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mercoledì 26 novembre 2008

Shake Some Action Revisited.

Il mese scorso vi ho riferito che alcuni grandi bloggers come Angelo di Powerpop Criminals e Curty Ray di Powerpop Overdose avevano indetto un sondaggio, in cui si chiedeva ai lettori di votare i propri 5 dischi powerpop preferiti di tutti i tempi, così da creare una lista "alternativa" a quella (comunque eccezionale) pubblicata da John Borack nel suo fondamentale libro-guida Shake Some Action, The Ultimate Powerpop Guide. I seggi sono stati aperti fino al 31 dello scorso Ottobre, e qualche giorno fa è stato finalmente pubblicato il verdetto dei fans. Invitandovi a cliccare sul link per vedere come il pubblico si è espresso e per analizzare la lista di 200 dischi completa, riporto qui la top 10.

01. Big Star "#1 Record"

02. The Beat "The Beat"

03. Jellyfish "Spilt Milk"

04. Flaming Groovies "Shake Some Action"

05. Teenage Fanclub "Grand Prix"

06. Matthew Sweet "Girlfriend"

07. The Shoes "Present Tense"

08. The Knack "Get The Knack"

09. Cotton Mather "Kontiki"

10. 20/20 "20/20"

Nel complesso, sono contento di constatare che 4 dei 5 dischi che ho votato hanno guadagnato posizioni rispetto alla classifica di Borack: i Big Star dal secondo passano al primo posto; Kontiki, epocale capolavoro dei Cotton Mather "salta" da un incomprensibile ventisettesimo ad un più consono nono posto. Addirittura, Grand Prix dei Teenage Fanclub guadagna ben cinquantacinque posizioni entrando di prepotenza nella top 5 (dal sessantesimo al quinto posto), mentre il mio amato At Home With Cherry Twister, pur restando lontano dalle posizioni di rilievo, compie un significativo balzo dal numero 82 al 44. Author Unknown di Jason Falkner, infine, che non era presente in classifica (l'autore aveva optato per la raccolta di b-sides ed inediti Eloquence, al 156° posto), si guadagna un ottimo piazzamento a ridosso dei vertici (14°).

Che dire? Anche questa classifica, come tutte le classifiche, non è oggettiva né tantomeno "definitiva". Se non altro, è stata un' ottima occasione per dire la propria e speriamo ce ne siano altre in futuro...

martedì 25 novembre 2008

Disco del Giorno 25-11-08: Greg Pope - Popmonster (2008; Octoberville records)

I fans del pop chitarristico più addentro ad un certo tipo di questioni sicuramente si ricorderanno degli Edmund's Crown da Nashville, il cui Regrets Of A Company Man fu uno dei grandi dischi usciti nel 2006. A circa due anni di distanza da quel lavoro si riaffaccia sulla scena Greg Pope, che degli Edmund's Crown è il leader, questa volta in versione solitaria con un album che senz'altro ambisce ad un posto nella top 20 di fine anno. Il lavoro si chiama Popmonster e il titolo si presta ad una duplice interpretazione, anche se solo una di esse è esatta. Scartata l'ipotesi che potrebbe portare a pensare ad una "mostruosità pop", accogliamo quella che rimanda ad un album "mostruosamente pop", sia per l'ovvia qualità dei brani, davvero impressionante, sia per la mole del materiale presente, ben sedici pezzi che assorbono le più diverse influenze dall'universo del guitar pop e le miscelano con cognizione di causa davvero inusuale.

Immaginate un possibile incrocio tra l'invasione britannica degli Who, la sensibilità pop dei Monkees, l'intelligenza compositiva di Jon Brion o Matthew Sweet ed una spruzzata, sottesa ma importante, di roots sound. Il tutto prodotto e suonato da Robert Pollard. Avrete un'idea verosimile di che cosa vi aspetta ascoltando Popmonster. Dopo che sarà partita Sky Burn Down, traccia numero uno, tutto sarà più nitido. Produzione satura all'inverosimile, sound potente, riffs di chitarra reiterati e voce sopra le righe fanno del brano una manna per chi è malato di Who - in versione superbuzz - e di grandi gruppi moderni come gli Shazam. Il tutto in poco più di due minuti, perchè questo tipo di rock'n'roll è essenziale, inutile perdere tempo. E Greg lo ha capito benissimo, visto che l'intero album si protrae per meno di quarantacinque minuti, che diviso sedici non fa nemmeno tre. I Got A Life, secondo episodio dell'album, è stata inquadrata alla perfezione da Aaron Kupferberg di Powerpopaholic, che la descrive come un pittoresco incrocio tra Matthew Sweet e - non abbiate paura - Lenny Kravitz sotto l'effetto di speed. In sostanza, puro rock'n'roll dopato da balera. Uno sballo, a modo suo.

