Ultimo post pre-classifiche di fine anno!
Rick Hromadka, mente e cuore dei noti Maple Mars, si ritira
momentaneamente a registrazione privata, costruendo insieme alla graziosa
moglie Lisa Cavaliere il progetto Ruby Free. Non aspettatevi il power pop costa
ovest cui Rick ci ha negli ani così ben abituati, ma piuttosto una versione
parecchio depotenziata dello stesso, tra concessioni Nash ed un’etica generale
che chiaramente rimanda a Sir Paul, all’allora signora Linda McCartney e a quell’immortale
capolavoro di coppia chiamato RAM. La quiete è il simbolo nemmeno troppo
occulto di un disco da meditazione tardo-pomeridiana, dove le docili armonie
lui/lei si adagiano su un pavimento di soffice Pacifico californiano. Si parla di beat generation, nella clamorosa apertura affidata a Bongos And Bears, anche se l'argomento più gettonato nel resto del percorso sono le serene vicissitudini quotidiane della farm di famiglia. E mentre durante il gioiellino acustico Sonny And
Cher si apprezzano le doti da storyteller dell’ottimo Rick, la signora
Hromadka si isola al microfono per guidare la saltellante Tiny Stars con
risultati eccellenti. La pura essenza dell’album, tuttavia, si
percepisce ascoltando Good Company e Deep In The Valley, con la sensazione di
avere a che fare con Macca immediatamente post 1970. Si, però in maniche di
camicia a godersi quaranta minuti di placido sole losangelino. (Cd Baby | Soundcloud)
Justin Kline - Cabin Fever Songs (2012; autoprodotto).
Justin Kline, rieccolo. Finalmente un album completo dopo due ep grossomodo spaziali. L’abbiamo atteso a lungo, a lunghissimo, diciamo dai primi giorni dell’anno di grazia duemilaotto. Ed eccolo, finalmente. Bello, emozionante. Spiazzante, tremendamente spaziante. Avevamo indicato Justin come capogruppo di quella schiera di cantautori poweropop dominata da Adrian Whitehead e Devlin Murphy. Ma Justin Kline non era dell’idea e, a seguito di devastanti tormenti umorali, si è chiuso in cameretta. Da solo. Con chitarra, microfono e poco altro. A sfogare tensioni sentimentali che non potevano restare represse, né tantomeno ospitate nel rutilante schema sonico del Triangle e.p. Cabin Fever Songs è un disco che non accetta compromessi. Un excursus sicuramente scuro, dove Kline fa nomi e cognomi, senza trascurare nessuna piaga in cui mettere il dito. Allison I’m Here, Resurrect With Me, Nighttime Girl sono canzoni bellissime e sofferte, cantate con la voce che ci ha fatto amare l’autore in tutti questi anni e che quindi, nonostante tutto, non dimentica di lasciar filtrare un pizzico di melodiosa luce in quello che forse è il disco “privato” più seducente dell’anno. (Cd Baby | Bandcamp)
Justin Kline, rieccolo. Finalmente un album completo dopo due ep grossomodo spaziali. L’abbiamo atteso a lungo, a lunghissimo, diciamo dai primi giorni dell’anno di grazia duemilaotto. Ed eccolo, finalmente. Bello, emozionante. Spiazzante, tremendamente spaziante. Avevamo indicato Justin come capogruppo di quella schiera di cantautori poweropop dominata da Adrian Whitehead e Devlin Murphy. Ma Justin Kline non era dell’idea e, a seguito di devastanti tormenti umorali, si è chiuso in cameretta. Da solo. Con chitarra, microfono e poco altro. A sfogare tensioni sentimentali che non potevano restare represse, né tantomeno ospitate nel rutilante schema sonico del Triangle e.p. Cabin Fever Songs è un disco che non accetta compromessi. Un excursus sicuramente scuro, dove Kline fa nomi e cognomi, senza trascurare nessuna piaga in cui mettere il dito. Allison I’m Here, Resurrect With Me, Nighttime Girl sono canzoni bellissime e sofferte, cantate con la voce che ci ha fatto amare l’autore in tutti questi anni e che quindi, nonostante tutto, non dimentica di lasciar filtrare un pizzico di melodiosa luce in quello che forse è il disco “privato” più seducente dell’anno. (Cd Baby | Bandcamp)
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