Sembra che Under the Tangerine Tree sia uno dei pochissimi blog a non avere ancora pubblicato la classifica con i migliori dischi del 2008, ma devo ascoltare ancora tantissima roba e, del resto, gli album che escono a Dicembre non saranno mica da buttare, o mi sbaglio? Dunque, le varie classifiche annuali saranno pubblicate non prima della metà di Gennaio, o forse più tardi, a seconda del tempo che avrò a disposizione. Detto questo, e considerato che quello che state leggendo sarà con tutta probabilità l'ultimo post del 2008, vi auguro un fantastico 2009 e butto lì l'ultimo consiglio dell'anno.
Dopo una manciata di sensazionali ep usciti all'inizio del secolo, i fratelli Mark e Paul Di Renzo sono approdati all'album "lungo" un paio di anni fa, chiamato Gigantophonic Sounds e pubblicato dalla patria ed infallibile Popboomerang records, etichetta madre di tutto il miglior Aussie pop contemporaneo. Purtroppo, un pò per mia colpa e un pò per la fallace distribuzione, sono riuscito a mettere da poco le mani su questo gioiellino, ormai dimenticato da tutti ma fortunatamente riportato alla luce dalla Zip records di S.Francisco, che ha trovato un accordo con la band per stampare l'edizione Americana di cui stiamo parlando. Niente bonus tracks o differenze nell'artwork, ma mi è sembrato corretto parlare di ristampa dal momento che, in sostanza, non si tratta di una prima pubblicazione e tutto sommato il disco è "invecchiato" di un paio d'anni. In ogni caso tutti noi, preferibilmente in coro, dovremmo dire grazie alla favolosa label americana, per aver ristampato e, di conseguenza, riportato sui cataloghi e media specializzati un piccolo capolavoro di musica pop che molti di noi non sarebbero altrimenti riusciti ad intercettare.
I Gigantic da Perth, west-coast Australiana, da sempre fucina di enormi talenti, con Gigantophonic Sounds tirano le somme della loro carriera e ne escono con un lavoro intenso e luminoso, potente ma raffinatissimo, costruito su dodici canzoni audaci e melodiose, composte ed eseguite con classe cristallina. Un disco difficile, che non si lascia catturare immediatamente ma che invece richiede dedizione ed ascolti attenti e ripetuti, prima di entrare irrimediabilmente in circolo. I Di Renzo rilasciano un sound che lascia trasparire forti legami con la grande tradizione pop down-under, pur scrivendo in modo particolarissimo e a suo modo molto innovativo. Prendete la coppia di brani che apre il disco: Some Suburban Road ha un ritornello che ricorda davvero da vicino il classico powerpop Australiano dei primi anni 90, ma il tutto è sommerso da un etica ed un utilizzo delle chitarre tipicamente indie-rock tale da rendere il pezzo davvero singolare nel suo genere. Il "miracolo", però, arriva nella successiva Be No More, dove la potente strofa garage-pop viene incredibilmente dopata da una strana batteria indie in controtempo senza che il tutto risulti fuori contesto, e anzi il brano risulta uno degli episodi più interessanti dell'intero lavoro.
Se le canzoni hanno bisogno di essere metabolizzate prima di diventare fondamentali, quello che invece lascia subito senza fiato è la produzione, lo studio maniacale dietro ogni singola nota, gli arrangiamenti precisi, intelligenti, in una parola perfetti. Del resto i Gigantic si servono di un set di collaboratori e musicisti infinito ed eccezionale proveniente dalla crema della musica pop aussie (tra gli altri, alle tastiere, compare Rodney Aravena, membro dei favolosi e misconosciuti End Of Fashion), e non si può dire che il fatto non faccia la differenza. Steam Girl è un'eterea e sfuggente pseudo ballata, ma subito dopo arriva la perla preziosa dell'album. Balloon Animals è un capolavoro assoluto, un brano che ospita la perfezione powerpop dove, attorno ad un ritornello apparentemente adeso ai canoni dello stile, si alternano la grazia e la scrittura cristallina tipica di autori come Chris Von Sneidern o Michael Penn e la potenza e la melodia in pari dosi che ai tempi spacciavano gruppi come i Merrymakers.