Le radici degli Edmund's Crown (un precipitato di Big Star, Tom Petty e Replacements dai tratti melodici impagabili) riemergono in Lost My Friend (a mio parere, il brano più riuscito dell'album), in Playing Nashville e in Reason With You, caratterizzata da un fantastico lavoro di drumming non convenzionale che fa saltare sulla sedia. Poi, tra i tanti highlights, è obbligatorio segnalare almeno All Day Long, dove i tempi infernali, la produzione sporca e ancora un' ottima performance dietro ai tamburi di Pope (che suona e canta tutto) mi ricorda un mix tra i Cotton Mather più esplosivi e i Guided By Voices. Ma non sottovaluterei, fossi in voi, neppure la grandiosa ballata beatlesiana Only One You, il maestoso pop vagamente ELO di Magic Show (da paura la newaveggiante linea di basso che conclude il pezzo) e Little Things, che per non farci mancare nulla butta lì anche un pò di prezioso jangle rock.

Alla fine, mostruosamente pop o pop mostruso che sia, concorderete sul fatto che Popmoster è un album mostruosamente bello e, perdonatemi l'abuso di avverbi, assolutamente da ordinare. Subito. Quest'anno è stato davvero generoso con i cultori del pop indipendente, e fare una classifica di fine anno sarà, passatemelo, mostruosamente difficile.

sabato 15 novembre 2008

Disco del Giorno 15-11-08: The Rhinos - In Rhi-Fi (2008; Rainbow Quartz)

La pagina web dei Rhinos si presenta con l'inequivocabile manifesto scolpito nella frase "welcome to jangle heaven", giusto per preparare il potenziale ascoltatore. Si, perchè con il quintetto di Malmo, Svezia meridionale, le mezze misure non sono ammesse, e l'ascolto di questo loro secondo album è strettamente raccomandato solo a chi dei Byrds e del jangle-pop è un fanatico assoluto. Se però questo è il vostro caso, sappiate che i rinoceronti Svedesi sono uno dei migliori gruppi "McGuinn-oriented" in circolazione al momento.

In Rhi-Fi (forse l'unico difetto di un disco superbo risiede proprio nella scelta del titolo, per così dire curioso) giunge a ben cinque anni di distanza dall'esordio Year Of The Rhinos, anch'esso pubblicato dalla fondamentale etichetta Newyorkese Rainbow Quartz, che già tendeva a certificare la padronanza ed il talento della band nel gestire la Rickenbacker dodici corde e nello scriverci sopra canzoni fondamentalmente sixties pop di grande valore come Stop The Time, che fu uno dei pezzi più pregiati di tutto il 2003. Cinque anni sono tanti, e cominciavo a dubitare dell'esistenza stessa della band, che invece trovo in forma smagliante e notevolmente progredita soprattutto a livello di songwriting, anche se le coordinate-base del loro suono sono sostanzialmente le stesse e si concretizzano in un orgia jingle-jangle che rimarrà nella memoria degli amanti del genere per qualche tempo.

I primi due brani di In Rhi-Fi, Everything That She Believed e PTO, fanno chiaramente capire che ci si trova nel bel mezzo di un'enorme festa jingle-jangle dove sono invitati al ballo tutti coloro che considerano i Byrds uno dei gruppi fondamentali della storia del pop. After Love Has Gone immette un pizzico di folk protopsichedelico nella strofa-mantra prima di esplodere in un altro grandioso ritornello jangle, mentre Love (The Strangest Thing), dove la voce calda, profonda e molto coinvolta di Leif Svensson tocca punti di commozione pura, presenta un feeling quasi Smithsiano. I suoni cambiano sensibilmente nei due magnifici brani cantati da Lasse Hindeberg, ossia For Just Another Hour With You e Dead End, che sposano atmosfere sunshine pop di tendenza pianistica e faranno piangere di gioia i fans di Zombies e Left Banke.

Ma è ovviamente il jangle il piatto forte del menù, e il party continua con la strappalacrime Before I Set You Free, dove le dodici corde Rickenbacker ci piovono addosso come fossero zampilli di una dolce cascata, con Tell On You, uno dei pezzi più belli dell'intero disco e con My Town, aspra critica sociopolitica nei confronti della loro città, Malmo, da dove comunque non se ne andranno mai poichè ci hanno lasciato il cuore, o almeno così dicono. Il brano, eccelso, è impreziosito da un lussureggiante quartetto d'archi che prende la scena nello stacco e lo trascina tra le tante vette del disco.

