangerine Tree non sarebbe stato lo stesso blog.
Buona fortuna, Bruce, e grazie di tutto.

lunedì 15 novembre 2010

Disco del Giorno 15-11-2010: William Duke - The Sunrise and the Night (2010; Kool Kat)

Povero blog, troppo poco tempo per lui, neanche gli ho fatto gli auguri per il terzo compleanno. E troppi dischi giacciono sulla scrivania in attesa di attenzioni che tardano ad arrivare. Troppe, infine, ed ormai consuete, scuse da far pervenire agli artisti che pazientemente aspettano da UTTT un segno di vita. Portate pazienza, per ora è così, più avanti speriamo vada meglio. Non è che nel frattempo i dischi belli abbiano smesso di uscire, anzi. Quello di cui finalmente riesco a parlare oggi, infatti, è una meraviglia totale, un raggio intenso di luce, un arcobaleno imprevisto nel bel mezzo di questo fradicio autunno. Manco a dirlo, il timbro sul retrocopertina reca l'effige della Kool Kat, label che, noncurante della crisi del settore, continua a rilanciare con uscite sempre più incantevoli.

Ma chi è William Duke? William è il nocchiere del progetto Bye Bye Blackbirds, poppers californiani che già un paio di volte, recentemente, hanno avuto modo di farsi apprezzare da queste parti. Già autore anni orsono di un riuscito album solista (The Ghost That Would Not Be - 2005), William deve avere nel tempo accumulato tonnellate di materiale d'alto pregio e non deve aver trovato buone ragioni per non pubblicare un altro disco in intimità, accompagnato da pochi amici fidati e trovando un sicuro alleato nel nel nobile animo di Ray Gianchetti. Risultato? Pop californiano erudito, luminescente, arioso. Scritto da Dio. E viene da pensare che questo 2010, che inaspettatamente è in pratica già finito, abbia avuto un occhio di particolare riguardo per il sunshine pop d'avanguardia, essendo i lavori di Seth Swirsky e quello di William nostro due mirabili candidati a posti d'eccellenza quando sarà tempo di compilare le classifiche di fine anno.

The Sunrise and the Night, dunque. Pop californiano che accarezza i territori sunshine senza però risultare precisamente identificabile, setacciato da momenti di serena introspezione che conferiscono al lavoro un nonsochè di intimo, di personale, di magico. It's Only the Beginning non poteva che aprire il disco, in modo soffice, grondando sentimento ed umori acustici. Formando, in coppia con The Great Escape, traccia numero tre, un binomio di ambientazione sixties folk come non ne se ne sentiva da tempo immemore. Tuttavia, il lato introverso di William è compensato dalle esplosioni colorate che fanno di Sunrise and the Night, come anticipavamo, un disco essenzialmente "California pop". Pop californiano mai eccessivamente faceto ma comunque estremamente brillante, tinteggiato da mille idee e decine di rivoli armonici. Tra le perle della collezione, svetta senz'altro Keep Me In Your Thoughts, calata nelle atmosfere del Golden State negli anni 70 ma reinterpretata alla maniera di Linus of Hollywood. Poi, citazioni più che doverose per A Moment in the Sun e per la title-track, che insieme compongono un'accoppiata west-coast sound da perdere la testa; per The Impending Happiness, che come prima immagine evoca Lennon, se Lennon dopo i Beatles si fosse trasferito a Frisco invece che a New York; per la sublime You're Young and You'll Forget, precisa intersezione tra atmosfere sunshine ed istinti country alla maniera dei migliori Pernice Brothers.

The Sunrise and the Night è un disco intenso, che non molla le emozioni dall'inizio alla fine; viscerale e al limite un pizzico frammentario, ma proprio per questo teso ed emozionante come poche altre cose quest'anno. Un disco che potrebbe fallire, attenzione, al primo tentativo, ma sul quale non insistere sarebbe criminale. Un tesoro nascosto. Forse quello nascosto meglio tra i migliori dischi in assoluto di quest'anno.