Uno di quei momenti importanti per davvero, da segnare sul calendario di casa per ricordarsi di festeggiare la ricorrenza negli anni a venire. Per calendario si intende il calendario powerpop; la data da ricordare è il giorno d'uscita di Soundshine, prima opera da solista firmata David Myhr. David chi? Una leggenda vivente, anima e mente dei Merrymakers, negli anni '90. Specificazioni non ne dovrebbero servire, se state leggendo questo blog, ma a scanso di equivoci, ed esprimendo un parere del tutto personale ma credo condivisibilissimo ed in effetti condiviso da moltitudini di poppers, la banda svedese di cui sopra, oltre ad aver raggiunto un successo internazionale di discreta portata verso la fine degli anni '90, incidendo l'epocale album Bubblegun rimarrà per sempre nella capitolo dedicato alle autorità, quando gli storici del futuro commenteranno i migliori gruppi del secolo scorso.
Ce ne ha messo di tempo, David. Dal 1998, ultime esalazioni dei Merrymakers, quattordici anni di gestazione, passati a raccogliere successi per interposta persona; producendo, arrangiando e scrivendo per procura e, di tanto in tanto, sedendosi alla scrivania per ricordarsi di avere un'ambizione privata. La pazienza, si sa, è virtù d'eccellenza, è ciò di cui oggi possiamo godere ascoltando Soundshine ci basterà per chissà quanto tempo. Che sia tra i migliori dischi dell'anno, lo si capisce subito. Con l'apertura, affidata alla portentosa ballata Never Mine, un turbinio beatlesiano trapunto di coretti dolcemente petsoundeschi da far girare la testa. E, per completare immediatamente il violento uno-due-tre da kappaò tecnico, mr Myhr ci aggancia Looking For A Life e Got You Were He Wanted, i due singoli estratti dal disco. La prima, nelle vesti di perla assoluta dell'album, è una deflagrante bordata sospesa tra il jangle puro e certe sonorità c86 d'annata; la seconda, adornata da sfiziosissimi coretti femminili nel ritornello, è più bizzarramente ancorata a certe reminiscenze ELO che non di rado popolavano i frammenti più esibizionisti nelle canzoni dei Merrymakers.
Basterebbe, e avanzerebbe, quanto detto per fare di Soundshine un disco imperdibile, tutto il resto serve per renderlo indispensabile. Se la chiusura, affidata a Ride Along, fa l'ideale paio beatlesiano con l'apertura Never Mine, Cut To The Chase e Wanderlust aumenteno il tasso adrenalinico ed il coefficiente emozionale con il loro spedito uptempo di base ottantista. David è un genietto, perciò riesce meravigliosamente bene anche in versione smoking-voce-archi nella temeraria e meravigliosa The One e, di conseguenza, non fa certo fatica ad infilare altre due gemme assolute come I Love The Feeling, delizioso sunshine pop da esempio accademico, e come Get It Right, canzone che fa naturalmente pensare all'autore steso sul divano intento ad ascoltare per ore ed ore Woodface dei Crowded House.
Sarebbe semplice chiedere a David di non farci aspettare altri quindici anni. Troppo semplice e, almeno stavolta, anche sbagliato. Perchè in Soundshine ci sono talmente tante cose da nutrircisi per anni e il primo album di David non merita di essere fagocitato velocemente dalla storia. Lo abbiamo scritto ed ora lo sottolineiamo: ascoltate e riascoltate, perché difficilmente ritroverete lavori di questo calibro durante l'anno, e chissà per quanto tempo a venire.
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