Gli ultimi applausi li riserviamo a She Presents The News, toccante acustico dedicato all'annunciatrice del TG di Channel 5, a I'd Rather Be Sad ed ai suoi echi tardo-Beatlesiani e, infine, alla conclusiva Just Disappear, etno-pop tra i Balcani e l'India che rimanda certamente ai migliori lavori dei Kaleidoscope Americani. Lo slogan perfetto potrebbe essere "Welcome to the jangle", in effetti, ma visto che i Guns and Roses a giorni pubblicheranno l'attesissimo (ma da chi??) nuovo album di studio, forse è il caso di trovarne un altro e di rispolverarlo tra un pò...

domenica 9 novembre 2008

Disco del Giorno 09-11-2008: The Pranks - Modern Communication (2008; Screaming Apple)

Ormai la sentenza è inoppugnabile: la città che nei secoli dei secoli rimarrà famosa per aver dato i natali a Cobain, ai Mudhoney, ai Soundgarden e a quel devastante fenomeno musicale, stilistico e mediatico che fu il grunge si è reinventata città d'avanguardia per quanto riguarda il movimento powerpop. Pensate, addirittura esiste un blog chiamato "Seattle Powerpop", e non ci vuole molto a capire che per parlare di un genere di nicchia, per giunta proveniente da una sola città, il materiale deve essere tanto e di qualità. Infatti. Quest'anno abbiamo già avuto modo di parlare di grandi dischi usciti da Seattle come quelli di Doll Test e Shake Some Action!, e adesso abbiamo la fortuna di ascoltare Modern Communication, ossia l'album d'esordio dei devastanti Pranks.

Quando si disserta di pop associato alla "emerald city" non si può fare a meno di citare i Boss Martians di Evan Foster, forse il gruppo powerpop più famoso della città. Ebbene i Pranks sono la creatura di Erik Foster, il fratellino di Evan. Quest'ultimo si è occupato del basso e soprattutto è il responsabile della favolosa e potentissima produzione di un album che si insedia tranquillamente tra i migliori dischi powerpop dell'anno. Modern Communication è un lavoro melodico e preciso ma allo stesso tempo selvaggio come si conviene ad un disco fatto uscire dalla strepitosa label Tedesca Screaming Apple, e infatti le zuccherose melodie sempre associate a chitarre voluminose di scuola Weezer/True Love si alternano ad improvvisi assalti garage che sembrano figli della miglior tradizione rock'n'roll Scandinava, per un mix ad altissimo voltaggio elettrico.

La famiglia Foster deve avere impressa nel dna la tecnica necessaria per non sbagliare una melodia che sia una, e di rendere assolutamente accattivanti anche i giochi armonici più elementari. Non ci credete? Ve lo spiega meglio Your World Falls Down, traccia numero uno per due minuti scarsi di purissimo teen pop fatto di angst giovanilista, chitarre stellari e drumming da infarto. Simile alla title-track che arriva subito dopo con le canoniche chitarre disumane e un'altra ottima e nevrotica performance del batterista Mike Musburger. All I Ever Wanted inizia a lasciar trasparire l'inclinazione rock'n'roll della band. Il brano, ancora una volta breve e di intensità mostruosa, fa venire in mente i ciechi assalti garage-pop degli Hives primissima maniera (quelli di Barely Legal, gli unici veramente fenomenali) così come la successiva Every Minute Spent, che butta nel mix anche un pò di Ramones.

Tra i tanti highlights si fanno notare il weezer-pop di Spending Time, dal ritornello adesivo, il pop-punk che non esiterei a definire "alla MTX" di Everything I Can, introdotta da una fucilata garage nella strofa e Gonna Make It Worse, dalle chitarre istintivamente emo. Non ci sono soste, anche perchè i pezzi meno pregiati (tutti comunque di qualità più che buona) si chiamano Get Up And Get It e T.A.T.T., altri due esempi di brillante rock'n'roll schiacciasassi.

Divertimento, volumi alti, melodie imperdibili e furia teen. Così si suona rock'n'roll, eccheccazzo.

martedì 4 novembre 2008

Ristampa del Giorno 04-11-08: Richard Snow - Tuesday Music (2008; Side B Music)

I più attenti lettori di Under The Tangerine Tree ricorderanno di certo il nome di Richard Snow. Un paio di mesi fa, infatti, abbiamo parlato della ristampa del suo primo lp ad opera della Side B Music. Jerry Boyd e la sua etichetta hanno ora ristampato anche il secondo album dell'autore Britannico, intitolato Tuesday Music ed originariamente uscito nel 2005. Il disco, che già avevo avuto la fortuna di ascoltare ai tempi della sua pubblicazione, si è rifatto il trucco, è stato rimasterizzato e presenta ben sette bonus tracks.

