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sabato 31 ottobre 2020

Addio James Broad. Ci hai lasciato con un altro grande album


Il dramma di quest'incommentabile duemilaventi non accenna ad attenuarsi, e la pugnalata stavolta è inferta da un male incurabile. James Broad ha perso la sua battaglia impari con un cancro terminale all'intestino, e ha detto addio martedì scorso in un letto dell'ospedale in cui si stava sottoponendo a sfiancanti sessioni di chemioterapia. James ha formato i Silver Sun a Camden Town nel 1995, diventando l'autore e il cantante di una delle band più importanti degli ultimi trent'anni per quanto riguarda il nostro mondo, la nostra musica. Due album major, pubblicati da Polydor, etichetta in quel momento assestata di band vendibili nell'allora auspicabile seconda ondata britpop, peraltro presto arenatasi. Si separarono con poche cerimonie, alla fine di un rapporto lacerato dai problemi economici dell'etichetta e dallo scarso successo di pubblico raccolto dai due capolavori della band, il disco omonimo del 1997 e il supremo "Neo Wave", uscito l'anno dopo.

Qualche show, lo scioglimento, l'esperienza individuale di James Broad celata sotto lo pseudonimo Bullets e poi una fila di album indipendenti: "Disappear Here", "Dad's Weird Dream", "A Lick and A Promise". Sporadici e solisti, tutto suonato, cantato e prodotto da James, nonostante l'utilizzo dell'antico moniker. Fino all'ultimo "Switzerland", svelato lo scorso aprile, per ora disponibile solo in formato digitale anche se avrebbe meritato come poche altre produzioni coeve l'alloggio in un formato fisico. James era già malato, ancora non lo sapevo. Ci ha lasciato con un altro grande disco, forse il migliore dai tempi di "Disappear Here", colmo di classico Silver-Sun-sound ("Silver Sound", mi permettevo di dire, cercando di definire il suono di gruppi che negli anni hanno provato a ispirarsi alla scrittura di James Broad) ad altissimo contenuto chitarristico, in cui le inarrivabili e imperiture armonie vocali sono l'ombrellino nel cocktail di cui siamo diventati irrimediabilmente dipendenti. Brani sfacciati dai riff post glam come Earth Girls Are Easy; tipici esempi di speed bubblegum come Fireworks, God Room, Original Girl; lenti spaccacuore come Photograph.

Un album inattaccabile, oggettivamente degno di un posto almeno nella top ten di fine anno; un lascito da conservare gelosamente, sperando di meritarcelo. Sono persino troppo triste per scrivere un necrologio. Meglio un'apologia dell'ultimo disco scritto da James Broad. Sei mesi dopo Adam Schlesinger ci ha lasciato un altro dei grandissimi.



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