Torna a due anni di distanza dal fantastico "Dead Calm" la coppia formata dal popster scozzese Andrew Taylor (Dropkick) e dal basco Gonzalo Marcos (El Palacio de Linares), superbi protagonisti di un progetto in regime di distanziamento sociale ben prima che l'obbligo imposto dalla pandemia diventasse prassi planetaria. Sempre titolari di uno tra i nomi più belli del panorama musicale, ovviamente preso in prestito dalla traccia inaugurale di "Crazy Rhythms" dei grandissimi Feelies, il duo ha da poco rilasciato un nuovo album che scalderà parecchio i cuori e le viscere dei molti appassionati di Rickenbacker-pop soliti a frequentare queste pagine. Taylor e Marcos sono due autentici campioni quando si tratta di maneggiare la materia jangle, e "Songs From Another Life" si candida con tranquillità al titolo che verrà assegnato al miglior disco tematico dell'anno.
I Boys With The Perpetual Nervousness suonano e scrivono come suonano e scrivono i britannici quando sono colti dall'uzzolo d'ispirarsi al lascito dei Byrds e dei figli illegittimi di questi ultimi, quelli che prosperavano, chi più chi meno, nel sud-est degli Stati Uniti negli anni ottanta: la ciurma di Mitch Easter, i Windbreakers e, naturalmente, i REM della prima decade. Tutti ingredienti di prima qualità, ma non basta avere il borsellino pieno e fare la spesa da Peck per servire un piatto gourmet: Taylor e Marcos ci riescono perché conoscono a menadito la materia e sanno scrivere, modestamente, da Dio. L'apertura, azzeccatissima, è affidata a I Don't Mind, sostanzialmente un unico ritornello lungo un minuto e quaranta secondi che svela gli altri sospettatissimi numi tutelari della band, i Teenage Fanclub. Play (On My Mind), il primo singolo estratto dal disco, è una perla byrdsiana di clamorosa precisione filologica ancor più della pur eccelsa How I Really Feel, che troviamo più avanti nel cammino.
Se Can't You See dà una vaga idea di quello che sarebbe potuto diventare John Davis avesse avuto una maggiore propensione acustica, e Waking Up In The Sunshine è tiepida di Fannies melanconici periodo Songs From Northern Britain, i ragazzi perennemente nervosi, nome in ossimoro con la musica proposta se ce n'è uno, tirano fuori il jolly con Rose Tinted Glass, pop figlio di genitori vestiti di camicie a scacchi che ricorda le migliori cose tirate fuori negli anni (ma toh?) proprio dai Dropkick.
I riff di chitarra, una volta tanto più frizzanti, adornati da appropriatissimi synth in Summer e la conclusiva ballata britpop In Between sono altre due chicche abili a impreziosire un grande album d'incantato jangle pop, perfetto per passare le prossime sere d'estate. "Songs From Another Life" è forse troppo bello per essere così breve, sotto i trenta minuti di durata complessiva: vorrà dire che lo faremo girare molte volte in questi mesi.
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