Ci siamo, quest'anno anche in un tempo ragionevole. Ultimo post pre classificone sul meglio del meglio che a livello discografico sia uscito nel 2010. Ultima recensione, ehm, due recensioni, dedicate alla Kool Kat records di Ray Gianchetti, che se ci fosse una gradatoria particolare per le etichette vincerebbe comodamente la classifica di fine anno.
Blank Pages - Absolute Uncertainty. Dovete sapere che, ormai molti anni fa, mi avvicinai timidamente alla materia powerpop cercando informazioni ovunque fosse possibile trovarne. Una delle letture più illuminanti, in quel periodo, era sicuramente il Greg Potter's Powerpop Website. Seguendo i consigli dell'autore, ricordo distintamente, comprai diverse decine di album, tra cui Funny Pages, il primo long player della band capeggiata dall'autore del sito: i Blank Pages, appunto. Greg Potter è un fanatico della materia ancor prima di essere un musicista, e Absolute Uncertainty trasuda passione ed attitudine proprio come i suoi tre predecessori (l'ultimo, On My Street, uscito nel 2007, è stato recensito su queste pagine). La band dal New Jersy meridionale, all' esordio su Kool Kat, propone 13 brani che sono un altro entusiastico omaggio alla nostra materia prediletta, come al solito incentrati su liriche intelligenti poggiate su un tappeto sonoro che è il risultato del matrimonio tra il jangle pop delle origini e l'istintività del primo powerpop. Let It All Out è un grande esempio di brano costruito in questo senso, mentre durante This Way più che di matrimonio si dovrebbe parlare di vero tributo al pop chitarristico dei mid eighties. Potter sa essere morbido e taciturno (I've Said All I Can Say), ma quando vuole alza la voce, e allora Something More Than This e You Don't Know sembrano usciti da una session privata tra il Paul Collins di The Kids Are the Same e Joe Jackson con gli Sloan a fare da backing band. (www.myspace.com/blankpagespop)
The Sterling Loons - March to the Tune. Rispetto ai canoni tipicamente powerpop dei Blank Pages, qui siamo in piena maretta sessantista. Gli Sterling Loons di Eamon Nordquist tornano a sei anni di distanza dall'esordio What to Do in Trouble, disco che onestamente non conoscevo e che mi sono andato ad ascoltare per amor di completezza. I parametri sono quelli, niente da dire, ma rispetto al suo predecessore questo nuovo March to the Tune è meno lo-fi e più attento a smorzare qualche spigolo che comunque, e meno male, inevitabilmente esce. Un lavoro esaltante, non c'è che dire, fresco come dev'essere un vero tributo al rock psichedelico britannico. Ci sono le melodie, certo, anche geniali, se vogliamo, della superba All Aboard, una vera e propria gemma che avrei visto bene in un volume a caso della serie Rubble e che non vedo l'ora di proporre al prossimo dj set che mi capiterà di fare. In generale, le melodie sono sparse un pò ovunque, ma se parlassi di pop psichedelico vi manderei fuori strada. Perchè la scorza è più dura e le fasi lisergiche sono in agguato dietro alle molte sfaccettature del disco. March to the Tune è un tributo allo psych rock britannico, dicevamo, un concentrato di Who, Jimy Hendrix, Pussy, freakbeat assortito e varie altre fantasticherie dell'epoca. Durante Happy Jack verrebbe da pensare ad un frivolo Ray Davies in botta euforica ed istupidito dall'abuso di droghe, mentre The Castaways è un sentito - e meraviglioso - omaggio a Sebastian F. Sorrow. Io un ascolto glielo darei, fossi in voi. (www.myspace.com/sterlingloons)
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