Con Sailing the Seven Neuroses, The Brigadier (alias Matt Williams) torna in studio dopo otto anni di silenzio discografico. Il risultato è un album compatto e consapevole, che affonda le radici nel pop angloamericano tra fine anni ’70 e primi ’80, tra power pop raffinato, echi soft-rock, e arrangiamenti curati fino al dettaglio, mai ostentati, sempre funzionali. Bello ritrovare Matt in splendida forma 18 (!) anni dopo la sua prima e unica apparizione da queste parti: era il 2008, e scrivevamo con piacere alcune riflessioni riguardanti "The Rise And Fall Of Responsibility", il secondo album lungo coperto dal moniker ancora in uso. Nel frattempo di acqua e dischi ne sono passati sotto i ponti, sicuramente non invano. "Sailing The Seven Neuroses" è il risultato del tempo trascorso.
L’inizio è affidato a “Bleak Companion”, brano d’apertura pulsante e malinconico, che mostra subito la centralità della melodia nel lavoro di Williams: tutto qui ruota attorno a una scrittura pop intelligente e stratificata, non priva di un certo qual nerbo. “Blessings” e “Peace Within the Poison” riprendono elementi sunshine pop e jangle rock, filtrati da un gusto contemporaneo per il suono pulito e l’armonia misurata. Il brano strumentale che dà il titolo all’album è una parentesi ariosa, con un sapore quasi balearico, che introduce la seconda metà del disco su coordinate più ritmiche.
“Man About the House” e “It’s You I Think About” richiamano certe produzioni anni ottanta tra indie-pop e soft-synth (si pensi ai Prefab Sprout più diretti), mentre “What About Tomorrow?” sorprende per una chitarra più decisa, tra Marc Bolan e i Raspberries, che mantiene sempre e comunque in primo piano gancio melodico. Chiude il disco “Don’t Go To Bed With A Bad Mind”: oltre cinque minuti che sintetizzano il percorso dell’album, tra cambi di tempo, sovraincisioni vocali e una scrittura che si concede finalmente un respiro più ampio.
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