L'album prosegue con due pezzi leggermente più "moderni", scuri ed angolari come Mr Sound e Coaster, ed il disco non delude mai, anzi presenta ancora un paio di gemme strepitose come The Highest Comfort, per attitudine vicina alla citata Balloon Animals ma forse ancora più ancorata alla tradizione powerpop della terra natia perpetrata dai capostipiti DM3. E poi Hang On, grande stoppato, basso dritto e potente e strofa chiusa che all'improvviso esplode in un ritornello pop semplicemente grandioso.
Sono contento di chiudere l'anno parlando di un grandissimo disco come questo e permettetemi di riproporre la raccomandazione di dargli fiducia. Ascoltatelo e riascoltatelo, non fatevi ingannare dai primi ascolti, che non potranno mai rendere giustizia ad un disco di questa natura. Tra l'altro, e questo è un auspicio per l'anno nuovo, so che i Gigantic nel 2008 hanno completato un intenso tour mondiale che li ha portati negli States, in Giappone e anche in Europa. Chiaramente l'Italia non è stata toccata, ma vista la propensione dei fratelli Di Renzo a girare per il globo, chissà che qualcuno non ci aiuti a portare nel nostro paese un gruppo immenso come i Gigantic, il cui nome mai fu più appropriato per una band. Scusate, dovevo dirlo per forza. Buon anno a tutti!







Così, quasi senza accorgerci, ci troviamo a Dicembre. Alla fine dell'anno mancano ancora trenta giorni ma è quasi ora di iniziare a tirare le somme, tenendo però presente che questo 2008 è stato prodigo di grandi dischi che il tempo tiranno ci ha permesso di ascoltare solo in parte, e per terminare di valutare l'enorme mole di albums ancora nei nostri "archivi" ci vorrà qualche tempo. Ergo, siccome voglio essere sicuro di aver preso in considerazione la maggior parte delle cose uscite quest'anno, non aspettatevi classifiche e graduatorie varie prima della fine di Febbraio (se va bene!). Tuttavia, qualche punto fermo incomincia ad esserci, e credo di andare abbastanza sul sicuro affermando che sul podio che accoglierà i migliori tre e.p. dell'anno ci sarà sicuramente Justin Kline. Proveniente da Murfreesboro, Tennessee, con questo Six Songs ep Kleine ha dato alle stampe un dischetto che semplicemente riassume la perfezione del vocal pop e del sunshine pop. E credo che i cultori di certe sonorità andranno letteralmente fuori di zucca acoltandolo. 





Ed ecco un album che farà andare fuori di testa i maniaci di psichedelia applicata al folk, dei Nuggets e della british invasion più stralunata. Gli Ideal Free Distribution, con Then We Were Older, approdano al secondo lavoro di studio dopo aver sorpreso con l'album d'esordio, omonimo, uscito poco più di un anno fa e piazzatosi al numero 90 della mia classifica riguardante i migliori dischi del 2007. Dopo un primo ascolto di questo nuovo album si è certi di due cose: la band è sicuramente Inglese e il disco è una ristampa senza bonus-tracks di un vinile uscito nel 1967. Le certezze, come è ovvio, esistono apposta per essere picconate, ed infatti l'album è uscito circa un mese fa (dopo una rapida ricerca su internet ho scoperto che Under The Tangerine Tree è il primo blog al mondo a parlarne, evvai) ed il gruppo proviene da Lexington, Kentucky. Le stranezze della vita ed il volto buono della globalizzazione musicale risiedono di diritto anche in dischi come questo . Guidati da Samatha Herald e da Tony Miller, coppia fissa nella band, nella vita e nella label, la Color Wheel Records, che ovviamente patrocina il disco di cui stiamo parlando, gli Ideal Free Distribution (gran nome, tra l'altro) compiono in Then We Were Older un anticonvenzionale viaggio nel folk e nella psichedelia Britannica, che è tanto brillante e stralunato da rendere impossibile capire se stiano muovendosi verso il passato remoto o verso un futuro non si sa quanto prossimo. Poco importa, se il genere vi entusiasma, questa è una chicca, senza storie. 