L'omonimo album d'esordio, lo abbiamo detto, è un gran bel lavoro, ma come già sospettavo parlandone, non raggiunge i sontuosi picchi del suo successore, che ad oggi è la migliore cosa fatta uscire da Richard Snow. Se lo stile è similare, con una grande attenzione per le armonie vocali multistrato e sonorità reminescenti del miglior Brian Wilson, bisogna comunque dire che Tuesday Music è ancora più legato a quei suoni e a quelle immagini, laddove il primo album lasciava ogni tanto spazio a divagazioni seventies di stampo ora Costello, ora Clash. Il secondogenito di Richard è invece un puro viaggio nel Pet Sound, e le atmosfere di quell'album sono ricreate in maniera assolutamente magistrale. Se siete amanti del vocal-pop di matrice Wilsoniana proposto da bands come i Wondermints, come i tardi Baby Lemonade e come - ovviamente - gli Splitsville di "The Complete Pet Soul" potreste anche smettere di leggere questa recensione e andare ad ordinarne immediatamente una copia. Se invece ancora non siete convinti, oppure le cose non vi sono chiare, vado subito ad esaltare le trame più significative di un disco che sarebbe peccaminoso lasciarsi sfuggire.

La "colonna sonora del Martedì" si apre alla grande con Silent Girlfriend, un magnifico brano dove le onnipresenti armonie vocali Beachboysiane si adagiano su una tela sonora jangle memore dei Byrds meno introspettivi. Già, i Byrds sono un'altra prepotente influenza per Richard, e una conferma in questo senso arriva da Hard To Be Happy, ancora una volta intrisa di puro e commovente jangle-rock sound che pende dalle labbra di McGuinn e Clark. E si respira aria di California in ogni dove. When You Smile e Over sono altri due grandi esempi di Brian Wilson pop dove l'approccio è quello di un professore della materia, e la title track è un interludio di trentanove secondi che davvero sembra un estratto originale di Pet Sounds.

Per il resto, Richard delizia l'ascoltatore con acustici di grande impatto come You're My Number 1, ideale tratto di congiunzione tra i classici stile Simon & Garfunkel (si, e allora?) ed i Love più immersi nel folk e con divertissemnent estemporanei come Lonesome Cowboy, americana come ci si aspetta e dove lo stacco pseudo-reggae regala sensazioni inaspettate. Ad infiocchettare il tutto, come anticipato, ci sono le sette bonus tracks, sette versioni acustiche o comunque differenti di altrettanti brani di Richard Snow, tra le quali spicca la versione "unplugged" di Attention Not Required, tratta dal suo album d'esordio.

Avrete capito, in buona sostanza, che se il vocal pop Californiano dei sixties è il sound giusto per toccare le corde del vostro cuore, l'acquisto di Tuesday Music è una grande occasione per non rimpiangere (o rimpiangere meno) gli eroi del passato. E se, più in generale, il pop è la vostra ragione di vita, non vedo un solo motivo perchè non dobbiate mettervi in casa il secondo album di Richard Snow. Anzi, se non l'avete ancora fatto, prendeteli tutti e due, già che ci siete.

lunedì 3 novembre 2008

Buon compleanno, Under The Tangerine Tree!

Il 3 Novembre 2007, giusto un anno fa, nasceva Under The Tangerine Tree. Con la recensione di "Let's Go: The Best Of Splitsville" finalmente prendevano il via le operazioni di un blog che pensavo di creare da diverso tempo. Da allora ho parlato di molti grandi artisti e di molti fantastici dischi che per la stragrande maggioranza adoro, ma soprattutto ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere tanti grandi personaggi tra musicisti, gestori di etichette e semplici cultori della materia come il sottoscritto.

Voglio ringraziare chi, inviando il proprio materiale, leggendo questo blog o supportandolo in qualsiasi modo, mi permette di continuare nell'intento di promuovere quei segmenti dell'universo pop troppo spesso censurati dalla critica musicale Italiana. Cercherò, spero per molto tempo ancora, di portare avanti questo compito. E sarò felice tutte le volte che voi lettori scoprirete, attraverso questo blog, un disco favoloso che forse non avreste mai conosciuto.

Grazie a tutti,

Emmanuel