La Bongo Beat è una delle etichette che, negli ultimi quindici anni o giù di li, si è sobbarcata il gravoso compito di mantenere viva e divulgare la canzone pop in tutte le sue rappresentazioni di qualità. Attiva dal 1995, quando il fondatore Ralph Alfonso la aprì per pubblicare il disco della propria band (i Ralph...), la Bongo Beat ha pubblicato nel corso degli anni i dischi di svariati personaggi, tra i quali Kimberly Rew, Joe Mannix, Anton Barbeau, Ari Shine e Bedsit Poets tra i tanti altri. Qualsiasi sfaccettatura della pop music i suoi artisti proponessero, con l'etichetta di Vancouver si è sempre andati abbastanza sul sicuro. E chi compra regolarmente dischi può dire quanto sia importante fidarsi ciecamente del simboletto di una label sul retrocopertina.
Ralph, oltre ad essere un magnifico produttore, si è anche dimostrato abbastanza gentile da inviarmi alcuni dischi. Tre di questi sono tra le più significative uscite 2007 della sua casa discografica, mentre uno (quello di Kimberly Rew), è uscito nel 2005 ma è talmente importante da dover essere riscoperto assolutamente! Dividerò l'articolo sulla Bongo Beat in due parti, soprattutto per una sua migliore fruibilità.
Cominciamo questo excursus parlandovi del disco di Ari Shine. A Force Of One è il primo disco "lungo" del cantautore Losangelino, che aveva esordito nel Duemilasei con l'ottimo Ep Age/Occupation. Per chiarire le idee, visto che quando si parla di cantautori si pensa subito ad un'acustica e al massimo ad un'armonica, diciamo subito che trattasi di cantautore powerpop, pure bello chiassoso. Il suo è un mix ad alto contenuto energetico fatto di classico powerpop anni 70, di un approccio alla Costello e di un pizzico di glam-pop, il tutto contenuto in un involucro-canzone di primo livello e di grande impatto. Ari è il tipo che se le canta e se le suona, nel senso che ama fare tutto da solo. La produzione, quella è lasciata ad Earle Mankey, lo storico produttore degli Sparks, e sembra cosa buona, giusta ed appropriata. Force Of One sprizza carica da tutti i pori. In Cooler Than Me (spassosa traccia d'apertura dove un ultra - trentenne fatica a rimorchiare la ragazza di ventun'anni) e She Wants It le melodie, gloriose, escono di forza da muri di chitarre e pianoforti ossessivi, facendo pensare ad un riuscito mix tra un giovane Costello ed i Cheap Trick (tra l'altro, in questo senso, mi ricorda molto il gran disco di Johnny Monaco, numero nove nella mia classifica di fine 2007). Sempre il nostro Elvis preferito, questa volta miscelato alla tipica new wave d'annata, si manifesta in Beirut 1978, mentre tracce quali Most Popular Girl In The World , It's A Shame e Neurotic Girl tornano all'ovile dei Raspberries e Joe Jackson senza puzzare di stantio, anzi.
Spassoso quando alza i toni del sintetizzatore vintage (Beat U) o quando per poco non passa i confini della dance (Party People), un pelo meno ma comunque più che decoroso quando abbassa i toni. Alla fine, uno dei miei pezzi preferiti è il normalissimo mid-tempo di Keep You In Cabs. Bel debutto, per casinari ed onnivori pop.
L'altro disco di cui voglio parlare oggi è quello di Kimberley Rew, che come detto è vecchio di tre anni ma è talmente bello che devo raccomandarlo al maggior numero di persone possibile! Per chi non ne avesse mai sentito parlare, Kimberley è stato il chitarrista dei Soft Boys, miti dello psych-folk anni 70 e 80. Non è un autore prolifico, Mr.Rew, ed Essex Hideaway è infatti il suo quarto disco da solista in venticinque anni. Si prenda pure tutto il tempo che vuole, se i risultati sono questi. Comunque lo si guardi (e lo si ascolti), questo è un disco che trasuda Inghilterra. Per la musica, ovvio, ma anche per l'elogio a tutto ciò che d'Inglese c'è al mondo ("milk and teabags and pork pie", si ascolta nel gospel-intro Bless This Music, registrato nella chiesa di St.Bartholomew a Great Gransden) e per i riferimenti alla letteratura Vittoriana (Jerome K Jerome). Un album splendido, dove Kimberley Rew dimostra di essere un chitarrista superiore per tecnica e gusto, ma soprattutto un songwriter pauroso, troppo sottovalutato rispetto al vecchio compagno di merende Hitchcock.
Phoenixtowe ha una melodia killer costruita sull'asse Davis/Macca che presto si diluisce in una lunga coda psichedelica pregna di fuzz ed acido lisergico. Come niente fosse si passa, senza che ciò sembri una forzatura, a Short Smart Haircut, dove uno spiritoso pianoforte guida un'atmosfera da musical scritto da un McCartney in trip anni 30. Aria molto simile si respira in That's Soft Boy (appunto), un brano da perdere la testa, anche se forse il meglio arriva da Jerome K Jerome, stilettata da paura tra i Beatles, i Kinks e i Rockpile. I dubbi ci sono eccome, però, riguardo a quale sia la vera "star" del disco, poichè il folk Dylanesco della title-track e soprattutto l'incedere assolutamente Barrett di Even Shorter Haircut rendono la scelta molto difficile. Non siete ancora corsi a recuperare una copia?
1 commento:
Anche tu sul blog di Tony?!
bene, mi fa molto piacere. tra l'altro si parlava proprio di paisley underground!
Posta un commento